In questo periodo di pandemia molti eventi vengono celebrati in streaming e cosi avverrà anche oggi, 8 marzo, Giornata Internazionale della Donna.
Un momento che si differenzierà dagli altri sarà Siamo Donne – Digital Talk sulla vita indipendente – Mostra fotografica e riflessioni che rendono visibili le donne con disabilità [se ne legga la presentazione in altra parte del nostro giornale, N.d.R.], un confronto online su varie problematiche delle donne con disabilità, con un particolare riferimento all’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che garantisce il diritto della libertà di scelta di come, dove e con chi vivere, esercitando il pieno controllo su tutti gli aspetti della propria vita.
A promuovere l’iniziativa è stata Silvia Cutrera, presidente dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente di Roma), che da molti anni si batte per i diritti delle persone con disabilità, con una particolare attenzione alle donne.
«Purtroppo – afferma Cutrera – la situazione attuale vede ancora un grave divario di genere per ciò che riguarda la partecipazione alla vita economica e lavorativa, alla vita politica, all’istruzione e formazione e al livello di salute. Ancora più grave è la situazione delle bambine, ragazze e donne con disabilità che vivono una doppia condizione: quella di essere donna e nello stesso tempo essere una persona con disabilità. La donna con disabilità condivide con le altre donne la mancanza di pari opportunità e deve confrontarsi anche con tutte le barriere che limitano o impediscono la piena partecipazione alla vita sociale e il godimento dei propri diritti e delle libertà fondamentali».
All’interno dell’Unione Europea vivono 46 milioni di donne con disabilità, pari al 16% della popolazione femminile totale e al 60% di quella complessiva disabile. Sono soggette a discriminazioni multiple con pesanti ripercussioni sulla loro vita di tutti i giorni. Proprio a causa di queste discriminazioni, molte di loro subiscono violenza di ogni genere, fisica, sessuale, psicologica ed economica.
Secondo la ricerca VERA [acronimo per “Violence Emergence, Recognition and Awareness”, ovvero letteralmente “Emergenza, riconoscimento e consapevolezza della violenza”; se ne legga ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.], condotta della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), il 65 % delle donne con disabilità è stato vittima di violenza. Si stima, pertanto, che ogni anno avvengano circa 1.000 casi di violenza, oltre a episodi di bullismo e altri abusi.
La maggior parte di queste brutalità si consumano in ambiente domestico. Durante l’ultimo anno, con le limitazioni di movimento, l’indice di violenza sulle donne con disabilità è ulteriormente incrementato (non si conosce ancora il dato esatto), perché è in casa che si verificano la maggior parte degli atti violenti. Una situazione che accomuna per altro tutto l’universo femminile.
«Le donne con disabilità – prosegue Cutrera – sono esposte al rischio di subire violenza dalle persone che dovrebbero prestare loro assistenza a causa del particolare rapporto di dipendenza che si instaura per lo squilibrio di potere e che rende difficile, in caso di abusi, la denuncia o la fuga. Si tratta di intimidazioni esercitate con sguardi e parole, con il non assecondare il bisogno di mobilità negli spazi, in caso di disabilità motorie o di aiuto nel dover cambiare la postura fisica, con il non provvedere correttamente alla somministrazione dei farmaci prescritti, con l’ignorare le richieste di ausili e dispositivi per l’autonomia, con il minacciare di privare dell’assistenza od ostacolare i contatti con amicizie e vicini, impedendo inoltre le occasioni di formazione e di lavoro».
Strettamente legata al problema dell’alto tasso di violenza è la completa mancanza di educazione sessuale e di attenzione alla cura e alla prevenzione della salute ginecologica delle donne con disabilità, spesso neppure considerate donne nella loro dimensione fisiologica. Sul lato pratico ciò si traduce nell’inaccessibilità degli ambulatori e nell’impreparazione dell’équipe medica a rispondere ai bisogni specifici.
«È necessario ampliare l’offerta – sottolinea ancora Cutrera – e qualificare i consultori familiari pubblici rendendoli accessibili e garantire l’accesso completo a cure mediche rispondenti alle particolari esigenze delle ragazze e donne con disabilità, in settori quali la consulenza ginecologica, le visite mediche, la salute sessuale e riproduttiva, la pianificazione familiare e un sostegno adeguato durante la gravidanza. Va segnalato, a tal proposito, che i tassi di tumore al seno per le donne con disabilità sono molto più elevati di quelli della popolazione femminile in generale, a causa della mancanza di apparecchiature di screening e diagnosi adeguate e che l’indice sull’uguaglianza di genere dell’EIGE 2017 [Indice della Parità dio Genere 2017, N.d.R.] evidenzia che, in media, il 13 % delle donne con disabilità lamenta di non vedere soddisfatti i propri bisogni di cure sanitarie e dentali, mentre nel caso delle donne senza disabilità questa quota è del 5%».
Un’ulteriore importante discriminazione riguarda il lavoro. Secondo il Rapporto ISTAT Conoscere la disabilità, ad avere un posto di lavoro sono solo il 31,3% di coloro che soffrono di gravi limitazioni (26,7 % tra le donne e il 36,3% degli uomini), contro il 57,8 % del resto della popolazione. Le persone con una grave disabilità in cerca di occupazione sono il 18,1% di cui il 21,2% sono uomini e il 15,1% donne. Da questi dati emerge che le donne con disabilità sono più penalizzate e questo loro ulteriore svantaggio, rispetto agli uomini con disabilità, riguarda anche la scuola: le donne, infatti, che non hanno una qualifica sono il 17,1% contro il 9,8 degli uomini. Solo il 45,4% delle donne con disabilità, inoltre, raggiunge il diploma, contro il 52,3% degli uomini e il 65,8%. delle persone senza disabilità.
«Anche le persone che assistono familiari con disabilità – conclude Cutrera – , nella stragrande maggioranza donne, subiscono una discriminazione intersettoriale a detrimento del lavoro retribuito, a causa delle particolari difficoltà di conciliare il lavoro con le attività di cura».
Per contrastare tutto quanto detto, dunque, í
Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Le discriminazioni palesi e i ricatti silenziosi: un talk per l’8 marzo delle donne con disabilità”). Viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
Per approfondire il tema Donne e disabilità, oltreché fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, suggeriamo anche la consultazione delle Sezioni Donne con disabilità e La violenza nei confronti delle donne con disabilità nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa).
Articoli Correlati
- Una buona cooperazione allo sviluppo fa bene a tutte le persone con disabilità «Se con i progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo - scrive Giampiero Griffo, concludendo la sua ampia analisi sulle azioni in questo settore - verrà rafforzata la voce delle persone…
- Il Disegno di Legge Zan e la disabilità: opinioni a confronto Riceviamo un testo dal sito «Progetto Autismo», a firma di Monica Boccardi e Paolo Cilia, che si riferisce, con toni critici, a un contributo da noi pubblicato, contenente due opinioni…
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…