Quando le persone con sindrome di Down vanno in TV

a cura di Barbara Pianca
Dopo i recenti casi di "C'è posta per te" e delle "Iene show", c'è chi parla di una sorta di crescente "downite" in televisione, ritenendo fuori luogo la presenza di persone con sindrome di Down a show come quelli citati. Altri non la pensano così. Presentiamo i fatti e le opinioni sul dibattito in corso

Ha causato scalpore la partecipazione di Ettore e Silvia, due fidanzati ventenni con la sindrome di Down, al programma televisivo di Canale 5 C’è posta per te, condotto da Maria De Filippi e mandato in onda sabato 26 novembre, nel corso del quale i due hanno raccontato i propri sentimenti, ottenendo molte risate dal pubblico in sala e un significativo ascolto da parte di quello di casa.
Francesca, 22 anni, lavora presso una famosa catena di fast-foodPer Carmen Rotoli, presidente dell’AGPD (Associazione Genitori e Persone con la Sindrome di Down), si tratta di un evento preoccupante perché «mette alla berlina persone con spiccate caratteristiche di fragilità e trasparenza che per questo andrebbero trattate con maggiore delicatezza».
In tal senso Rotoli ha dichiarato di rendersi portavoce delle numerose proteste «indignate» ricevute dagli iscritti alla propria associazione, dicendosi ancora più sconvolta per il picco di audience ottenuto: «Ma che cosa cerca, il pubblico? E quale sarà il prossimo passo, per avere più audience? Manderanno i giovani con la sindrome di Down al Grande Fratello? Chiedo alla signora De Filippi, se lei avesse un figlio così, lo manderebbe alla berlina in TV?».

Al dibattito, ospitato sulle pagine del «Corriere della Sera» dell’1 e 2 dicembre, ha partecipato la stessa Maria De Filippi, «incavolata» per le critiche e «convinta della bontà della propria trasmissione».
Per la conduttrice le risate del pubblico non sarebbero state di derisione, ma di condivisione e «assolutamente sì», manderebbe suo figlio Down in televisione. D’altronde a pensarla come lei sono proprio altri ragazzi Down e altri genitori che le scrivono chiedendo di partecipare a C’è posta per te.
Anche Mimma Pacifici, fondatrice dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali), è rimasta contenta dell’iniziativa «che l’ha fatta commuovere fino alle lacrime».

A rimpolpare la polemica si è aggiunta la puntata del programma Iene show andata in onda l’1 dicembre e “co-condotta” da alcuni ragazzi con sindrome di Down: «Un’epidemia di “downite” sembra dilagare su tutte le TV», ha rincarato la dose Carmen Rotoli, ancora sulle pagine del «Corsera».
E nonostante altre voci si siano levate a difendere la possibilità per i ragazzi Down di andare in televisione come gli altri, a partire da quella della madre di Silvia, Maria De Filippi ha fatto dietrofront, dichiarando oggi di aver deciso di non mandare in onda la puntata in programma per sabato 3, con altri ospiti Down in attesa di incontrare il loro divo Gigi D’Alessio: «Non ho cambiato idea, ma faccio un passo indietro: poiché l’AGPD rappresenta una parte delle famiglie Down, forse ne sa più di me. Forse avrò sbagliato. Solo, vorrei che ora [l’Associazione] si spiegasse con le tante altre famiglie che sono d’accordo con noi».

Un'opera di Rosa, 35 anni, con sindrome di DownAllo scopo di arricchire il dibattito in corso, pubblichiamo qui di seguito anche la dichiarazione ufficiale di Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).

«Interveniamo con un certo disagio nella polemica generata dalla presenza di due giovani con sindrome di Down nella trasmissione C’è posta per te e il disagio deriva dall’atteggiamento di chi cerca di assolutizzare o meno l’opportunità della presenza in TV di una persona con la sindrome di Down.
Negli ultimi anni è certamente aumentata la visibilità di queste persone e come Associazione Italiana Persone Down – che opera sul territorio nazionale con trentotto sedi in differenti città e regioni – possiamo soltanto essere contenti di ciò.
Una maggiore visibilità attraverso la presenza in trasmissioni diverse, dove non solo si parlava di loro, ma si parlava con loro, della loro vita, dei loro desideri, delle loro capacità, ha reso queste persone più reali, più “persone” anche per chi non ne ha conoscenza diretta. E certamente inserire la loro presenza non più solo nei dibattiti seri, ma anche nel mondo dello spettacolo più in generale ha permesso di far incontrare con loro un pubblico più ampio.
Dario, 18 anni, gestisce un proprio sito InternetOvviamente tale processo porta con sé dei rischi; ogni trasmissione, infatti, ha il suo format, il suo stile e questo può a volte comportare un mettersi in gioco che suscita risate e che a volte  è difficile controllare fino in fondo. Crediamo però che si debba rispettare la libera scelta di chi – persone con la sindrome di Down e familiari – accetta tale gioco liberamente, con la consapevolezza che quando si va in una trasmissione che presenta storie, non parliamo di una “classe”, di una “categoria” e non facciamo una lezione sulla sindrome di Down, ma incontriamo delle persone con i loro pregi e i loro difetti.
Questo, però, può a volte urtare la sensibilità di chi vive una condizione simile e tende a pensare che domani anche il proprio figlio verrà letto nello stesso modo perché purtroppo nella nostra società i processi di omologazione e semplificazione verso i diversi sono ancora assai diffusi.
Che fare allora? Noi crediamo che anziché rinunciare a tali presenze bisognerà col tempo invece renderle più consuete perché non siano eccezionalità che diventano norma, ma tante facce di una realtà complessa e che l’atteggiamento degli operatori dei media dovrà essere quello di chi, attento a tali rischi, offra la possibilità alle tante facce di esprimersi nel rispetto di persone con una disabilità intellettiva che non sono eterni bambini, ma uomini e donne semplici [grassetti nostri, N.d.R.]».

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