Viviana ha 40 anni e una vita serena e piena di interessi artistici, musicali e sportivi, nonostante le grosse difficoltà iniziali. Terza figlia tanto desiderata da tutta la famiglia. «Non abbiamo capito subito – raccontano i genitori – che c’erano dei problemi: a circa 2 anni non parlava e non camminava».
È iniziato dunque un percorso lungo, faticoso e doloroso, che prima della presa in carico da parte dell’Istituto di Neuropsichiatria Infantile di Roma, è passato per una lunga via crucis di cliniche e diagnosi, spesso in contrasto tra loro. Non si capivano infatti i ritardi di Viviana e si spaziava dalle diagnosi di autismo, alla sordità (salvo scoprire in seguito che Viviana ha l’“orecchio assoluto” come Mozart!), ai consigli tipo «giocateci un po’ di più insieme» oppure «comportatevi con lei come con le altre figlie».
Molti anni più tardi è stata finalmente trovata la causa della sua disabilità intellettiva e il genetista Bruno Dallapiccola ha fatto la diagnosi di “delezione del telomero 3”.
A scuola i professori di disegno e storia dell’arte dicevano: «Non sappiamo cosa farle fare». Oggi Viviana riempie casa sua e quelle degli amici di opere da lei stessa create: tele, ceramiche, piccole installazioni con i materiali più disparati. La prof di musica non si capacitava che non comprendesse il solfeggio e per fortuna che l’insegnante di sostegno con canto e chitarra trascinava con sé, oltre a Viviana, tutta la classe.
Nonostante tutto il suo percorso scolastico è stato abbastanza buono, pur con le inevitabili lamentele di alcuni insegnanti che «non potevano rallentare il programma a causa di Viviana». Per fortuna ha sempre avuto ottimi insegnanti di sostegno.
Prima ancora di approdare al nuoto e allo sci con l’Associazione Sorrisi che Nuotano Eta Beta di Viterbo e con Special Olympics [il movimento dello sport praticato da persone con disabilità intellettiva e/o cognitiva, N.d.R.] Viviana ha preso lezioni di nuoto a Roma e di sci ad Ovindoli in Abruzzo.
In piscina all’inizio è stato un disastro: i primi giorni si aggrappava al collo dell’istruttore praticamente graffiandolo e quasi soffocandolo. I progressi sono stati lenti, ma costanti fino a quando, grazie ai meravigliosi Istruttori di Viterbo, Simona e Maurizio, ormai il nuoto non era più un tabù.
«Per quanto riguarda lo sci – racconta la mamma – sapevo che non l’aveva prescritto il medico, ma ho voluto fortemente portare Viviana sulla neve. Mi raccomandavo al maestro di non farsi impietosire dai rifiuti della bambina. Da dietro la vetrata del bar seguivo tutta la lezione con le lacrime agli occhi per l’atteggiamento recalcitrante di Viviana e la severità quasi teutonica del maestro, che a ogni fine lezione mi diceva “signora, lasci perdere tanto questa non scierà mai”».
E invece, dopo una settimana di lacrime di entrambe, mamma e figlia, e di bacchettate con i bastoncini da sci sulle gambe, Viviana ha imparato lo spazzaneve e soprattutto, tornata in città, non ha più avuto paura dello scivolo dei giardinetti e di scendere le scale senza dare la mano ad un adulto.
A 16 anni, nella primavera del 1997, Viviana si trasferisce a Viterbo con i genitori, ovviamente molto preoccupati del cambiamento e dell’abbandono delle sicurezze, sia quelle familiari, legate al contatto con le sorelle, sia quelle sanitarie. E invece Viterbo è stata la svolta.
Prima di tutto l’incontro con il compianto neuropsichiatra Giorgio Schirripa, che è stato per tutti noi non solo il medico, ma anche il padre, il maestro, l’amico e che, ai genitori turbati confusi, diceva sempre: «L’importante è che i ragazzi siano felici».
«Abbiamo così smesso – dicono i genitori di Viviana – di struggerci per curare, guarire, istruire, plasmare nostra figlia. Ci siamo dedicati, fiduciosi, al teatro, alle feste, alle gare di nuoto e di sci. Abbiamo incontrato altri genitori e abbiamo subito aderito a Sorrisi che Nuotano Eta Beta, guidata dall’infaticabile e generoso Maurizio Casciani».
«È qui – proseguono – che è avvenuto l’incontro con Special Olympics. La prima esperienza è stata a Fiuggi con i Giochi Regionali, era il 1998. Viviana allora era un poco intimorita e con uno scarso spirito agonistico. All’inizio siamo rimasti colpiti da tanta umanità dolente, da tanta concentrazione di disabilità e di coinvolgimento emotivo. Ma è passato quasi subito, perché ci si è tuffati presto nel clima competitivo, ma gioioso (degli atleti, ma anche, e forse più, dei familiari), nell’orgoglio delle premiazioni, nell’allegria dei balli e delle feste, nella sollecitudine affettuosa dei volontari, nella solennità del Giuramento dell’Atleta Special Olympics* e della torcia olimpica».
Da allora Viviana è cresciuta tanto, sia in termini di autostima e di sana competizione (prima una medaglia valeva l’altra, anche se solo di partecipazione), sia in progressi tecnico-sportivi. E ha anche acquisito una maggiore disinvoltura e autonomia nei confronti degli altri atleti e degli accompagnatori, istruttori ed organizzatori.
Per quanto riguarda la sua maturazione atletica e la sua ambizione sportiva, dalla paura all’opacità, dal disinteresse alla semplice partecipazione “decoubertiniana”, dalle medaglie del quarto posto al podio più alto, Viviana ha sempre progredito nel voler fare uno o più passi avanti, nel volare più in alto. E ora sogna ad occhi aperti che andrà qui e andrà là, in Italia e all’estero, che vincerà questo e poi ancora quello, che incontrerà Alberto Tomba e Massimiliano Rosolino e persino il Presidente della Repubblica.
Il presidente Napolitano, in realtà, lo ha incontrato veramente nel 2007 all’Aquila e gli ha raccontato che partecipava a tutte le gare di nuoto e di sci di Special Olympics. Lui le aveva risposto che suo figlio aveva fatto una bellissima esperienza di volontariato proprio con gli Special Olympics.
«E oggi – sottolineano con orgoglio i genitori di Viviana – è arrivata la convocazione ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics di Kazan 2022, un altro traguardo raggiunto, di quelli che, anni fa, mai avremmo pensato di poter vivere un giorno. Viviana ci ha sorpresi, ancora un volta!».
*Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze.