La normalità è sopravvalutata

di Katiuscia Girolametti
Il 5 agosto prossimo verrà presentato in anteprima, durante una conferenza stampa in remoto, il libro “La normalità è sopravvalutata” di Katiuscia Girolametti, che in questo suo contributo ne spiega lei stessa la genesi: «Sono la mamma di un ragazzo con disabilità - scrive -, “trismamma”, cuoca per sopravvivenza e scrittrice di tante storie. Bisogna raccontare, perché “diverso” è solo qualcosa che non si ha il coraggio di conoscere»
Eugenio Viti, "Donna alla finestra"
Eugenio Viti, “Donna alla finestra”

Nel pomeriggio del 5 agosto prossimo (ore 18-19.30), verrà presentato in anteprima, durante una conferenza stampa in remoto, il libro La normalità è sopravvalutata di Katiuscia Girolametti, edito da Kimerik (per ogni informazione: lanormalitaesopravvalutata@gmail.com).
Ben volentieri ospitiamo qui di seguito un contributo della stessa Autrice del libro, per spiegarne la genesi.

Sono la mamma di un disabile, “trismamma”, cuoca per sopravvivenza e scrittrice di tante storie.
Sono la mamma di Daniele, di Manuel e di Leo. Siamo una famiglia fuori dagli schemi. Vivo con quattro maschi, una sedia a rotelle e l’autismo, le ultime due appartengono alla stessa persona.
L’autismo è arrivato in casa nostra con il taglio cesareo d’urgenza, insieme a Daniele: in una notte sono nati lui e la sua disabilità. È stata lenta, ci ha assorbiti partendo dai pensieri più profondi, fino a invadere ogni parte del corpo.
Prima di arrivare al modello di cure formidabili che abbiamo oggi, siamo passati per malasanità, medici, finti santoni, pozioni magiche, guarigioni miracolose, cure, bibitoni, noccioline, coccooooo… Tutto si vende! Tutto, pur di raggirare una coppia di genitori, forse disperati o magari il contrario, troppo pieni di speranza da voler sempre credere in un miracolo o giù di lì.

Siamo una famiglia fuori dagli schemi, illusi che la società possa cambiare, convinti che al mondo non esista cattiveria, ma solo tanta ignoranza; non siamo perfetti e non ci interessa assolutamente esserlo.
Ho deciso di rendere pubblica la mia storia, la nostra storia, dopo avere passato numerose giornate a raccontare. Leggevo la voglia di sapere e il mio bisogno di far conoscere, condividere, parlare di disabilità vera, non quella triste che solitamente vediamo nei film che troppo spesso raccontano falsità alterate, per vendere nozioni distanti.
Non si parla mai di quante difficoltà vive un genitore, di cosa possa significare iscrivere un figlio a scuola e a quale tipo di socialità sono destinati i nostri ragazzi.

Bisogna raccontare, “diverso” è solo qualcosa che non si ha il coraggio di conoscere, “diverso” è qualcosa che non appartiene, diverso non è normale. Ma che cos’è la normalità?
Probabilmente devo un seguito alle mie storie, perché tutto scorre e corre, e dal bel piccolo bambino che non cammina, ora è un ragazzo autistico sulla sedia a rotelle. E il fratello? Beh, da cucciolo solare e sensibile è oggi un preadolescente con poche idee, ma ben chiare.

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