Primi bilanci sull’amministratore di sostegno

a cura di Michele Costa*
Ad un anno e mezzo dall'introduzione dell'amministratore di sostegno, con la Legge 6/2004, tracciamo un'ampia analisi di questo nuovo istituto - strumento fruibile per ogni tipologia di disabilità - tenendo conto anche delle più recenti sentenze

La Legge 6/2004 (9 gennaio 2004) ha istituito da una parte la figura dell’amministratore di sostegno e ha riformulato e riadattato, dall’altra, gli istituti tradizionali dell’interdizione e dell’inabilitazione.
Mano atteggiata in segno di okSenza dubbio questa significativa opera di ristrutturazione del Titolo XII del Codice Civile ha rappresentato la presa di coscienza del Legislatore circa l’esigenza di modificare il modo di pensare e realizzare la tutela delle persone socialmente più deboli.
Sembra allora facile intuire che nella logica della gradualità e modularità degli interventi la strategia istituzionale sia rivolta alla predisposizione di un sistema elastico e graduale di assistenza, che possa consentire l’effettiva presa in carico della persona bisognosa attraverso forme d’intervento non precostituite e rigide, ma da costituire a seconda delle peculiarità del caso concreto.

L’amministratore di sostegno può essere nominato quando la persona, per effetto di un’infermità, ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di espletare autonomamente le funzioni della vita quotidiana.
La nomina avviene mediante decreto del giudice tutelare del luogo in cui l’assistito ha la residenza o il domicilio e nel procedimento il giudice può disporre di tutti i mezzi istruttori utili ai fini della decisione.
Atto d’impulso della procedura è il ricorso al predetto giudice, che può essere proposto dal beneficiario stesso anche se minore ovvero interdetto o inabilitato, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore, dal pubblico ministero. Sono legittimati a proporre il ricorso anche i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona.
Significativo è che la legge abbia previsto il termine entro il quale dev’essere nominato l’amministratore, e cioè entro 60 giorni che decorrono dalla data di presentazione del ricorso; questa previsione assolve ad esigenze di certezza del diritto da una parte ed evita dall’altra le lungaggini procedurali che caratterizzano i procedimenti per la declaratoria dello stato di interdizione e di inabilitazione.

La grandissima novità di questa riforma sta nell’aver inserito accanto agli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, comportanti effetti giuridici standardizzati e pertanto essenzialmente rigidi nella loro consistenza, una nuova forma di tutela che si caratterizza e si distingue dalle altre proprio in ragione della sua elasticità.
L’amministrazione di sostegno, infatti, è un istituto che può essere modellato sulla base delle specifiche esigenze del caso concreto ed evade dalle determinazioni aprioristiche ed essenzialmente statiche proprie dell’interdizione e dell’inabilitazione.
Potenzialmente è la condizione dell’individuo che può orientare il contenuto dell’istituto giuridico posto in funzione della sua tutela e non più l’istituto giuridico a determinare in modo rigido le possibilità civili del soggetto; determinanti l’interdizione e l’inabilitazione, determinata l’amministrazione di sostegno.
Non si può negare che l’interdizione – istituto che alla luce della nuova configurazione normativa può ormai ritenersi residuale, concepibile come provvedimento estremo di tutela – abbia costituito talvolta un rimedio eccessivamente severo, prevalentemente funzionale agli interessi dei familiari e dei terzi nonché dell’incapace.
L’amministrazione di sostegno, invece, è stata concepita per dar luogo ad effetti suscettibili di variare da caso a caso, in quanto i poteri dell’amministratore non sono precostituiti per legge, ma definiti dal decreto di nomina e ispirati agli effettivi bisogni e alle effettive condizioni della persona che richiede assistenza.
La Legge 6/2004 prevede infatti che sia il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno ad indicare oltre all’oggetto dell’incarico gli atti che l’amministratore debba compiere in nome e per conto del beneficiario e gli atti che il beneficiario possa compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno. Ne deriva che il beneficiario potrà conservare la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedano la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore.

Come possiamo dedurre, il compito dell’amministratore può essere adeguatamente modulato a seconda delle peculiarità che il caso presenta nella sua concretezza.
Se gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione erano stati concepiti per tutelare soggetti non ritenuti in grado di provvedere totalmente o parzialmente ai propri interessi, perché affetti da un’infermità mentale più o meno grave, ed erano quindi strettamente ascrivibili all’ambito delle disabilità di tipo psichico, l’istituto dell’amministrazione di sostegno si estende ad un novero più ampio di soggetti bisognosi e coinvolge anche coloro che siano affetti da disabilità di tipo motorio come la distrofia muscolare. Il Legislatore, infatti, ha adottato una formulazione generica, riferendosi in via aspecifica alla mancanza di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana.
Tale condizione potrebbe avere anche carattere transitorio: il tempo dell’amministrazione di sostegno, infatti, può anche essere preventivamente circoscritto ad un determinato lasso, pensiamo ad esempio alle vittime di incidenti stradali gravi che si trovino in uno stato transitorio di non autosufficienza.

La giurisprudenza di merito sembra aver recepito gli orientamenti del Legislatore e già in diverse occasioni ha dato conferma dell’ampia fruibilità dell’istituto.
Citiamo per tutte una sentenza del Tribunale di Bari del 15 giugno 2004 (reperibile nella rivista «Diritto e Giustizia», 2004, f. 28), in cui si è affermato che «ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno non si richiede che il soggetto sia privo in tutto o in parte della capacità di intendere o volere, perché la legge impone uno scrutinio correlato ad aspetti pratici e concreti, in termini di incapacità o difficoltà durevole nell’esercizio dei propri diritti ovvero nel fronteggiare le necessità quotidiane. In tal senso, le patologie che menomano le facoltà di locomozione, la condizione di isolamento per essere privi di familiari conviventi, lo stato di abbandono nella vita quotidiana, costituiscono validi presupposti per addivenire alla nomina dell’amministratore di sostegno».
Significativo anche un ancor più recente Decreto del Tribunale di Modena, del 24 febbraio 2005, che ha riconosciuto la possibilità di ricorrere all’istituto da parte di persona anziana la cui condizione di difficoltà derivava esclusivamente dall’età avanzata.

Dal punto di vista operativo sarà auspicabile che il ricorso sia adeguatamente strutturato e adeguatamente argomentato, tale cioè da permettere al giudice di poter ben comprendere la situazione attuale del soggetto e al contempo di orientarsi verso la soluzione più idonea a fronteggiare le esigenze di assistenza. Infatti, sebbene i compiti dell’amministratore di sostegno vengano definiti solo nel decreto di nomina, una loro accurata e argomentata contemplazione già in sede di ricorso potrà senz’altro fornire al giudice l’indirizzo da seguire.
L’amministratore potrebbe essere designato per atto pubblico o scrittura privata autenticata anche dal beneficiario stesso, a futura memoria: in questo caso il giudice tutelare potrebbe discostarsi dalla volontà del designatore solo per gravi motivi.
Nella scelta il giudice dovrà preferire, se possibile, il coniuge che non sia legalmente separato, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, i figli, il fratello, la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite.
Nello svolgimento dei suoi compiti, l’amministratore dovrà tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, rispettando l’oggetto dell’incarico senza eccedere i poteri conferitigli dal giudice. Ove poi alcuni atti esorbitassero questi limiti essi potrebbero essere annullati e lo stesso amministratore potrebbe essere rimosso dall’incarico ove non svolgesse correttamente le sue funzioni.

In conclusione dobbiamo di nuovo sottolineare l’importanza di questa riforma, che senza dubbio ha comportato un salto di qualità del nostro sistema.
L’adattabilità dei suoi contenuti, la velocità della procedura, la conseguente limitazione chirurgica della capacità di agire del soggetto beneficiario, fanno dell’amministrazione di sostegno un strumento fruibile per ogni tipologia di disabilità, nel rispetto formale e sostanziale della persona umana.

*Informarecomunicando, Centro di Informazione per l’Handicap, UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), Sezione di Pisa.

Testo tratto dal sito www.informarecomunicando.it.

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