Il cosiddetto “Decreto Semplificazioni” del 2020 [Decreto Legge 76/20, “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, convertito con modifiche nella Legge 120/20, N.d.R.] conteneva un emendamento proposto da un’Associazione, teso ad abolire, con motivi di “semplificazione” (ossia presentare non due, ma un solo certificato), la «specifica prescrizione autorizzativa» necessaria per acquistare con IVA ridotta «sussidi tecnici o informatici», cosi come prevedeva fino a poche settimane fa la normativa fiscale.
La specifica prescrizione autorizzativa altro non era che un documento, redatto da un medico specialista di una ASL (fisiatra, neuropsichiatra, ortopedico…), il quale dichiarava che quello specifico oggetto che si intendeva acquistare era effettivamente un utile sussidio, in considerazione delle caratteristiche funzionali del deficit di quella specifica persona. Fosse un prodotto specifico per la disabilità, fosse un prodotto di normale reperimento nel commercio.
Da alcune settimane, ed esattamente il 7 aprile, è uscito il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha dato il via definitivo a quell’abrogazione.
Già all’epoca dell’emendamento erano state espresse forti perplessità dalle pagine del Servizio HandyLex.org (e relative Associazioni che lo promuovono), una delle più accreditate fonti in tema di legislazione sulla disabilità in Italia, che ora, anche dopo l’approvazione di quel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze vengono riconfermate.
Chi scrive, alla luce di un’esperienza pluriennale di coordinamento di un servizio dedicato espressamente al tema delle barriere/tecnologie/ausili per facilitare la vita quotidiana alle persone con disabilitò, ritiene che, paradossalmente, quel Decreto Semplificazioni abbia invece, e di molto, complicato il quadro di riferimento e aperto la strada a possibili abusi nell’utilizzo delle agevolazioni fiscali.
Ma entriamo punto per punto nel merito della questione. Cosa sostituisce la specifica prescrizione autorizzativa? Si prevede che al momento dell’acquisto venga consegnata «copia del certificato attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dall’azienda sanitaria locale competente o dalla commissione medica integrata»… In soldoni, il certificato di invalidità. Tale certificato, però, dovrà riportare l’indicazione del collegamento funzionale tra il sussidio tecnico-informatico e la menomazione permanente. In caso che da esso non si evinca il collegamento, occorrerà allegare alla documentazione un certificato specifico rilasciato dal medico curante, contenente le indicazioni di correlazione tra oggetto da acquistare e disabilità del richiedente, richieste per l’accesso all’agevolazione fiscale.
Ora sorgono spontanee le domande che poniamo qui di seguito.
° Come sarà possibile che un certificato di invalidità, ancorché contenga l’indicazione generica, come già avviene per i veicoli, che la persona in teoria ha le caratteristiche per accedere a tali agevolazioni, possa essere adattabile alle centinaia e centinaia di casi possibili di acquisto?
° Come potrà il rivenditore, non avendone alcuna competenza, rilevare che da quel documento non si evince la correlazione e richiedere che venga presentato anche il certificato del medico curante (i negozianti venderanno a prescindere o richiederanno tutti l’ulteriore certificazione? Più probabile è che si richieda all’Agenzia delle Entrate di dirimere la questione, per non innescare dinamiche di conflitto negoziante/cliente).
° Come potranno essere i medici curanti, che certamente hanno minore competenza di specialisti della materia, quali fisiatri, neuropsichiatri, ortopedici (che sono, non a caso, già abilitati nel Servizio Sanitario Nazionale, salvo alcune limitate eccezioni poste in capo ai medici curanti, per la prescrizione di quanto contenuto nel Nomenclatore Tariffario degli Ausili e delle Protesi) a svolgere questo ruolo? Non ci riferiamo tanto agli ausili classici e prodotti specificatamente per il mondo della disabilità, ma ad esempio a tutte le strumentazioni informatiche e/o di telefonia, larghissimamente diffuse (personal computer, smartphone) e di periodica sostituzione, viste le rapidissime evoluzioni tecnologiche… e di marketing.
° Se tutto si acquista con il solo certificato di invalidità, si potranno fare acquisti illimitati? Anche dello stesso prodotto? Non pare che questo sia vietato da nessuna parte (lo è invece per le auto in cui i benefìci fiscali sono ottenibili solo ogni quattro anni, salvo furto o rottamazione).
° In quelle Regioni (ad esempio Emilia Romagna, Lombardia) dove sono presenti legislazioni che concedono anche contributi su arredi, attrezzature, tecnologie, impianti utili per l’autonomia in casa, lo studio, il lavoro, si assisterà ad un aumento degli acquisti e quindi anche delle richieste di contributo? Quali criteri ci sono già o si adotteranno se questo accadesse? E quali difficoltà incontreranno gli uffici amministrativi ad ammettere o meno al contributo le domande presentate?
° E ancora, si tenga conto che a distanza ormai di quasi quattro anni siamo ancora ben lungi da una completa e chiara applicazione nelle varie Regioni del nuovo Nomenclatore Tariffario degli Ausili e delle Protesi, previsto dal DPCM sui Livelli Essenziali di Assistenza del 2017. Questo determina incertezze relativamente ad ausili o ad altri prodotti che prima non era possibile avere in uso dalle ASL, ed era quindi necessario acquistare, e che ora invece dal 2017 si potrebbero teoricamente avere tramite i Servizi di Protesica. E ci riferiamo in particolare a tutti gli ausili di tipo elettronico-informatico e relative componenti hardware.
° Infine, se accadesse che sostanzialmente viene richiesto sempre il certificato del medico curante, non ci sarebbe stata alcuna semplificazione, così come era l’intendimento da cui tutto ha avuto origine, se non quello di ricorrere al medico curante e non allo specialista del Servizio Sanitario Nazionale, a cui magari si è in carico da tempo per lo specifico della propria disabilità. Sembrerebbe una procedura più veloce, ma certamente riferita a chi ha meno competenze sullo specifico della disabilità di quella persona, in quel momento della sua vita.
Per quanto poi riguarda il tema dei possibili abusi, basta fare un semplice calcolo per evidenziare quanto possa essere pericolosa una norma del genere.
Una persona con disabilità residente in Emilia Romagna paga un PC con IVA ridotta al 4% 1.080 euro anziché 1.220 (l’IVA sui PC è al 22%). Detraendone poi il 19% in sede di dichiarazione dei redditi, come prevede la normativa, il costo si abbassa a 843. Se riceve anche il contributo della Legge Regionale (del 50%, previsto dalla Legge Regionale dell’Emilia Romagna 29/97, con la Legge 104 grave e limite ISEE), arriviamo ad un costo finale di 421,50 euro, ovvero del 66% in meno. Sacrosanto diritto per una persona con disabilità, che così riesce magari a comunicare e lavorare, ma anche troppo ghiotta occasione per malintenzionati, qualora non ci fossero limitazioni qualitative e quantitative sugli acquisti, sia nelle agevolazioni fiscali che nei contributi.
Un ripensamento in materia sarebbe dimostrazione di correttezza ed equità, sia sollecitato dall’associazionismo della disabilità che da ulteriori pezzi dell’Amministrazione statale e locale. Questo anche in una stagione in cui la politica, non sempre con competenza, fa a gara per ingraziarsi i favori del mondo della disabilità, essendo le persone con disabilità l’unico target da servizi sociali “buono” per definizione, a fronte dei tanti altri (migranti, rom, detenuti, minori devianti, malati mentali, tossicodipendenti, senza dimora…) inquadrati più come problema di sicurezza e/o decoro (se non di criminalità), che di giustizia e solidarietà.