«Siamo riusciti a far fuggire una delle nostre driver, che ha due figli di cui uno paraplegico: ha affrontato la “fila della disperazione” con suo figlio in braccio e ce l’ha fatta»: lo ha raccontato alla testata «SuperAbile» Livia Maurizi, responsabile dell’Area Progetti nell’Associazione Nove, impegnata già dal 2012 in Afghanistan per le persone più vulnerabili e in particolare donne, bambini e persone con disabilità, ad esempio con progetti come Pink Shuttle, voluto per il trasporto delle donne, tramite pulmini guidati da autiste anch’esse donne.
La situazione di queste settimane per le persone con disabilità dell’Afghanistan viene fotografata in tutta la sua drammaticità da Maurizi, che ha dichiarato: «La nostra organizzazione ha aiutato centinaia di persone a lasciare il Paese, insieme al Comando Operativo di Vertice Interforze, al Ministero degli Affari Esteri e ai Carabinieri del Tuscania. Per tutti loro l’evacuazione è complicata, spesso drammatica, con file lunghissime che chiamiamo “file della disperazione”. C’è chi sviene, chi rinuncia e torna a casa, chi rischia di morire. Per una persona con disabilità, poi, è praticamente impossibile affrontare un’impresa del genere: sono i più vulnerabili».
Ancora una volta, dunque, come sempre accade nel mondo in situazioni di emergenza dovute a guerre, calamità naturali o disastri causati dell’uomo, le persone con disabilità, e in particolare i bambini e le donne con disabilità, continuano ad essere “i più vulnerabili tra i vulnerabili”.
E naturalmente tutte le attività dell’Associazione Nove in Afghanistan si sono dovute fermare, tra le quali i vari progetti a sostegno delle persone con disabilità, che già prima dell’attuale congiuntura risultavano quasi sempre essere una fascia di popolazione emarginata e priva di opportunità.
«Abbiamo puntato soprattutto sullo sport – ha spiegato ancora Maurizi a “SuperAbile” – come strumento di inclusione. In particolare, ci occupiamo di supportare la Nazionale di pallacanestro femminile e maschile in carrozzina, in collaborazione con la Croce Rossa Internazionale, soprattutto con Alberto Cairo, fornendo risorse per partecipare a tornei, acquistare le carrozzine sportive ecc. L’unica attività che pare non si sia fermata è la costruzione di un secondo palazzetto dell’Afghanistan per gli atleti e le atlete con disabilità ad Herat, che dovrebbe concludersi a fine anno».
«Anche nei progetti non direttamente rivolti alla disabilità – ha concluso -, quest’ultima rappresenta per altro un aspetto chiave: per esempio, i nostri centri di formazione per l’inserimento lavorativo hanno un’attenzione particolare per le persone con disabilità e tra i pulmini del progetto Pink Shuttle uno è adattato per il trasporto delle donne in carrozzina. Ora tutto è fermo, in attesa di capire cosa sarà possibile portare avanti sotto i talebani». (S.B.)