Una persona con tetraplegia e in situazione di invalidità al 100% prenota un breve soggiorno in una città della Spagna tramite Airbnb, nota piattaforma internazionale online dell’ospitalità, affidandosi a quanto segnalato rispetto alla struttura di destinazione, che viene dichiarata «accessibile ai disabili in sedia a rotelle». Al suo arrivo in Spagna, però, né la camera da letto né i bagni risultano accessibili, come in seguito verrà ammesso dalla stessa piattaforma Airbnb, che elimina quel requisito nel proprio portale. La persona deve pertanto trovare una struttura alternativa presso la quale poter trascorrere le vacanze, incontrando notevoli difficoltà e dovendo affrontare un ulteriore esborso economico. Chiede quindi un rimborso, che gli viene tuttavia negato sia dal gestore della struttura, sia da Airbnb, con la motivazione che quella dichiarata accessibilità si sarebbe riferita alla sola porta d’ingresso dell’immobile. E nulla cambia, nonostante le successive diffide inviate.
Fin qui il fatto. A questo punto – aprendo naturalmente le nostre pagine a motivate repliche e spiegazioni da parte di chi è stato chiamato in causa, e in particolare dalla piattaforma Airbnb – vale senz’altro la pena ricordare, come avevamo segnalato su queste stesse pagine, che nel 2018 la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) aveva presentato una partnership avviata proprio con Airbnb, «sostanzialmente centrata – come si era detto in quell’occasione – sulla progettazione, la promozione e lo sviluppo di iniziative comuni sul tema dell’accessibilità, per consentire di compiere importanti passi avanti per la tutela dei diritti delle persone con disabilità in questo settore».
Oggi la FISH, che è a conoscenza di una serie di disagi segnalati da persone con disabilità rivoltesi ad Airbnb, sta lavorando, come nelle premesse della citata partnership, per partecipare a una progettazione condivisa, che preveda la verifica di varie strutture da parte di un campione di soci delle organizzazioni aderenti alla Federazione. Il tutto, ovviamente, proprio per evitare il ripetersi di casi eclatanti come quello raccontato, che a causa di informazioni non corrette, precludono alle persone una partecipazione alla vita sociale su base di uguaglianza con gli altri, nello specifico riguardo alla vacanza e al tempo libero. (S.B.)
Come auspicato, sulla vicenda di cui scriviamo qui sopra, abbiamo ricevuto la seguente nota da Airbnb Italia cui ben volentieri diamo spazio.
«Su questa vicenda abbiamo interessato la nostra Assistenza Clienti perché riesaminasse il caso, evidentemente fondato. Purtroppo dobbiamo ammettere che l’approccio procedurale tenuto è stato decisamente rigido – tipicamente la segnalazione dovrebbe avvenire entro le prime ventiquattr’ore dall’inizio del soggiorno – mentre invece sarebbe stato necessario guardare alla sostanza, e per questo vorremmo scusarci. L’Assistenza procederà dunque a un pieno rimborso entro breve e contatterà l’host coinvolto, per sensibilizzarlo sul tema. Ringraziamo la Federazione FISH e la redazione di “Superando.it” per l’opportuna segnalazione di questo caso e per il lavoro congiunto, che ci aiuta a individuare le aree dove lavorare per migliorare e fare in modo che questo tipo di episodi non si verifichino in futuro.
Airbnb Italia».
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