In merito alla Convenzione sui Diritti e la Dignità delle Persone con Disabilità, in discussione all’ONU, Pietro V. Barbieri e Giampiero Griffo hanno già riferito in precedenti articoli pubblicati in questo sito.
Ora però vorrei anch’io contribuire al dibattito e introdurre altri elementi, affinché sia sempre più visibile e comprensibile la portata dell’evento.
1. Ruolo ufficiale del Consiglio Nazionale sulla Disabilità
Innanzitutto, a questa sesta sessione dell’Ad Hoc Committee, a differenza che nei meeting precedenti, il Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) ha ottenuto di partecipare quale componente della delegazione ufficiale italiana.
Tale partecipazione fa sì che i suoi delegati, Giampiero Griffo e Pietro Barbieri, saranno membri effettivi della delegazione stessa.
Il CND, inoltre, si è accreditato autonomamente presso l’Ad Hoc Committee ed è stato riconosciuto come titolare di requisiti tali da poter partecipare, in ogni caso, alle sedute del Comitato. Questa doppia presenza permetterà al CND di partecipare a pieno titolo sia alle riunioni di delegazione che a quelle del Caucus.
Sarà già noto a chi si occupa di questi temi che l’International Disability Caucus (IDC) è un organismo che costituitosi presso il Comitato Ad Hoc quale rappresentante delle Associazioni che si occupano della disabilità e nei lavori dell’Ad Hoc Committee esso suggerisce, confronta, censura e appoggia le discussioni delle delegazioni ufficiali.
2. Donne e bambini
Fatta questa premessa, utile a far conoscere i risultati dell’incessante lavoro di pressione sul Ministero degli Affari Esteri (Capofila della Delegazione Italiana), vorrei passare ad illustrare i punti sensibili dei lavori del sesto meeting e che i nostri delegati a New York hanno ben chiari.
Essi sono quelli inerenti alla condizione delle donne con disabilità (articolo 15 bis), ai minori con disabilità (articolo 16), all’educazione (articolo 17) e nuovamente alla questione legata alla capacità legale per gli articoli successivi al n. 9 e che hanno stretta relazione con l’argomento.
3. Capacità legale
Inizierei proprio da quest’ultimo argomento, sottolineando la posizione delle persone con disabilità che vedono con timore le osservazioni ansiose di molti Stati (ma anche di alcune Organizzazioni Non Governative), circa il grosso rischio di abuso associato al “supporto nelle decisioni”. Questa ansietà appartiene al concetto ormai obsoleto, se non antistorico e antidemocratico, che la persona con disabilità, perché disabile, necessiti di qualcuno che lo “sostituisca nelle decisioni”.
Il Caucus preme affinché possa essere abbandonato questo concetto a favore di quello che permette un supporto misurato sulle necessità e capacità delle persone con disabilità.
Il Caucus suggerisce altresì e preme affinché la Convenzione arrivi a definire le misure per prevenire ed evitare tali abusi e regolamentare il “supporto nelle decisioni” attraverso leggi e garanzie legali di protezione.
La legge italiana sull’Amministratore di Sostegno, tanto per fare un esempio, va in questa direzione.
4. Inserire un articolo sulle donne con disabilità…
Altro punto critico è quello riguardante la necessità di inserire un articolo sulle donne con disabilità.
Qui si è aperta una discussione sull’opportunità o meno di inserire tale articolo (compreso quello sui bambini), in quanto esistono già la Convenzione del Fanciullo (Convention on the Rights of the Child, CRC) e la Convenzione sull’Eliminazione delle Discriminazioni contro le Donne (Convention on the Elimination of all forms of Discrimination Against Women, CEDAW).
Per quanto riguarda la condizione delle donne con disabilità, a nostro parere è necessario se non indispensabile l’inserimento di un articolo specifico.
Nel nostro mondo occidentale, infatti, la parità donne/uomini è una conquista che almeno nei documenti giuridici e nelle discussioni teoriche è un principio assodato. Poi, nella pratica, le donne soffrono molte discriminazioni, e le donne con disabilità purtroppo ancor di più.
Dobbiamo tener presente inoltre che la Convenzione sarà discussa ed eventualmente sottoscritta anche da Paesi dove la donna occupa nella scala sociale posizioni di netta inferiorità rispetto agli uomini. In questi ultimi è lo stesso ordinamento giuridico a fissare questa posizione sociale inferiore. Addirittura alcuni di essi hanno chiesto la riserva sulla CEDAW (cioè la possibilità di sottoscrivere, ma non ratificare) perché tale Convenzione mette fuorilegge le proprie normative e culture nazionali sessiste.
Allora un articolo specifico che parli dei diritti delle donne con disabilità è assolutamente indispensabile, perché porta di nuovo al giusto livello di attenzione il diritto delle donne con disabilità ad essere riconosciute come persone, prima ancora che persone con disabilità.
5. …e anche un articolo sui bambini con disabilità
Passiamo ora all’articolo riguardante i bambini (0-18 anni come indicato nella Convention on the Rights of the Child) o minori con disabilità.
Anche qui esistono i due filoni di pensiero, vale a dire se inserire o meno un articolo specifico.
La Convenzione del Fanciullo è stato il primo documento internazionale sui diritti umani di stampo generalista (cioè non specificamente rivolto a una categoria di destinatari) a dedicare un articolo al tema della disabilità (articolo 23), la cui presenza all’interno della Convenzione non limita in alcun modo l’applicazione di tutto il documento alla situazione del bambino con disabilità, che quindi, come tutti, deve poter godere di diritti collegati ad alcuni principi fondamentali:
– non discriminazione (articolo 2);
– migliori interessi del bambino (articolo 3);
– sopravvivenza e sviluppo (articolo 6);
– partecipazione attiva del fanciullo (articolo 12).
6. Punti forti e punti debole della Convenzione del Fanciullo
Riportiamo una parte del testo dell’articolo 23 della Convenzione del Fanciullo:
«Gli Stati membri riconoscono che i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità, favoriscano la loro autonomia e agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità.
Gli Stati membri riconoscono il diritto dei fanciulli handicappati di beneficiare di cure speciali e incoraggiano e garantiscono, in considerazione delle risorse disponibili, la concessione, dietro richiesta, ai fanciulli handicappati in possesso dei requisiti richiesti, e a coloro i quali ne hanno la custodia, di un aiuto adeguato alle condizioni del fanciullo e alla situazione dei suoi genitori o di coloro ai quali egli è affidato.
In considerazione delle particolari esigenze dei minori handicappati, l’aiuto fornito in conformità con il paragrafo 2 del presente articolo è gratuito ogni qualvolta ciò sia possibile, tenendo conto delle risorse finanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il minore è affidato. Tale aiuto è concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano effettivamente accesso all’educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro e alle attività ricreative e possano beneficiare di questi servizi in maniera atta a realizzare la più completa integrazione sociale e il loro sviluppo personale, anche nell’ambito culturale e spirituale».
Tralasciando il fatto che il linguaggio usato per definire il bambino con disabilità è tipico del momento storico (handicappato), la Convenzione in questo articolo identifica anche per esso le condizioni indispensabili alla difesa della sua dignità di persona e ritiene necessario supportare le differenze per poter usufruire dei diritti della Convenzione stessa.
Riconoscendo la difficoltà che il bambino con disabilità incontra nella vita quotidiana a causa della menomazione che ha determinato la disabilità stessa, in nome del diritto all’uguaglianza, egli ha diritto ad avere maggiori aiuti rispetto agli altri bambini.
Ecco la giustificazione ad un articolo dedicato ai bambini con disabilità.
7. Le interpretazioni della parola “speciale”
Sfortunatamente nel corso degli anni la parola speciale è stata interpretata in modo tale che l’articolo 23 ha incoraggiato, se non giustificato la:
– Segregazione: l’articolo 23 ha incoraggiato la tendenza a categorizzare e indirizzare i bisogni dei bambini disabili separatamente, come se tutti i loro bisogni fossero speciali e diversi e come se loro non avessero niente in comune con gli altri bambini.
– Elusione: la frase «dove le risorse lo permettono» ha fornito e fornisce una “clausola evasiva” che incoraggia il non adempimento. Essa implica che i bambini disabili possono avere accesso ai loro diritti solo se non sono troppo costosi e inoltre può indurre la domanda: se un bambino disabile è meritevole di risorse quanto un bambino non disabile. La Convenzione è consapevole che le risorse non sono infinite, ma comunque i bambini hanno il diritto di usufruire di tutte le risorse messe a disposizione dai loro governi (articolo 4).
– Approccio ai bisogni individuali: l’articolo 23 si riferisce a «cure speciali», «assistenza», «trattamento medico, psicologico e funzionale» e a «riabilitazione», ognuno dei quali potrebbe essere necessario. Ma l’articolo insinua anche che gli unici problemi che i bambini disabili devono affrontare sono solo quelli che hanno a che fare con le loro individuali menomazioni e limitazioni. Non menziona i problemi e gli ostacoli nell’ambiente e nella società che impediscono l’accesso e la partecipazione ai bambini disabili stessi.
Il nostro timore, quindi, non è eccessivo, visto che anche gli strumenti di monitoraggio della Convenzione hanno posto il bambino con disabilità solo nelle sezioni riguardanti la salute e i servizi sanitari e anche i rapporti che i governi sono obbligati a presentare, così come le Organizzazioni Non Governative che operano nell’ambito dell’infanzia, non inseriscono mai trasversalmente la disabilità all’interno di essi: di solito piccoli paragrafi se non addirittura la non menzione. E di solito la non menzione significa che non ci si è posti il problema.
8. Valori da salvaguardare
Nelle bozze della Convenzione in discussione in questi mesi che sono state diffuse e poste all’elaborazione è stato inserito l’articolo 16, dedicato ai bambini con disabilità. Poiché, in parte, esso è basato sull’articolo 23 della Convenzione del Fanciullo, richiamiamo la massima attenzione alle opportunità e ai limiti che detto articolo ha fornito alla tutela dei diritti del bambino e che abbiamo appena descritto.
Nel caso si arrivasse alla decisione di non inserire un articolo specifico sui minori, riteniamo indispensabile la scrittura nel testo di un rimando ai quattro valori fondamentali e all’indivisibilità dei diritti, per escludere il rischio di emarginazione e di elusione e permettere al bambino con disabilità di godere pienamente, al pari di ogni bimbo – come previsto nella Covention on the Rights of the Child – e di ogni persona con disabilità – come previsto nella futura Convenzione – di tutti i diritti.
9. Educazione speciale e inclusiva
E arriviamo alla questione inerente l’educazione, inserita nell’articolo 17.
Su questo argomento si abbatte la lotta violenta tra i fautori dell’educazione speciale e quelli che si battono per il diritto a un’educazione inclusiva.
Una lotta che sarà aspra e che lascerà molti “feriti” sui campi di battaglia. Nell’ultimo incontro di preparazione a Londra, organizzato dalla Presidenza europea inglese, il presidente dell’Unione Europea dei Ciechi (EBU, European Blind Union) ha rivendicato con un comunicato ufficiale il diritto per i propri associati a pretendere e ad avere garantita l’educazione speciale.
Noi preferiamo la tesi portata avanti dall’European Disability Forum (EDF) sull’articolo 17, dove, molto equilibratamente, si richiama il principio secondo il quale gli Stati membri devono riconoscere il diritto di tutti i minori, i giovani le donne e gli uomini con disabilità ad un’educazione di qualità alla pari di ogni altra persona.
Inoltre, si chiede loro di assicurare che nessun bambino con disabilità possa essere escluso dall’educazione primaria e obbligatoria perché disabile.
Il nostro parere, esplicitato con specifiche comunicazioni, è quello di inserire anche il riconoscimento del ruolo dei genitori nell’ambito della consultazione sui programmi e gli sviluppi educativi dei loro figli con disabilità (questo sempre nel rispetto della Convenzione del Fanciullo e nello specifico degli articoli 5 e 27).
Questo, dunque, è un primo quadro di quanto si sta andando a discutere nei prossimi giorni nel corso della sesta sessione dell’Ad Hoc Committee.
Saranno giorni di fuoco, e non solo per il fatto che ad agosto New York è bollente. Si stanno toccando infatti argomenti molto delicati e per i quali a qualcuno è richiesto di cambiare completamente approccio.
I nostri rappresentanti, che partono da una cultura nazionale molto inclusiva, avranno un bel daffare nelle discussioni. Ma loro sono bravi, non per niente abbiamo mandato proprio loro.
*Presidente del Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND).
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