Il TAR della Campania (Tribunale Amministrativo Regionale), tramite la Sentenza n. 7385 del 28 novembre scorso, ha annullato la decisione del GLO di una scuola (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), che aveva stabilito per un alunno con disabilità grave di scuola primaria la cattedra intera di sostegno di 22 ore, assegnando invece un numero di ore pari alla durata della frequenza di tutte le lezioni. Il Tribunale ha motivato il provvedimento con il fatto che altrimenti l’alunno non avrebbe avuto l’assistenza didattica necessaria, rimanendo “scoperto” per alcune ore di lezione.
Tale Sentenza non è l’unica né la prima in tal senso. Anche il TAR della Toscana, infatti, si era pronunciato in più occasioni in modo simile (se ne legga a questo link). Quel che però meraviglia è la motivazione e cioè che, per realizzare una buona qualità dell’inclusione, sia necessaria la “copertura” totale di tutte le ore di lezione con un docente per il sostegno. Se ciò fosse vero, infatti, i pedagogisti speciali, prima ancora dei giudici, avrebbero scritto volumi su tale inderogabile inflessibile certezza pedagogica. Purtroppo però per tali provvedimenti giudiziali, i pedagogisti più accreditati hanno sempre sostenuto che la buona inclusione scolastica non si realizza con la “quantità” delle ore di sostegno, ma con la loro “qualità”.
La qualità, ovviamente, consiste nella specializzazione e nell’esperienza dei docenti per il sostegno assegnati, ma sussiste pure nell’evitare situazioni francamente assurde, come quella di assegnare ad un alunno più docenti per il sostegno, ciò che accade qualora si stabilisca un numero di ore superiore a quello di cattedra, salva l’ipotesi-limite di aumentare sino a sei ore, con lo straordinario consentito per legge, l’orario del medesimo docente. Ciò però comporta ovviamente un aumento di costi per l’Erario, come avviene se si assegna un numero di ore pari al numero di ore di lezione.
C’è da chiedersi anche, se in presenza di un numero di ore indicato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), il Giudice possa aumentare il numero ivi stabilito. A tal proposito il TAR del Lazio si è pronunciato negativamente solo nei confronti della decisione di un Dirigente Scolastico che aveva ridotto il numero di ore di sostegno assegnate (se ne legga a questo link), con la logica motivazione che i membri del GLO conoscono decisamente meglio i bisogni educativi dell’alunno. Lo stesso criterio dovrebbe dunque adottarsi anche da parte del Giudice che conosce l’alunno solo attraverso le carte processuali e dovrebbe pertanto attenersi al numero di ore indicato nel PEI.
Si potrebbe ulteriormente osservare che quella citata sentenza del TAR del Lazio era stata pronunciata in difesa del diritto alla non riduzione del numero di ore di sostegno, mentre in questo caso siamo in presenza di una decisione giudiziale che aumenta tale numero, sempre in difesa del diritto alla massimizzazione del numero di ore.
Anche qui, come nel caso precedente, non si dovrebbero fare calcoli di costi, stante la costante giurisprudenza costituzionale che in presenza del diritto allo studio degli alunni e delle alunne con disabilità – protetto appunto costituzionalmente -, non è il diritto stesso dell’alunno a dover cedere rispetto ai vincoli di bilancio, ma è il bilancio che deve cedere rispetto a tale diritto.
Il vero problema rimane quindi in cosa consista realmente la qualità dell’inclusione scolastica. E la risposta dei pedagogisti più accreditati, in aggiunta a quanto già detto, è che essa sia costituita pure dalla preparazione dei docenti curricolari che hanno in classe l’alunno. Qui si tratta infatti di alunni e alunne che frequentano le scuole comuni e non speciali e quindi debbono essere per legge presi in carico non dal solo docente per il sostegno, ma anche da tutti i docenti curricolari. Anzi, con il Decreto Interministeriale 182/20, ormai pienamente vigente, per la qualità dell’inclusione scolastica è necessario tener conto del «contesto della scuola», con la valutazione delle «facilitazioni e delle barriere» ivi presenti, ai fini del calcolo del numero di ore di sostegno da assegnare. Tra le barriere, dunque, potrebbe anche rilevarsi la mancata formazione sulla pedagogia e sulle didattiche inclusive da parte dei docenti curricolari, cosa ancora assai diffusa nelle nostre scuole e totalmente ancora assente nella normativa, salve le disposizioni in proposito del Decreto Legge 36/22 (convertito con modificazioni nella Legge 79/22, ma ancora solo sulla carta, data la recente pubblicazione di tale normativa in Gazzetta Ufficiale e la non ancora avvenuta emanazione dei Decreti Applicativi.
Non rimane dunque ormai che attendere l’esito dell’appello, sempre che l’Ufficio Scolastico Regionale o, in sua surroga, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, vogliano proporlo contro questa “strana” Sentenza. A suo tempo così fece, motu proprio, il Ministero dell’Istruzione contro la Sentenza del TAR del Lazio che aveva annullato il Decreto Interministeriale 182/20.
È per altro da supporre che, dovendo il nuovo Ministero far rispettare il “merito” anche del sistema di istruzione e della qualità dell’inclusione, non attenda la scadenza dei termini per proporre appello contro questa Sentenza, il cui annullamento (o, al più tardi, l’annullamento della decisione di merito conforme alla Sentenza stessa) farebbe chiarezza sul concetto della qualità dell’inclusione scolastica. E tale decisione chiarificatrice sarebbe provvidenziale, dato il gravissimo ritardo di tanti Governi succedutisi nell’emanare il Decreto Ministeriale applicativo dell’articolo 4 del Decreto Legislativo 66/17, relativo all’individuazione degli indicatori per misurare la qualità inclusiva realizzata nelle singole classi e nelle singole scuole.