Il gioco di squadra su temi come quello della disabilità, che non ha colore politico, aiuta a portare a casa risultati concreti. Lo dimostra il grande lavoro fatto con la Legge Delega sulla Disabilità, votata all’unanimità la scorsa settimana alla Camera, dove per la prima volta trova spazio lo sport.
A volte si fa l’errore di pensare allo sport come attività esclusivamente agonistica, ma in realtà è molto di più. Per le tante persone che vivono la disabilità, è un modo di confrontarsi con gli altri, di scoprire che i propri limiti si possono superare, di assumere più consapevolezza e porsi nuovi obiettivi.
Lo sport svolge una funzione indispensabile, perché forma ed educa al rispetto per le regole, per se stessi e per gli avversari, inoltre ha una forte valenza educativa anche in chi non lo pratica, favorendo quell’evoluzione culturale di comprensione dell’altro all’interno della nostra società.
Non solo, lo sport, in chi lo pratica anche a livello amatoriale, ne migliora lo stato psicofisico, agevolandone di conseguenza quell’inclusione sociale tanto acclamata ed essenziale.
Spesso bisogna affrontare pregiudizi e ostacoli; anche chi scrive ha dovuto combattere per raggiungere il proprio desiderio di correre. Invece Lo sport dev’essere un diritto, così come riconosciuto anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e tutti devono avere le stesse opportunità di poterlo praticare. Anche per questo, ho presentato una Proposta di Legge perché il diritto allo sport sia riconosciuto nella nostra Costituzione, favorendo il riconoscimento della sua valenza positiva e l’importanza di esso anche nelle famiglie e nella società.
Infine, vi è un altro passaggio indispensabile: occorre aggiornare i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), per garantire l’erogazione di ausili, ortesi e protesi a tecnologie avanzate che lo Stato attualmente non copre. Non è detto che tutti ne usufruiranno, ma lo Stato deve garantire questa opportunità e la libertà di scegliere a tutti i cittadini.