Articolazioni lasse e instabili, pelle estensibile e delicata, ecchimosi per traumi molto lievi, lenta guarigione delle ferite con formazione di cicatrici anomale: questi sono i principali tratti caratteristici comuni di alcune rare malattie ereditarie del tessuto connettivo, raggruppate nella cosiddetta “sindrome di Ehlers-Danlos” (EDS).
Il nome deriva da due medici che, separatamente, agli inizi del Novecento descrissero tali patologie. Nel corso degli anni, poi, sotto la dizione di sindrome di Ehlers-Danlos si è arrivati a comprendere ben dieci forme diverse, alcune descritte addirittura in una sola famiglia o in un numero limitatissimo di casi.
Per altro una sottoclassificazione così estesa non facilitava né la diagnosi né la prognosi, cosicché nel 1998 un gruppo di clinici e di genetisti ha affrontato una revisione radicale della classificazione, fornendo criteri diagnostici più agili che tenessero conto anche dei dati molecolari emersi negli anni più recenti.
I tipi di EDS sono stati quindi ridotti a sei, ciascuno dei quali rappresenta una malattia geneticamente distinta, dovuta a un ben preciso difetto molecolare.
La prevalenza stimata è di 1 caso su 5-10.000 nati, senza distinzione di sesso o gruppo etnico; tutti i tipi, tranne quelli cifoscoliotico e con dermatosparassi (cute fragile e che si strappa facilmente), sono a trasmissione ereditaria dominante (ovvero derivante da un’alterazione del DNA rappresentata in un solo elemento di una coppia di cromosomi) e come già detto, le manifestazioni maggiori sono a carico di pelle, articolazioni, tendini.
Il tipo più diffuso è il classico, con articolazioni ipermobili e instabili e tessuti abnormemente elastici e fragili che causano difficile cicatrizzazione, ecchimosi, ernie, prolassi e, occasionalmente, periodontite.
L’eccessiva mobilità articolare può determinare ipotonia muscolare e dolori articolari diffusi e progressivi, tanto che nell’età adulta la difficoltà nel muoversi e il dolore diventano forse il problema maggiore che il paziente EDS deve affrontare. In almeno la metà dei casi studiati, il difetto genetico è nel collagene V, componente minore di pelle e tendini.
Simile al precedente è il tipo ipermobile in cui, come suggerito dal nome, i sintomi prevalenti riguardano l’ipermobilità articolare e, a differenza che nel tipo classico, la fragilità tissutale è meno significativa e il difetto molecolare è tuttora sconosciuto.
Anche in questa forma l’ipotonia muscolare e le difficoltà motorie e il dolore che ne derivano rappresentano il problema maggiore per i pazienti.
Il tipo più grave di EDS è quello vascolare, in cui il coinvolgimento delle articolazioni è minimo e limitato alle piccole articolazioni (mani e piedi), ma nel quale è prevalente la fragilità tissutale: la pelle è sottile e trasparente, i grandi vasi sanguigni e le pareti degli organi cavi (utero e intestino) sono fragilissime e possono andare incontro a rotture spontanee. Casi di questo genere, tra i trenta e i quarant’anni, a carico di un’arteria, sono la più comune causa di morte in questi pazienti. Il difetto genetico è nel collagene III, componente della pelle e delle pareti vasali.
I tipi cifoscoliotico, con artroclasia (rottura di un’articolazione) e con dermatosparassi sono molto più rari e i problemi articolari e cutanei sono dovuti a difetti nella corretta maturazione del collagene I, componente maggiore, oltre che dell’osso, di pelle e tendini.
L’estrema variabilità clinica e la rarità della malattia rendono difficile una diagnosi corretta e spesso il paziente peregrina da uno specialista all’altro senza arrivare a una soluzione.
Lo studio dei collageni prodotti dalle cellule ottenute da una biopsia cutanea può in qualche caso essere d’aiuto, soprattutto se si sospetta una forma di tipo vascolare che riduce l’aspettativa di vita del paziente.
L’EDS è dovuta a difetti in proteine strutturali presenti in molti tessuti e quindi gli interventi terapeutici possono, allo stato attuale, essere solo sintomatici, come ad esempio il trattamento delle lussazioni, la fisioterapia, la terapia del dolore.
Ad occuparsi in Italia delle sindromi di Ehlers-Danlos vi è l’Associazione Italiana per la sindrome di Ehlers-Danlos (AISED) che offre materiale informativo sulla patologia ai pazienti e alle loro famiglie, ai medici di base e ad operatori sanitari e riabilitativi che abbiano a che fare con la malattia.
La sede è presso il Centro per lo Studio delle Malattie Connettivali del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Pavia, dove si effettuano gli screening dei collageni prodotti dai fibroblasti cutanei.
L’EDS è compresa nell’elenco delle malattie rare stilato dal Ministero della Salute e l’AISED fa parte della Consulta per le Malattie Rare voluta dal Ministero stesso.
c/o Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena
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Testo tratto (e successivamente aggiornato) da DM 145 (aprile 2002), periodico della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).