Il grande giorno è arrivato e finalmente la sesta sessione dell’Ad Hoc Committee ha avuto inizio! La sede è una sala ovale con due grandi schermi, sui quali viene proiettato il testo degli articoli della Convenzione in discussione.
Al centro, su un palco accessibile, è posta la Presidenza, mentre la gran parte della sala – anch’essa totalmente accessibile – ospita le postazioni delle delegazioni dei Paesi membri (attrezzate secondo le diverse esigenze) ed attorno ad esse i rappresentanti del movimento delle persone con disabilità.
Uno sguardo d’insieme non coglie differenze, poiché tutti sono inclusi: le persone con disabilità, infatti, sono sul palco, tra le delegazioni dei Paesi membri e naturalmente tra le Organizzazioni Non Governative (ONG).
Figurano inoltre diversi “consiglieri” con disabilità sia tra le delegazioni dei Paesi dell’Unione Europea, come quella italiana, inglese, danese, austriaca, tedesca, finlandese, svedese, sia tra quelle dei Paesi in via di sviluppo, come la Corea, la Bosnia Erzegovina, la Croazia, la Serbia Montenegro, il Costarica e così via.
Arrivano le delegazioni!
La sessione è cominciata con un certo ritardo, a causa del prolungarsi delle operazioni di accreditamento delle delegazioni dei Paesi membri e delle Organizzazioni Non Governative. Avere un pass all’ONU, infatti, è un’esperienza piuttosto interessante e particolare. Prima di tutto è necessario essere accreditati o dai propri governi o – attraverso una procedura via Internet – dalle Organizzazioni Non Governative, con un anticipo di circa due mesi. Dopo essere stati inseriti nella lista di coloro che possono essere accreditati, vi sono in sede di sessione due uffici differenti – l’uno per i governi e l’altro per le Organizzazioni Non Governative – che accolgono le richieste, controllano l’identità di ognuno e, infine, rilasciano un badge con fotografia su supporti di colore diverso, in base alla rappresentanza. Il giallo viene utilizzato per la Presidenza dell’Ad Hoc Committee, il rosso per le delegazioni dei governi, il marrone, invece, per quelle delle ONG.
L’intera procedura dura circa tre-quattro minuti a persona, poiché le macchine fotografiche sono direttamente collegate a dei computer e a un sistema di plastificazione dei badge. Un sistema quindi rapidissimo e rispettoso delle regole di sicurezza, in quanto al palazzo dell’ONU, che si affaccia sulla prima strada di New York, si accede solo con questo pass speciale.
Un discorso diverso, naturalmente, è quello riguardante i turisti che accedono, al seguito di visite guidate, solo ad alcune aree del palazzo.
L’accessibilità
Una volta che il badge viene rilasciato, a seconda del suo colore si può avere accesso alle aree del palazzo a cui si è ammessi. Purtroppo, per quanto nell’edificio non vi siano barriere per l’accesso da un punto di vista “orizzontale”, solo pochi bagni sono accessibili.
A compensare questo aspetto, però, il ristorante self-service che si trova all’interno del palazzo è veramente economico e vi si può mangiare una varietà di piatti di tutte le più famose cucine del mondo.
I lavori hanno inizio
Anche se con un po’ di ritardo, quindi, le operazioni di accreditamento finiscono e la sessione ha inizio.
L’ambasciatore MacKay – della Nuova Zelanda – assume la Presidenza dell’Ad Hoc Committee e adotta l’agenda del meeting, come anche l’intero piano organizzativo dei lavori, che prevedono – nell’arco di due settimane – la discussione degli articoli della Convenzione dal quindicesimo al venticinquesimo.
L’articolo 15 e il 24 bis
La discussione nell’ambito dell’Ad Hoc Committee, nella prima giornata di lavori della sua sesta sessione, è subito cominciata “ad alta temperatura”.
Principalmente si è discusso di temi inerenti all’articolo 15 – quello sulla vita indipendente e l’inclusione nella comunità – e della proposta di aggiungere un articolo, il 24 bis, sulla cooperazione internazionale allo sviluppo.
Mentre il primo tema, però, è stato discusso con relativa tranquillità, il secondo ha prodotto posizioni molto differenti, in quanto i Paesi in via di sviluppo chiedevano che le risorse disponibili provenienti dai fondi della cooperazione allo sviluppo dei Paesi ricchi fossero incluse e vincolate alla Convenzione.
Alla fine, però, la questione è stata accantonata. In realtà, infatti, i fondi della cooperazione – per quanto siano coperti con una “foglia di fico” che cerca di accreditare la buona volontà dei Paesi ricchi a sostenere lo sviluppo di quelli più poveri – vengono usati da essi come strumento di consenso rispetto alle proprie politiche estere, e quindi gli stessi Paesi non sono disposti a vincolarli ad obiettivi non decisi direttamente da loro.
In tutto ciò, magra la figura dell’Unione Europea (per i 25 Paesi membri parla solo quello che ne detiene in quel preciso momento la Presidenza, in questo caso il Regno Unito), dichiaratasi totalmente contraria all’introduzione nella Convenzione di un articolo su questo tema: una bella distanza, quindi, tra il dire e il fare!
Il Consiglio Nazionale sulla Disabilità
Intanto, parallelamente alle attività appena descritte, è continuata anche l’azione di lobbying del Consiglio Nazionale sulla Disabilità, al fine di riuscire ad includere nella discussione dell’International Disability Caucus il tema dell’educazione inclusiva anche per le persone sorde e per quelle cieche.
Proprio su questo è stato preparato un documento, Inclusive Education for All (“Educazione inclusiva per tutti”) sottoscritto dal Consiglio Nazionale Inglese, da Disability Australia e da varie organizzazioni nazionali.
Tale testo ha riaperto il dibattito sul tema dell’educazione inclusiva anche per le persone sorde e per quelle cieche e quindi una persona parlerà in Assemblea plenaria per sostenere la posizione in esso espressa.