Tornando a casa sul volo New York-Napoli, la prima sensazione è di stanchezza: è stata dura e spesso senza respiro!
Le sessioni dell’Ad Hoc Committee sono un tour de force. Si ha sempre la sensazione di essere al di sotto di quello che si potrebbe – e si dovrebbe – fare. Magari non si è riusciti a incontrare una persona, oppure un appuntamento è saltato, o non si ha avuto il tempo di scrivere un documento o di intervenire all’interno dell’International Disability Caucus. In realtà, il lavoro che si realizza in queste occasioni è sempre di grande valore, e i partecipanti ai lavori dell’Ad Hoc Committee per conto delle organizzazioni di persone con disabilità danno il meglio di sé, consapevoli che quello che viene deciso in questa sede influenzerà la vita di 600 milioni di persone nel mondo.
La seconda sensazione è di soddisfazione: il bilancio di quello che la delegazione del Consiglio Nazionale sulla Disabilità ha realizzato in queste due settimane di lavori – all’interno della delegazione ufficiale del governo italiano – è positivo, molto positivo.
Lo si rileva dagli incontri con i diplomatici italiani all’ONU – Andrea Cavallari, il primo consigliere della missione italiana alle Nazioni Unite, responsabile dei rapporti con l’Ecosoc (Economic and Social Council, il Comitato Economico e Sociale dell’ONU) e con le Organizzazioni Non Governative, e la consigliera Rosini – che hanno testimoniato un positivo interesse per quanto abbiamo fatto.
Lo si rileva anche dalla mole di lavoro svolta come advisors del capo delegazione, Urbano Stenta, del Ministero degli Esteri, e di Isabella Manichini, del Ministero del Welfare.
Infine, lo si può evincere anche dalla fitta rete di relazioni che in queste settimane sono state intrecciate con varie delegazioni governative, con le organizzazioni di persone con disabilità e con quelle Non Governative.
In particolare, la proposta di accordo di collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’Uganda e il lavoro trasversale svolto dall’Associazione DPI (Disabled Peoples’ International) e altre organizzazioni internazionali sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) rappresentano due risultati concreti.
I risultati della sesta sessione
Cerchiamo ora di riassumere gli esiti delle varie discussioni.
Prima di tutto, l’Ad Hoc Committee ha licenziato una seconda lettura del testo della Convenzione. In verità, alcuni articoli non sono mai stati discussi (come l’articolo 3, sulla definizione di disabilità), però complessivamente il testo definitivo si va delineando: si tratterà di circa 26, 30 articoli che trattano temi molto innovativi.
Il presidente dell’Ad Hoc Committee, l’ambasciatore Don MacKay, ha svolto in maniera egregia il compito di dirigere e coordinare i lavori. Anzi, ha fatto di tutto per accelerare i tempi della discussione. E proprio per questo motivo egli ha proposto di presentare un proprio testo di convenzione, riassuntivo dei punti su cui c’è accordo e di quelli ancora da discutere, per facilitare i lavori della prossima sessione.
Inoltre, durante i lavori del Comitato, egli ha nominato vari facilitatori che coordinassero le discussioni sui temi più controversi (le donne, i bambini, l’educazione, la cooperazione allo sviluppo). Ha poi anche chiesto che venga organizzato un meeting di esperti, prima della prossima sessione del Comitato, per smussare in forma tecnica quei punti del testo su cui c’è già accordo, e ha proposto, infine, che la settima sessione dell’Ad Hoc Committee – organizzata a gennaio del 2006, probabilmente a New York – abbia la durata di tre settimane.
Evidente, quindi, che MacKay spinge per chiudere i lavori entro la fine del 2006, anche perché proprio in quel periodo ha termine il suo mandato all’ONU.
I temi più discussi e controversi
Le donne e i bambini
I temi della Convenzione ancora controversi sono numerosi.
In merito alle donne e ai bambini, la proposta dell’International Disability Caucus di prevedere per loro sia un articolo specifico che un’attenzione particolare in ogni articolo pertinente, per ora non è passata.
Nel corso di questa sessione si è lavorato principalmente sulla seconda ipotesi, per verificare fino a che punto sia possibile inserire nel testo tutte le specificazioni necessarie.
Le resistenze dei governi (primi fra tutti quelli dell’Unione Europea) sono motivate dalla considerazione che la tutela delle persone con disabilità è gia garantita sia dalla Convenzione sui diritti del Fanciullo (Convention on the Rights of the Child, CRC), sia dalla Convenzione sull’Eliminazione delle Discriminazioni contro le Donne (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women, CEDAW).
In realtà – sostengono le organizzazioni di persone con disabilità – queste Convenzioni spesso dimenticano le stesse persone con disabilità, che non sono prese in considerazione soprattutto nei rapporti di monitoraggio. Inoltre, alcuni temi particolari come quelli legati alla bioetica (maternità, screening prenatali, terapie genetiche, eutanasia) o a questioni molto delicate (violenze e abusi, trattamenti non discriminatori), non sembra sia possibile inserirli nel testo della Convenzione senza introdurre per essi un articolo specifico.
L’educazione
Su tale tema la discussione è stata aspra e appassionata. La posizione delle associazioni internazionali dei sordi (World Federation of the Deaf, WDF), dei ciechi (World Blind Union, WBU) e dei sordo-ciechi (World Federation of the Deafblind, WFDB) di prevedere classi speciali per alunni sordi e ciechi, almeno nelle classi primarie, e di richiedere una tutela specifica per la lingua dei segni come lingua di minoranza culturale, è stata combattuta sia dal Consiglio Nazionale sulla Disabilità che da altre associazioni nazionali (particolarmente attive quelle del Regno Unito). Per questi ultimi, infatti, l’educazione inclusiva non può avere deroghe, in quanto prevede di garantire agli studenti con disabilità adeguati sostegni nei luoghi ordinari di studio e al momento le posizioni su questo tema risultano inconciliabili.
Queste discussioni, purtroppo, hanno indebolito la posizione dell’International Disability Caucus sull’educazione per tutti (l’International Disability Caucus, finora, ha sposato infatti le posizioni delle associazioni dei ciechi e dei sordi).
In particolare, la richiesta di classi speciali per specifici tipi di disabilità rischia di coinvolgere la questione delle persone con disabilità intellettiva, le quali nella quasi totalità dei Paesi del mondo non frequentano le classi ordinarie. Esse continuerebbero quindi ad essere segregate in istituti speciali. Il tema dell’educazione inclusiva, infatti, è ben lungi dall’essere risolto sia nei Paesi ricchi (si calcola che nei 25 Paesi membri dell’Unione Europea il 56% dei bambini con disabilità frequenti classi speciali) sia nei Paesi in via di sviluppo (qui i bambini con disabilità intellettive frequentano – dove esistono – istituti speciali). In questo modo, le resistenze dei governi all’educazione inclusiva si fanno scudo delle divisioni tra le associazioni.
Per cercare di aprire un dibattito e far emergere una posizione diversificata anche tra le organizzazioni internazionali di sordi e ciechi, all’interno della delegazione italiana è maturata l’idea di organizzare un seminario sull’educazione che metta in evidenza i risultati ottenuti dall’educazione nei luoghi ordinari anche per ciechi e sordi (oltre che per le persone che non possono rappresentarsi da sole). Questo sarà uno dei progetti del Consiglio Nazionale sulla Disabilità per i prossimi mesi, nel quale verrà coinvolto anche il governo italiano e le regioni.
Una seconda iniziativa proposta dalle organizzazioni di persone con disabilità – presenti alla sessione dell’Ad Hoc Committee e che sostenevano l’educazione inclusiva per tutti – riguarda la creazione di una rete di organizzazioni nazionali e internazionali a supporto di un manifesto che nei suoi contenuti vada in questa stessa direzione, influenzando positivamente i lavori del Comitato.
Anche la “cultura dei sordi”, fortemente rivendicata dalla World Federation of the Deaf, merita un breve approfondimento. Infatti, la proposta della delegazione australiana di introdurre l’articolo 17bis, che sottolineasse la tutela del linguaggio dei segni, scorporandola dal problema delle classi speciali, fa molto pensare. E il Consiglio Nazionale sulla Disabilità intende, in futuro, far emergere i limiti di questa impostazione che rischia di negare ai bambini sordi il diritto alla scambio e alla reciprocità con tutti gli altri bambini. Un diritto che in tante scuole d’Italia fa scegliere l’”oralismo” come linguaggio che favorisce la comunicazione e l’inclusione sociale.
La cooperazione allo sviluppo
A New York si è molto discusso anche della questione di introdurre un articolo specifico che riguardi la responsabilità degli Stati ricchi rispetto agli interventi di cooperazione allo sviluppo, i quali dovrebbero prevedere una maggiore attenzione verso i diritti delle persone con disabilità.
Una questione complessa, legata anche alle risorse per l’attuazione della Convenzione. I Paesi in via di sviluppo, infatti, sostengono che per quanto li riguarda – senza un adeguato sostegno economico – la Convenzione rischia di rimanere sulla carta. I Paesi ricchi, invece, non vogliono essere in alcun modo vincolati nell’utilizzo di questi fondi a dei princìpi stringenti e per questo motivo fanno delle pressioni affinché questo tema sia incluso nel preambolo oppure nell’articolo 4, sulle obbligazioni generali, come argomento generico di principio.
Tra i temi che hanno destato un certo interesse, rientra senza dubbio quello dello sviluppo inclusivo proposto dalla Banca Mondiale, visto che le politiche di sostegno allo sviluppo sono più efficaci e rispettose dei diritti umani se prevedono interventi che garantiscano l’inclusione di tutti, tra cui anche delle persone con disabilità.
Secondo tale impostazione, la questione non risulta quella di aumentare le risorse per le persone con disabilità, bensì di introdurre il maistreaming della disabilità in ogni progetto destinato allo sviluppo dei paesi poveri.
Il tema, comunque, è stato posto all’ordine del giorno, anche per la presa di posizione della Cina a favore di questo argomento. L’Unione Europea, finora, ha assunto in merito una posizione prudente, ma presto dovrà venire allo scoperto.
Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
Anche la questione di introdurre il tema della disabilità come una priorità nel documento conclusivo del Summit dei Millennium Development Goals (gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio) del prossimo settembre – a New York – ha fatto passi avanti.
Benché non sia direttamente collegata alle discussioni dell’Ad Hoc Committee, l’iniziativa portata avanti dalle organizzazioni delle persone con disabilità durante le settimane di lavori a New York, ha prodotto una certa pressione sull’ONU e sui governi. Iniziativa che si è sostanziata in una lettera indirizzata al presidente dell’Assemblea delle Nazioni Unite per il prossimo summit, Mr Ping, e nell’avvio di una campagna mondiale di sostegno alle richieste del movimento.
L’istanza di prevedere una specifica menzione della disabilità nel documento finale del Summit, la domanda di introdurre il maistreaming della disabilità in ogni progetto, l’impegno chiesto ai donatori pubblici e privati di impegnarsi per i diritti delle persone con disabilità, la richiesta di una delegazione delle stesse che parli al Summit: queste le domande che al momento sono alla base di un’azione di lobbying verso i singoli governi e delle manifestazioni indette il 10 settembre in tutto il mondo, a sostegno della campagna per la riduzione della povertà.
Il Caucus e le associazioni
In generale, i lavori della sesta sessione dell’Ad Hoc Committee hanno prodotto un avanzamento sostanziale nella discussione sulla Convenzione.
Prima di tutto il quadro culturale e giuridico di riferimento è senz’altro più chiaro e condiviso; inoltre, molti articoli – in particolare quelli su accessibilità, diritto al lavoro, vita indipendente – hanno iniziato a configurarsi in un testo anch’esso largamente condiviso.
Anche il lavoro di collaborazione tra le organizzazioni di persone con disabilità e i governi è divenuto più chiaro e accettato e lo stesso ruolo unitario dell’International Disability Caucus è risultato molto spesso positivo.
Quest’ultimo tema merita in particolare un approfondimento specifico.
L’International Disability Caucus ha svolto infatti un ruolo di mediazione di carattere sicuramente propositivo tra le diverse posizioni. Oggi, però, che si è arrivati al momento in cui è necessario prendere delle decisioni, è altrettanto necessario che si sviluppino modalità condivise e democratiche di discussione anche tra una sessione e l’altra dell’Ad Hoc Committee.
A tale scopo l’International Disability Caucus ha deciso di rendere permanente lo Steering Committee, che in queste due settimane ha avuto il compito di coordinare e gestire politicamente le attività del Caucus.
Questo organismo è formato dalle otto organizzazioni aderenti all’International Disability Alliance, da due rappresentanti di ogni continente e da alcune Organizzazioni Non Governative che vogliono sostenere le posizioni del Caucus: in tutto 22 membri.
Ora, per proseguire il dialogo e il confronto, è necessario che la discussione via posta elettronica coinvolga in maniera democratica tutte le organizzazioni aderenti al Caucus e che le rappresentanze dei continenti promuovano un coordinamento regionale su basi democratiche e partecipative, tenendo in considerazione tutte le posizioni.
Questo però implica anche che le organizzazioni che vogliono difendere le proprie posizioni – e pensiamo al problema dell’educazione inclusiva per i sordi e per i ciechi – debbano impegnarsi maggiormente nella discussione, sia partecipando ai lavori via e-mail, sia garantendo una folta partecipazione alla prossima sessione dell’Ad Hoc Committee.
Conclusioni
In conclusione, la discussione per una Convenzione internazionale comprensiva e integrale sulla protezione e promozione dei diritti umani e della dignità delle persone con disabilità sta facendo emergere che il movimento mondiale delle stesse, per quanto variegato e diversificato, rappresenta uno dei pochi movimenti di emancipazione su scala mondiale capace di organizzarsi e contare a livello internazionale, nazionale e regionale.
La tutela dei diritti umani delle persone con disabilità solleva princìpi e valori che parlano a tutti i popoli del mondo. Rivendicare i princìpi della non discriminazione e della parificazione delle opportunità, individuare gli obiettivi di mainstreaming delle politiche, dell’universal design, del superamento di qualsiasi politica di segregazione e di istituzionalizzazione. Costruire e sviluppare linguaggi e culture capaci di dare vita a società inclusive, che offrano a tutte le diversità umane la possibilità di essere tutelate e valorizzate e in grado di contribuire ad uno sviluppo basato sulla pace e la giustizia sociale, sono valori che parlano a tutti i popoli del mondo.
Le potenzialità della globalizzazione – finora limitata ad interessi economici e di mercato che hanno dimenticato i diritti umani – risultano evidenti se emerge con forza la necessità di una politica mondiale non decisa solo dai governi (e spesso da pochi governi) e non determinata solo dagli interessi delle multinazionali e dei potentati economici, ma costruita con la diretta partecipazione delle persone, delle Organizzazioni Non Governative, della società civile.
L’ONU dei popoli è l’ONU che le persone con disabilità stanno dimostrando essere possibile proprio con la scrittura della Convenzione che tutela i loro diritti umani.
Questo è il contributo che le organizzazioni di persone con disabilità e dei loro familiari possono offrire alla costruzione di un mondo più giusto e più umano.