Alla luce della Risoluzione prodotta il 9 settembre dello scorso anno dalla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato [sul tema del “diritto ad una vita libera e dignitosa delle persone con disabilità, con specifico riferimento agli ausili e ai percorsi di riabilitazione personalizzati, alla luce degli atti internazionali firmati e ratificati dall’Italia a tutela dei diritti umani degli individui disabili”: il testo integrale della Risoluzione è a questo link, N.d.R.], come rappresentanti di Associazioni che da molti anni si occupano di disabilità e delle numerose problematiche ad essa connesse, riteniamo necessario fare alcune osservazioni e inviare alcune proposte alla Commissione stessa, elaborate sulla base della nostra pluriennale esperienza sul campo con persone disabili non autosufficienti e ad alto carico assistenziale di diverse età e con le loro famiglie.
Pur ritenendo lodevoli gli intenti e le richieste della Commissione, abbiamo riscontrato nella pratica una diffusa indifferenza istituzionale alle problematiche poste dalla Risoluzione di cui si parla e ai percorsi di applicazione dei numerosi suggerimenti, anche di prestigiose Istituzioni internazionali, in merito alla disabilità.
Nello specifico, dall’inizio della pandemia, la politica di informazione e assistenza verso le persone con disabilità e le loro famiglie è stata inesistente, dall’informazione a qualunque tipo di “ristoro”, se si escludono i permessi ai sensi della Legge 104 per quei familiari, per altro pochi, che ancora hanno un posto di lavoro e lo stanziamento di fondi a favore di progetti già in essere e parzialmente finanziati. Nulla invece è stato detto o fatto circa protocolli specifici di ricovero e cura in caso di Covid-19 per persone con disabilità non collaboranti e ad alto carico assistenziale e per i loro caregiver, al punto tale che si sono verificati tragici episodi all’interno di ospedali per la cattiva gestione del paziente e il divieto al caregiver di poterlo assistere.
Dopo ripetute richieste, rimaste senza risposte, alle Istituzioni preposte, a cominciare dall’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità, guidato dall’avvocato Caponetto e creato dal Presidente del Consiglio Conte, che ha mantenuto per sé le deleghe alla disabilità, fino al Presidente Conte stesso, abbiamo ripetutamente inviato solleciti e proposte presso le Istituzioni Regionali e solo oggi, a nove mesi dall’inizio della pandemia, si inizia a vedere un embrione di provvedimento. Nessuna risposta e nessun cenno, invece, sul ruolo e il lavoro dei caregiver che da tempo immemorabile dedicano la loro vita al familiare con disabilità, spesso donne costrette a rinunciare ad un lavoro, con situazioni familiari difficili, monoreddito, che vedono deteriorarsi la propria qualità della vita e quella del familiare con disabilità sia a livello economico che sociale, psicologico e di salute, non avendo percorsi dedicati a cure alle quali non sempre è possibile accedere.
Sui caregiver, è cosa nota, giace al Senato una proposta di legge che riteniamo totalmente inadeguata e carente, mortificante e assolutamente non risolutiva. Riteniamo che si debba, una volta e per tutte, uscire dalla logica dell’assistenzialismo, che tacita le coscienze di chi lo attua, ma mortifica e relega negli angoli più bui della società le persone con disabilità e le famiglie.
Una vera integrazione, nel rispetto dell’articolo 3 della Carta Costituzionale, passa per la dignità di una condizione ove possibile lavorativa, con strumenti adeguati e percorsi dedicati, compresa una legge sull’imprenditoria per le persone con disabilità, che darebbe la possibilità a tanti di un’occupazione e di una prospettiva di futuro e potrebbe coinvolgere anche i caregiver nell’attuazione di progetti mirati.
La disabilità non è necessariamente una condizione di inabilità, ma spesso una diversa espressione di capacità che, se adeguatamente incanalate, portano a risultati sorprendenti.
Un altro grande problema è quello rappresentato dal “Dopo di Noi”, perché non può esserci un “Dopo di Noi” senza un “Durante Noi”: non servono “soluzioni tampone” quando i giochi sono fatti e non è solo un luogo fisico il problema dei nostri figli quando noi non ci saremo più, ma sono i servizi, troppo spesso carenti quando non assenti; le cure e i percorsi sanitari inadeguati, l’assenza di protocolli sanitari, non solo in tempi di pandemia, per l’accesso a ospedali, diagnostica e riabilitazione; il sostegno alle famiglie nel lavoro di cura quotidiano che tanto grava sui nuclei familiari e non solo a livello economico.
Per parlare concretamente di disabilità è necessaria una visione diversa del problema; bisogna, con grande onestà e umiltà, riconoscere che non si può liquidare tutto con provvedimenti assistenziali una tantum e pensare che il problema riguardi solo i diretti interessati. È fondamentale e non più prorogabile un confronto sincero e onesto con chi vive giorno e notte queste problematiche, trovando insieme modelli e soluzioni che diano davvero risposte ai tanti quesiti.
La pandemia poteva essere uno stimolo al cambiamento, e forse potrebbe ancora esserlo, ma è necessario non fermarsi alla superficie delle cose, bisogna “sporcarsi le mani”, avere il coraggio di affrontare i problemi conoscendoli veramente e avere la volontà di risolverli.
Confidiamo quindi che una Commissione Straordinaria che si occupa di Diritti Umani sia un luogo adeguato per aiutarci ad avere quelle risposte che i nostri cari più fragili, ai quali diamo voce, aspettano da troppo tempo.