Ora che si sono spente le “luci della ribalta”, merita qualche riflessione in più la Nona Relazione sullo stato di attuazione della Legge 68/99 [la Legge 68/99 reca “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.], depositata in Parlamento all’inizio di quest’anno e riguardante gli anni 2016, 2017 e 2018.
Cominciamo con l’apprezzare il fatto che finalmente disponiamo di dati più recenti che analizzano la situazione del collocamento delle persone con disabilità, in Italia rifacendosi all’anno 2018 e non più ad indagini risalenti ad oltre cinque anni fa, grazie allo sforzo e alla professionalità degli operatori dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche ex ISFOL). E tuttavia non possiamo dimenticare che le statistiche diventano dubbie nel momento in cui le fonti non sono credibili e vengono utilizzate da personaggi pubblici che le strumentalizzano a loro piacimento. Del resto l’utilizzatore sa che pochi hanno avuto il tempo, la voglia e la capacità per valutarne la veridicità e le verità nascoste, ciò che assume un peso ancora maggiore in una società come come quella attuale, alla luce del ruolo determinante acquisito dalla comunicazione.
In passato si diceva: «Le parole mentono, i fatti no!». Ora, nell’era della post-verità, le parole e la forza dell’influencer di turno rappresentano spesso le uniche verità assolute.
Dopo queste necessarie premesse dobbiamo prendere atto che anche in questa occasione i dati raccolti sono poco attendibili.
Partiamo ad esempio dagli iscritti al Collocamento Disabili. La relazione si rifà ai numeri trasmessi dai Servizi Provinciali per il Collocamento Disabili, purtroppo non verificati alla fonte. L’INAPP stesso ammette che i dati non sono completi, in quanto non tutte le Province hanno fatto pervenire le informazioni richieste. Ancora più grave è poi il fatto che molti servizi provinciali non hanno mai ripulito gli elenchi e hanno mantenuto tra gli iscritti persone con disabilità provenienti dal vecchio Collocamento Obbligatorio Ministeriale (Legge 482/68), registrati prima dell’anno 2000, oltre ai già collocati, ai trasferiti in altre Province o all’estero, o addirittura ai deceduti.
Altro delicato problema è quello relativo al numero degli iscritti realmente in cerca di lavoro. Molti sono ancora presenti negli elenchi e nelle graduatorie con la convinzione che per percepire pensioni, assegni di invalidità ecc., sia necessario essere iscritti al Collocamento; altri, per motivi di salute non possono lavorare, altri ancora non sono disponibili al lavoro per varie ragioni. Quindi, non sappiamo quante persone con disabilità siano effettivamente in cerca di una occupazione e nemmeno quante siano in possesso di potenziali capacità lavorative. Non esiste infatti una valutazione funzionale e un conseguente e coerente progetto personalizzato di accompagnamento al lavoro. Non è pertanto possibile quantificare quanti siano in attesa di una proposta lavorativa, né come, dove e quando potrà concretizzarsi.
Purtroppo questi problemi non sembrano risolvibili, in quanto i Servizi Provinciali per il Collocamento Disabili non dispongono di figure professionali in grado di fare una valutazione funzionale e un orientamento al lavoro, e tanto meno un accompagnamento al lavoro. Questa situazione non cambierà se si continueranno ad erogare ad esempio i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) agli stessi soggetti che hanno gestito per oltre vent’anni il sistema del Collocamento dei Disabili e la formazione.
Concludendo possiamo solo dire che oggi gli iscritti al Collocamento Disabili sono poco più di un milione, e che non disponiamo di dati quantitativi certi, mentre siamo privi di dati qualitativi. Non si comprende pertanto come si possa riformare il Collocamento Disabili e utilizzare in modo efficace le risorse del PNRR. Ogni azione promossa dal Ministero, infatti, dall’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro) e dalle Regioni si baserà sul percepito, sulle sensazioni e sulla narrazione di chi è responsabile della grave situazione attuale. Con una base di partenza di questo tipo diventa altresì difficile essere ottimisti sull’eventuale riforma del Collocamento Disabili, della Legge 68/99 e delle politiche attive a favore delle persone con disabilità.
Credo dunque sia giunto il momento di uniformare le procedure per le iscrizioni. Risulta infatti incomprensibile la difformità territoriale, in merito ai documenti e ai moduli richiesti, alla redazione di elenchi e graduatorie.
La persona con disabilità è per legge tenuta ad iscriversi presso l’ufficio dove è residente e i relativi documenti vengono raccolti in una cartella personale, che quasi sempre viene accatastata assieme ad altre migliaia, mentre i dati personali e le informazioni burocratiche necessarie vengono inseriti in banche dati provinciali o regionali chiuse, non comunicanti fra loro. Eppure Il collocamento mirato doveva differire dal vecchio collocamento obbligatorio anche nella forma: non più numeri anonimi, cartelle polverose accatastate, operatori indisponibili dietro uno sportello ecc; purtroppo, invece, in molti casi è cambiato soltanto il nome, da Collocamento Obbligatorio a Collocamento Mirato, ma la sostanza è rimasta quella di prima.
E tuttavia una soluzione, che ci trova tutti concordi e che il buon senso e i tempi moderni impongono, esiste. Si tratta della Banca Dati Nazionale del Collocamento dei Disabili. Una sorta di “araba fenice” che ogni tanto ricompare, per poi scomparire e lasciare il collocamento pubblico alla penna e al calamaio. Da anni se ne parla, ma non si vede! Com’è possibile mettere mano al sistema del mercato del lavoro, modernizzarlo, renderlo efficace, se i mezzi di registrazione, di verifica e di comunicazione sono rimasti all’era della paleoinformatica? Com’è possibile pensare positivo se ogni iniziativa di rinnovamento è delegata ai vecchi protagonisti e il potenziamento a strutture e strategie già obsolete da tempo? Purtroppo la gestione dei servizi per il Collocamento Disabili sono di competenza delle Regioni e in alcuni casi delle Province, ciò che ha creato un sistema estremamente articolato e difforme, che varia da territorio a territorio. In alcune Province, infatti, il Collocamento Disabili coincide con il Centro per l’Impiego, in altre vi sono strutture apposite, chiamate in vario modo (Collocamento Disabili, Collocamento Mirato, Servizi per l’Occupazione Disabili ecc.). Tutto questo, ovviamente, è causa di un’estrema confusività che investe le persone con disabilità, le aziende e gli stessi uffici preposti.
In attesa di tempi migliori, sarebbe possibile e utile realizzare la fantomatica Banca Dati Nazionale, semplificare e uniformare le modalità di accesso al Collocamento Disabili, uscendo dall’ambiguità, dall’immobilismo e dai comodi alibi giustificati con lo scaricabarile delle proprie responsabilità. La Banca Dati Nazionale è una competenza, una necessità e un dovere degli organi centrali del lavoro!
Questa volta, quindi, cerchiamo di essere ottimisti. La realizzazione del PNRR è l’occasione giusta. Restiamo però vigili. Troppe volte, ci siamo illusi!