Vincitore del premio Paesaggi Umani 2004, il film Come prima tratteggia il periodo successivo all’incidente dell’adolescente Andrea, interpretato da Fabio Matteo Chiovini, e ne analizza il percorso di accettazione dell’acquisita disabilità.
Prodotto dall’Associazione Culturale Cinema Indipendente.it, con il supporto organizzativo della casa di produzione Officina Film, si tratta di un work in progress «aperto alla partecipazione di sponsor e sostenitori che si dichiarino solidali al progetto e ne garantiscano la realizzazione».
Il film, infatti, viene diffuso in modo informale, tramite proiezioni pubbliche organizzate da chi ne faccia richiesta, fuori dai circuiti ufficiali. Questa volta tocca a Milano (Teatro della Cooperativa, giovedì 12 maggio, ore 21), dove l’ingresso costa 4 euro.
Nel cast, oltre al protagonista e ad altri giovani attori scelti tra gli allievi di scuole teatrali milanesi (Mattia De Gasperis, Adele Castiglioni e Antonio Pisu), nel ruolo del padre del protagonista c’è l’attore Giuseppe Cederna, già in Marrakesh Express e Mediterraneo di Gabriele Salvatores, Il partigiano Johnny di Guido Chiesa e El Alamein di Enzo Monteleone.
«La storia di Andrea è una storia positiva dal finale aperto», racconta Mirko Locatelli, regista di Come prima. «Il messaggio è che comunque, disabili o no, la vita riserva a tutti cose belle e cose brutte e, seduti o in piedi, vanno affrontate. Vorrei che le persone smettessero di pensare ai disabili come poveri sfortunati o persone deboli. Certo, un handicap fisico può essere limitante, ma il valore di una persona o il grado di felicità non vanno misurati su quei limiti. Una persona, qualunque sia la propria condizione fisica, ha un valore unico, per i propri sentimenti, le proprie passioni e i difetti; so che può essere considerato un concetto scontato, banale, ma mi rendo conto invece che non lo è affatto, neppure per i disabili stessi; molti vedono una soluzione possibile ai problemi solo con la scomparsa della disabilità, e dimenticano di coltivare i propri interessi, di crescere, di realizzarsi così come sono».
«Nel mio film – continua Locatelli – il ragazzo disabile non è il classico ragazzo speciale, o se lo sarà non lo sarà di certo in quanto disabile, ma nella misura in cui lo sono i suoi coetanei, come un ragazzo di diciassette anni che cerca una strada, come tutti gli altri, e lo sarà come lo è il mondo, abitato da personaggi belli, attraenti, malvagi, ottusi, onesti, divertenti, sgraziati: sarà una voce, un corpo e un’anima come tante altre nel cinema, parlerà di sé in modo naturale e troverà una strada proprio grazie a questo».