Vivo con crescente disagio notizie come quella della discriminazione dei ragazzi con disabilità ad Abbadia Lariana, perché sembrano portare indietro l’orologio di parecchi anni, quando una persona disabile o, come si diceva un tempo, “un handicappato”, assai difficilmente varcava la soglia di un albergo o di un ristorante “normali”, perché era logico, quasi scontato, che le eventuali e ipotetiche vacanze le avrebbe trascorse in luoghi speciali, le colonie estive o i centri gestiti da religiosi in vallate alpine sperdute.
Il mare è stato a lungo ostile e tuttora è difficile da raggiungere in molte regioni italiane, per chiunque abbia problemi di mobilità. Ma le barriere architettoniche, tutto sommato, sia pure con grande benevolenza, possono quasi essere ritenute un problema superato, almeno dalla buona volontà e dalle leggi che sono in vigore ormai da vent’anni.
Quello che manca, in Italia, ed emerge ciclicamente con violenza sproporzionata rispetto ai fatti, è una cultura dell’accoglienza basata sulla conoscenza e sulla tolleranza delle diversità. I bambini, ad esempio, sono ritenuti oggi accettabili anche nella sala ristorante di un albergo, nell’ora dei pasti. Quand’io ero piccolo (ora ho 53 anni), i pargoli mangiavano prima o dopo, oppure venivano raggruppati in tavolini separati, per non infastidire gli adulti. Oggi questo sarebbe inimmaginabile.
Nei confronti dei disabili con problemi psicomotori, che dunque possono, a volte, presentare alcune difficoltà di comunicazione o, come nella storia di Abbadia Lariana, essere vittime di un improvviso e banale malessere, c’è ancora un fortissimo e diffuso pre-giudizio. È la paura di confrontarsi con situazioni che appaiono più complesse di quanto in realtà siano.
Sta crescendo, fortunatamente, in Italia, un movimento che intreccia la rete dei servizi pubblici di supporto alle persone disabili con il volontariato e con la cooperazione sociale. Persone preparate, formate, disponibili a dare risposte nuove a bisogni normalissimi per tutti, come quelli legati alla vacanza, allo svago, al tempo libero: sono loro i nuovi protagonisti della liberazione di migliaia di giovani e adulti disabili dai ceppi invisibili di un confinamento all’interno delle pareti domestiche.
Certo, l’estetica delle vacanze per belli e abbronzati cozza contro corpi dignitosi ma problematici e comunque nessuno si sognerebbe di allontanare da un albergo un turista tedesco obeso che beve ogni sera cinque o sei birre. Anzi. E direi giustamente. Esistono libertà tollerate e libertà che ancora non sono considerate tali, se non sulla carta.
È bello che il responsabile della cooperativa Solaris abbia invitato l’albergatrice di Abbadia Lariana a visitare la sede di Macherio, frequentata dai ragazzi che hanno vissuto l’incresciosa vicenda. Questa è una risposta civile, è un modo per dialogare, per crescere, per trasformare un episodio assai grave e deplorevole in una opportunità di ripensamento e di nuova, migliore ospitalità. Perché non succeda mai più.
*Per gentile concessione del quotidiano “Il Giorno”.
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