Dopo la Sentenza con cui il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha di fatto annullato l’intero Decreto Interministeriale 182/20, l’adozione del modello nazionale del PEI (Piano Educativo Individualizzato), delle correlate Linee Guida e dei suoi allegati (i modelli di PEI per i quattro gradi di scuola, infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado), dobbiamo rimettere indietro l’orologio del tempo al dicembre 2020. Ci si dovrà cioè comportare, in termini di pianificazione e progettazione, così come si è fatto fino a prima del Decreto (29 dicembre 2020) e della pubblicazione delle Linee Guida e dei citati modelli (13 gennaio 2021). Che poi, a dire il vero, è quello che si è continuato a fare anche fino ad oggi. Infatti, i nuovi modelli di PEI si sarebbero dovuti adottare con l’inizio del nuovo anno scolastico, cioè da questo mese di settembre 2021.
Pensiamo, allora, a una macchina col motore acceso che inizia a fare qualche chilometro, il guidatore tutto contento ingrana prima seconda terza e quarta, sta per ingranare la quinta e il passeggero all’improvviso toglie le chiavi dal cruscotto, mentre la macchina è in piena autostrada: ecco ci troviamo in questa situazione ora.
Il ricorso al TAR era stato proposto da parte di alcune organizzazioni che non si sentivano tutelate da alcuni passaggi, passaggi che in questi mesi erano stati ripresi e stavano per essere “corretti”, come prevedeva l’articolo 21, comma 2 dello stesso Decreto 182/20, dopo la consultazione con le scuole e le associazioni (e nei suoi documenti la FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – aveva già evidenziato e preteso che si “correggessero”).
In questo modo tanto lavoro potrebbe essere buttato alle ortiche e chi ne pagherà le conseguenze almeno per ora, saranno al solito gli studenti e le famiglie. Il rischio, infatti, è che si abbia nuovamente un pullulare di modelli di PEI, in pochi dei quali, ahinoi, le famiglie riconosceranno il proprio figlio o figlia. E questo chi scrive lo denuncia a ragion veduta, avendo avuto modo di raccogliere PEI su tutto il territorio, su incarico di Raffaele Ciambrone, dirigente del Ministero dell’Istruzione, quando si era ancora in fase di formalizzazione del nuovo modello. Molta fantasia, molto copia/incolla dal web, molti PEI “freddi”, senza raccontare nulla della persona che avrebbero dovuto descrivere. Per fortuna alcuni anche ben fatti.
La linea, seguita nella definizione del nuovo modello era – ed è tuttora – quella di sdoganare l’idea del PEI come mero atto burocratico. È e deve essere uno strumento – lo strumento – per costruire il progetto educativo di quello studente e solo di quello. Quindi uno strumento unico, modificabile, perché deve seguire la crescita della persona da bambino ad alunno fino a studente. Uno strumento “dotato di vita”, che respira e si nutre di obiettivi da raggiungere e superare.
Il dialogo, costruttivo, dovrebbe essere alla base di una società civile. Nulla è perfetto, tutto è perfettibile. Avevamo messo nero su bianco quanto ci fosse da “correggere” nel Decreto 182/20, molto avevamo ottenuto e ancora stavamo ottenendo, come ha sottolineato su queste stesse pagine il presidente della FISH Falabella.
Se mai si parte, mai si avrà il coraggio di affrontare una svolta davvero epocale nel poter garantire finalmente a tutti, tutti, gli studenti, pari opportunità, con modelli nazionali di Piani Educativi Individualizzati che abbiano al centro la persona; mai, cioè, riusciremo a vedere lo studente come individuo che vive in un determinato contesto (non solo fisico, materiale), che dev’essere adattato, con quegli “accomodamenti ragionevoli” che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità sancisce insieme al diritto all’autodeterminazione; mai inizieremo a personalizzare veramente i percorsi di vita dei singoli, perché il PEI è parte integrante del Progetto di Vita che di fatto rimane ancora una chimera e che magari con quei modelli avrebbe potuto diventare una fenice!
Ci si è invece attaccati alla parola esonero (oltre al superabile e discutibile vizio di forma giuridica), non tenendo conto che si era riusciti a delegittimare il far stare fuori dalla classe a prescindere: si sarebbe infatti dovuto circostanziare dettagliatamente come, dove, cosa e perché. Adesso lo si farà ancora, in sordina, senza che si sappia. Non è dunque questa una vera e propria vittoria di Pirro?
Non troveremo più la parola esonero (che sarebbe stata cassata nel correttivo), ma troveremo ancora gli alunni e le alunne nei corridoi o peggio isolati e isolate, quelli sì, senza che nessuno debba prendersi la briga di scrivere quanto di alternativo stiano facendo e per il raggiungimento di quali obiettivi.
Sembra sia preferibile mettere la testa sotto la sabbia: non tutti i ragazzi possono sostenere una giornata scolastica sempre in classe; per alcuni – purtroppo nel caso di autismo di livello tre con compromissione intellettiva – sarebbe una violenza anche solo ipotizzare percorsi non personalizzati, ma per il loro benessere, e per rispettare anche il diritto allo studio dei compagni.
Questo vuol dire coprogettare insieme, tutti i docenti con i vari sostegni, in maniera paritetica, e con il coinvolgimento della famiglia, percorsi non di esclusione, ma anzi che possano prevedere momenti di condivisione degli spazi e della giornata, in funzione degli obiettivi e rispondendo sempre al principio di non mal-trattamento della persona.
Chi invece non ha difficoltà a rimanere in classe e seguire le lezioni ha diritto a percorsi che gli garantiscano gli apprendimenti utilizzando strumenti compensativi e dispensativi e verifiche equipollenti che ne rafforzino l’autostima!
È vero, il Profilo di Funzionamento doveva essere propedeutico alla compilazione del nuovo PEI. Colpevole, in tal senso, è il ritardo del Ministero della Salute, che in ben quattro anni non è riuscito a produrre le Linee Guida per la redazione della certificazione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica e formulare appunto un modello di Profilo di Funzionamento.
Per essere chiari, il Profilo di Funzionamento lo avrebbero avuto i nuovi diagnosticati e per rivedere e allineare le varie diagnosi funzionali già in essere, le Aziende Sanitarie Locali ci metteranno anni. Quindi, sempre sulle Diagnosi Funzionali ci si sarebbe dovuti basare, con uno sguardo allargato al contesto biopsicosociale della persona. Un fatto, questo, realmente fondamentale.
Un’altra grande occasione, pertanto, che speriamo sia solo “rinviata”, non volendo neppure pensare a un’occasione “persa”, per rendere un po’ più concreta l’inclusione. Perché tanto c’è ancora da fare e la modalità del gambero certo non aiuta, anzi. Due passi avanti, tre indietro.
Non costruiamo più castelli di carte, con tanta fatica e pazienza, perché prima o poi cadranno. Costruiamo su solide basi un futuro migliore. Per tutti. Ma iniziamo a costruire. Il tempo non è nostro alleato!
Presidente dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori di Persone con Autismo), coordinatrice del Gruppo Scuola per l’ANGSA Nazionale e per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).