La confusione tra atti criminali e follia e lo stigma sulla salute mentale

«La diffusa definizione di Putin come “pazzo”, o “folle’” e questa insistenza sul suo stato di salute mentale rappresentano un elemento di grave stigmatizzazione verso chi vive la condizione della sofferenza mentale. Putin è un dittatore, come altri in questo nostro mondo. Il fatto che abbia o meno un disturbo mentale, non può essere la priorità»: sono parole di Gisella Trincas, presidente dell’UNASAM, condivise da Simona Lancioni, che aggiunge: «È importante anche segnalare che le persone con disabilità mentale sono più spesso vittime che autrici di atti criminali»

Lucca, 2018, "L'immaginario svelato"

Opera esposta nella mostra “L’immaginario svelato”, realizzata a Lucca nel 2018 della Cooperativa Sociale La Mano Amica, con quadri dipinti da artisti con disabilità mentale.

Raccontare la guerra non è cosa semplice. Tuttavia ci sono errori, già commessi in passato, che sarebbe meglio evitare, ma che, puntualmente, si ripropongono. E così tra giornali, radio e TV è tutto un “fiorire” di «pazzo», «folle», o altri termini dispregiativi con i quali ancora oggi viene designata la disabilità mentale, per apostrofare il dittatore di turno e spiegarne i comportamenti criminali.
Putin, lo zar «folle» che si crede onnipotente: «Nella sua mente una realtà parallela», è il titolo del pezzo firmato da Paolo Valentino sul «Corriere della Sera» (27 febbraio 2022); La “teoria del pazzo”, gli 007 Usa: «Putin abile stratega, starebbe usando la strategia di Nixon», è invece quello di un testo pubblicato da «Il Gazzettino.it» (1° marzo 2022); “Usa la teoria del pazzo”: l’ipotesi degli 007 su Putin, è il titolo dell’articolo di Federico Giuliani su «il Giornale.it» (2 marzo 2022); Putin e la “strategia di Nixon”, dubbi di analisti e politici: pazzo o agisce per calcolo?, si legge su «SKY TG24» (2 marzo 2022). E questi sono solo alcuni esempi della narrazione della guerra, tuttora in atto, tra Russia e Ucraina che viene proposta in modo trasversale da tutti i media.

«Questa diffusa definizione di Putin come “pazzo”, o “folle’” e questa insistenza sul suo stato di salute mentale rappresentano un elemento di grave stigmatizzazione verso chi vive la condizione della sofferenza mentale. Il “matto”, il “fuori di testa” che compie atti senza senso: non possiamo accettare che su un dittatore si appiccichi questa etichetta per spiegare i suoi comportamenti criminali. Questo è stigmatizzante e non ci aiuta a percorrere la strada del rispetto delle persone e a sostenerle nei loro percorsi di ripresa ed emancipazione»: a dirlo, opportunamente, è stata Gisella Trincas, presidente dell’UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), interpellata dall’Agenzia «Redattore Sociale», riguardo al fatto che negli Stati Uniti l’intelligence sarebbe al lavoro per valutare lo stato di salute mentale del leader russo.
«Far passare qualcuno per pazzo è sempre la soluzione più sbrigativa, rispetto a cercare di comprendere motivazioni e cause. Putin è un dittatore, come altri in questo nostro mondo. Il fatto che abbia o meno un disturbo mentale, non può essere la priorità», ha argomentato ancora Trincas.
Nel condividere le osservazioni dell’UNASAM, è importante segnalare anche che le persone con disabilità mentale sono più spesso vittime che autrici di atti criminali.

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito le presenti riflessioni sono già apparse e vengono qui riprese, con alcune modifiche di contesto, per gentile concessione.

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