Rinascita. Ce la auguriamo tutti mentre resistiamo sempre più esausti a questi tempi di pandemia scorgendo però la speranza di una svolta. Rinascita è anche la parola chiave della decima edizione di OlioOfficina Festival, una delle più importanti kermesse del mondo dell’olio che ha preso il via in questi giorni.
L’olivo rinasce – Olive Reborn, questo il titolo dell’edizione, che durerà fino a domani, 6 febbraio, e che come di consuetudine si tiene al Palazzo delle Stelline di Milano, anche se a causa della pandemia la maggior parte degli incontri sono in diretta streaming (questo il link per seguirli).
Il direttore dell’evento, Luigi Caricato, sottolinea insieme ai suoi collaboratori come da sempre l’olio sia un tesoro inestimabile e tuttavia ancora poco considerato delle nostre terre mediterranee. E ora acquista anche il peso di un messaggio per ripensare alle relazioni umane: il valore di una metafora.
Con questo spirito non manca neppure quest’anno la parte dedicata al sociale, e in particolare ai soggetti più “deboli” e alle persone con disabilità. Infatti, durante la tavola rotonda intitolata Buone prassi di rinascita partendo dalla natura, che verrà diffusa in diretta streaming nel secondo pomeriggio di oggi, 5 febbraio (ore 18.30; accedere a questo link), si partira dalla problematica dell’essere stati costretti a restare rinchiusi dentro le mura domestiche nel periodo del lockdown, in modo particolare pensando alle persone con problemi psicologici e psichiatrici. Proprio in queste circostanze forzose è emersa la necessità di stare all’aria aperta, a contatto con la natura, come un bisogno primario che accomuna tutti. Una nuova consapevolezza che può aiutare ad abbattere le barriere culturali che ancora esistono tra le persone cosiddette “normodotate” e quelle con disabilità. Emerge, quindi, il bisogno di creare sia spazi all’aperto accessibili e alla portata di tutti, sia favorire le situazioni che la natura può offrire e dalle quali si possano trarre benefìci.
Nello specifico, Marco Berardo Di Stefano parlerà della Rete delle Fattorie Sociali di cui è Presidente Nazionale. Si tratta di imprese che svolgono l’attività produttiva in modo integrato con l’offerta dei servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi e occupazionali a vantaggio di soggetti deboli o a rischio di marginalizzazione, impegno svolto in collaborazione con Istituzioni Pubbliche e Terzo Settore. In particolare, anche durante il lockdown, le Fattorie Sociali hanno continuato ad adoperarsi per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone con disabilità.
«Il lockdown – sottolinea Di Stefano – ha avuto effetti ancora più gravi sulle persone che hanno delle fragilità, soprattutto se psichiche. La costrizione in un ambiente chiuso e il fatto di non poter frequentare le attività riabilitative, hanno generato in molti un forte stato di disagio e delle regressioni. L’agricoltura sociale, con i suoi spazi e la diffusione sul territorio, ha aiutato molti a trovare un po’ di sollievo in questa situazione».
Un esempio di ciò è il progetto Go Agri-Social 4.0 promosso nel Lazio. È una piattaforma altamente tecnologica e innovativa, capace di mappare e di monitorare le attività dell’agricoltura sociale. Questo tipo di organizzazione promuove l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica e/o fisica, attraverso percorsi personalizzati.
Sempre nel Lazio, esattamente nell’Agro Pontino, c’è l’esperienza della Filiera Agrisociale Magno, realtà che ha l’obiettivo di rivalutare la vecchia tradizione dei prodotti del territorio, coniugandola con l’innovazione. In quest’ottica diventano importanti le persone, la loro salute e la loro alimentazione. Pertanto, viene messa al centro la qualità dei prodotti e dei sapori, qualità curata in ogni fase della loro produzione. Nella lavorazione vengono coinvolte attivamente persone considerate “fragili”, in particolare quelle con disabilità. L’attività e il rapporto con i colleghi regala presto un miglioramento della qualità della propria vita.
Un altro relatore della tavola rotonda di oggi, 5 febbraio, sarà Dino Angelaccio, presidente di ITRIA (Itinerari Turistico–Religiosi Interculturali e Accessibili), ente che si occupa di accessibilità a trecentosessanta gradi con vari progetti.
Per l’occasione Angelaccio esporrà l’esperienza denominata Giardini accessibili e multisensoriali, un esempio di area verde realmente accessibile alle persone con disabilità sensoriali, in cui lo spazio è dotato di particolari forme di segnaletica, basate non solo sulla vista e sulla scrittura, ma su un complesso integrato di informazioni tattili, acustiche, visuali e olfattive.
«Gli spazi verdi – spiega Angelaccio – suggeriscono un approccio alla progettazione orientato a stimolare tutti i sensi dell’uomo, attraverso una strutturazione dell’ambiente e un’organizzazione degli indizi, che questo può trasmettere ai suoi fruitori. Questo tipo di progettazione plurisensoriale, apparentemente destinata alle persone cieche e ipovedenti, risulta in realtà a beneficio di tutti i cittadini e le cittadine».
Si parla insomma di un progetto che vuole essere la dimostrazione concreta di come il Design for All, la progettazione per tutti, sia in grado di realizzare spazi che nello stesso tempo siano belli, funzionali, gradevoli e soprattutto fruibili dal maggior numero di persone possibile.
Concluderà la tavola rotonda Alfonso Pascale, formatore, che si soffermerà sulle opportunità derivanti dal Next Generation EU, lo strumento con cui l’Europa intende rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19. «Anche per quanto riguarda la disabilità – sottolinea lo stesso Pascale – questa è un’occasione da non perdere: non si tratta infatti solo di redistribuire un po’ di soldi, ma di fare riforme da accompagnare con finanziamenti, a partire dalla formazione continua, dalle politiche attive del lavoro e dagli inserimenti lavorativi delle persone con disabilità».