In occasione della Giornata Internazionale per i Diritti delle Donne dell’8 marzo, l’organizzazione COFACE Families Europe ha diffuso un messaggio, invitando tutte le parti interessate a riflettere sul futuro dell’assistenza che le donne desiderano per la società e per se stesse. Lo riceviamo e ben volentieri lo pubblichiamo.
Il lavoro in corso da parte dell’Unione Europea per elaborare la propria prima Strategia sull’Assistenza è l’occasione per cambiare la narrativa sulla cura, creare una società e un’economia che si prendano cura e alzare la voce per le infrastrutture di assistenza del domani, che dovranno lavorare per promuovere l’uguaglianza di genere e non contro di essa.
La crisi del Covid ha messo in luce le carenze del nostro sistema di assistenza, compreso il modo in cui maltratta e ignora i bisogni delle persone che si prendono cura di coloro che hanno necessità di cure e/o sostegno. Sia nell’economia formale che in quella informale e nelle famiglie, questi assistenti sono in grande maggioranza donne e questo divario di genere ha un costo per tutti.
La recessione all’ombra della pandemia è stata spesso caratterizzata come una shecessione [termine composto, che indica letteralmente “recessione per lei”, N.d.R.], che implica cioè effetti sproporzionatamente negativi per le donne. E tuttavia, secondo uno studio prodotto nel 2020 dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), intitolato Risks that Matter, la crisi potrebbe essere definita più precisamente una mumcessione [“recessione per le madri”, N.d.R.]. Quello studio, infatti, produce prove transnazionali del fatto che quando le scuole e le strutture per l’infanzia sono state chiuse, le madri hanno assunto una quota maggiore di lavoro di cura aggiuntivo non retribuito e, di conseguenza, hanno subìto sanzioni e stress sul mercato del lavoro.
E tuttavia sappiamo che l’assistenza all’infanzia è solo un elemento dell’equazione di cura con cui le madri devono fare i conti: anche la cura dei parenti anziani, infatti, o il sostegno a un parente con disabilità sono spesso assunte dalle donne. Questa realtà ha pure una grande rilevanza demografica nelle nostre società che invecchiano, poiché le donne hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto agli uomini in Europa, mettendole quindi a rischio di povertà da vecchiaia, ma anche innescando la riflessione su chi si prenderà cura degli assistenti anziani e di coloro che erano di supporto quando non saranno più in grado di ricoprire questo ruolo.
La ragione di questo squilibrio è da ricercarsi nel fatto che la nozione di cura è ancora associata alle donne: il 44% degli europei, infatti, pensa che il ruolo più importante di una donna sia quello di prendersi cura della propria casa e della propria famiglia, mentre il 43% pensa che il compito più importante di un uomo sia quello di guadagnare denaro.
Secondo una relazione dell’EIGE, l’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere, sul tema Disuguaglianze di genere nell’assistenza e conseguenze per il mercato del lavoro, nell’Unione Europeo a 28 Paesi, quasi tutte le donne occupate, in media (94%), sono coinvolte in almeno un’attività di assistenza non retribuita più volte alla settimana, rispetto al 70% degli uomini occupati. I lavori domestici sono i più disuguali, con il 93% delle donne e il 53% degli uomini che li svolgono regolarmente. Assumersi una quota tanto sproporzionata di responsabilità assistenziali impedisce a milioni di donne di entrare nel mercato del lavoro, di scegliere il percorso della propria carriera e lo stesso orario di lavoro, di guadagnare un reddito e avere diritto a una pensione attraverso il lavoro. Allo stesso tempo, i ruoli di genere stereotipati e l’educazione stanno anche negando agli uomini e ai padri il loro “diritto alla cura” e ad imparare come prendersi cura.
Il mito di questo legame “naturale” tra le donne e l’assistenza non si ferma alle porte della famiglia e ha avuto conseguenze durature sul settore dell’assistenza formale, che è ancora oggi prepotentemente femminile. Come per la maggior parte dei settori “dominati” dalle donne, quello dell’assistenza è caratterizzato da bassa valorizzazione e retribuzione, oltreché da condizioni di lavoro precarie, compresi i contratti part-time, che sono attraenti per le donne bisognose di un congedo dal lavoro retribuito per il loro lavoro di cura non retribuito, creando in tal modo un circolo vizioso profondamente radicato negli stereotipi di genere.
La nostra presidente Annemie Drieskens ha dichiarato: «Grazie a una forte Strategia sull’Assistenza dell’Unione Europea, sostenuta dagli Stati Membri e da tutte le parti interessate, abbiamo bisogno di cambiare la narrativa della cura e condividere la cura stessa tra donne e uomini. Gli assistenti familiari (caregiver familiari), così come quelli professionali, devono essere riconosciuti e valorizzati come attori centrali della nostra società. Il futuro dell’assistenza dovrebbe essere basato sulla comunità e diventare uno strumento per l’uguaglianza di genere, non un fattore di esclusione socioeconomica».
Ringraziamo Alessandra Corradi per la collaborazione.
A questo link, nel sito di COFACE Families Europe, è disponibile un testo di ulteriore approfondimento (in inglese), su quanto andrebbe fatto per ottenere che la prossima Strategia sull’Assistenza dell’Unione Europea funzioni per tutte le famiglie e contribuisca a ridurre il divario di genere nel Continente.
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