Torino è una città che in questi ultimi vent’anni ha eliminato con grande caparbietà molte barriere architettoniche e senso-percettive. Molto è stato fatto e molto resta da fare.
Le stazioni, che sono la porta d’ingresso di una città, come Porta Nuova, Porta Susa e altre minori, ma non meno importanti, sono dotate di tutti i presìdi per essere pienamente accessibili.
La metropolitana, pur avendo delle imperfezioni da correggere in superficie per quanto riguarda la disabilità visiva, è un’infrastruttura all’avanguardia, sia dentro che fuori. Le ultime due stazioni di essa – Italia 61 e Bengasi – sono state progettate e messe in esercizio con la totale sinergia di Associazioni come la nostra [UICI-Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, N.d.R.], e i risultati si vedono: semafori sonori e percorsi tattili puntuali, sia dentro che fuori le stazioni, ascensori accessibili, fermate bus accessibili, almeno quelle coinvolte nei lotti dei lavori.
Intanto il Comune, con le varie Amministrazioni, pur fra mille difficoltà economiche e legate alla pandemia, ha continuato a tessere la sua ragnatela di accessibilità per tutti. Questo non vuol dire che si sia fatta una città a misura di persona con disabilità: si è continuato a pianificare e costruire una città per tutti, quindi anche per i cittadini e le cittadine con disabilità.
Oggi la metro di Porta Nuova è perfettamente collegata con scale mobili interne all’atrio stazione, circondata sui due terzi da semafori sonori e percorsi tattili, nonché ascensori e ingressi senza dislivelli.
Porta Susa è un arcipelago di semafori sonori, come da normativa, e relativi percorsi: forse qualche miglioria si potrà ancora realizzare, ma nel complesso è un’infrastruttura collegata alla città con estrema attenzione.
La rete di piste ciclabili, come quelle di Corso Matteotti e Via Nizza, che dopo Piazza Carducci prosegue fino al Lingotto, è un esempio di riqualificazione urbana integrata, come previsto dai PEBA (Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche).
Le zone come questa hanno visto una sorta di “primavera urbana”: tutto più bello e pulito, ordinato, più amichevole per le bici, più a misura d’uomo.
Situazioni come quella della COOP di Piazza Botticelli, e relativa risistemazione del corso stesso, sono esempi mirabili, anche in periferia, senza contare Corso Grosseto, collegato anche alle stazioni ferroviarie.
Le nuove quattro fermate metro di Collegno saranno accessibili sia dentro che fuori. La linea 2 della metro ha già in sé, come deve essere, il DNA per essere accessibile. I nuovi mezzi, nonostante le difficoltà tecniche su alcuni presidi vocali GPS, sono sempre più accessibili e tecnologicamente all’avanguardia.
Per quanto poi riguarda GTT, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico a Torino, essa fa formazione ai propri autisti, per agevolare le persone con disabilità.
Musei sempre più accoglienti e accessibili a livello comunale, ma non solo, accolgono visitatori e turisti. E ancora. tutte le recenti risistemazioni di pensiline bus tengono conto dell’accessibilità, che si tratti di ordinaria risistemazione o di straordinaria riqualificazione. Quanto poi ai monopattini, speriamo che i nuovi bandi abbiano un impatto positivo e possano incidere sul “peccato veniale” di questi mezzi.
Per realizzare concretamente un PEBA ci vogliono molte risorse: quando si troveranno in modo costante, il lavoro legato all’accessibilità avrà gambe più veloci e robuste, ma nel frattempo la città ha continuato a “farsi bella” e accessibile e universale.
Noi siamo stati al fianco di chi ha amministrato ieri e oggi e lo stesso faremo con chi amministrerà in futuro. Nella precedente Amministrazione, rilevante è stato il lavoro di Franco Lepore, disability manager della Città di Torino. Oltre infatti ad avere fatto da apripista su molti temi legati alla disabilità in generale, ha prodotto documenti rilevanti sull’accessibilità al servizio di tutti, ottima eredità per i suoi successori che non partiranno da zero. Notevole anche il lavoro dello stesso disability manager sulla gestione delle emergenze riguardo alla disabilità, senza mai mancare di coinvolgere tutte le realtà associative cittadine.
Ci sono imperfezioni e cose ancora da fare? Certo, chi è privo di difetti, scagli la prima pietra. Però il valore enorme di Torino sta nella co-progettazione con i cittadini attivi sui temi dell’accessibilità e nell’unire la competenza dei tecnici e la responsabilità della politica, con l’esperienza delle Associazioni di persone con disabilità. Questo approccio ha portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Niente è stato fatto per i cittadini con disabilità senza di loro.
Torino come sempre sarà all’avanguardia e insegnerà e imparerà da altre città. Mentre ci prendiamo un caffè in Piazza San Carlo, il “salotto buono”, teniamo gli occhi aperti sul lavoro da svolgere, ma allo stesso tempo godiamo di una città che sta vestendo da anni i panni dell’Universal Design, detto anche il “caso Torino”, in molti àmbiti. Discreti come sempre, ma già presenti nel futuro.