«Vi sono memorie difficili da trasmettere: si dimentica che furono le persone disabili le prime vittime del Terzo Reich. Considerate vite indegne di essere vissute, furono eliminate secondo un programma che, definito in modo ipocrita “eutanasia” e denominato Operazione T4, fu la base e la preparazione di quelle che saranno poi la “soluzione finale” e gli esperimenti dei medici nazisti».
Così scrive Silvia Cutrera, dell’Agenzia per la Vita Indipendente ONLUS di Roma, nel presentare un’iniziativa particolarmente importante e significativa promossa dall’Agenzia stessa, assieme all’Ufficio del Consigliere Delegato dell’Handicap del Comune di Roma, per il 24 gennaio (Auditorium di Roma, Viale de Coubertin, 56, ore 9.30 e 15.30).
Si tratta di una “giornata della memoria”, intitolata proprio Crimini dimenticati, alla quale parteciperanno nella mattinata Ileana Argentin (consigliere delegato per l’Handicap del Comune di Roma), Tiziana Biolghini (consigliere delegato per le politiche dell’handicap della Provincia di Roma), Orlando Corsetti e Rolando Galluzzi (presidente e vicepresidente del Municipio Roma III) e Dino Barlaam (Agenzia Vita Indipendente); nel pomeriggio invece vi saranno Augusto Battaglia (assessore alla Sanità della Regione Lazio), Alessandro Portelli e Adriana Spera (rispettivamente consigliere delegato per le Politiche della memoria e presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma), Stefano Tozzi ed Elisabetta Aloisi (presidente e assessore alla Cultura del Municipio Roma VII), Armando Castro (Associazione Alef Tav di Pisa) e Silvia Cutrera (Agenzia Vita Indipendente).
Ospiti d’onore, presenti in entrambe le sessioni, Alice Ricciardi Von Platen, membro della Commissione Medica al processo di Norimberga nel 1946 e Michael Von Cranach, direttore primario della Clinica di Psichiatria di Kaufbeuren, i quali porteranno la loro preziosa testimonianza.
A corredo della giornata una mostra che si snoderà tra una serie di documenti e le fotografie scattate dal celebre Ray d’Addario al processo dei medici di Norimberga.
Gli interessati potranno disporre di una raccolta documentale prodotta in un opuscolo a cura di Von Cranach e si potrà acquistare anche il libro di Von Platen Il nazismo e l’eutanasia dei malati di mente.
«Recenti studi – annota Silvia Cutrera – hanno dimostrato che in Germania l’Olocausto iniziò con il programma di sterminio dei disabili messo in atto dal regime nazista all’indomani dell’ascesa di Hitler al potere.
L’offensiva iniziò con la legge sulla sterilizzazione, emanata il 14 luglio 1933, con il nome di Legge per la prevenzione di nuove generazioni affette da malattie ereditarie che servì da pietra angolare per la legislazione eugenetica e razziale del regime.
Tale norma ebbe effetto dal 1° gennaio 1934 e l’impatto fu immediato: un gran numero di cittadini e cittadine tedeschi furono sterilizzati, molti contro la loro volontà. Sebbene non siano disponibili cifre esatte, si concorda generalmente sul dato secondo cui almeno 375.000 persone, il 5% della popolazione tedesca, furono sterilizzate sotto il regime nazista.
Ma il programma eugenetico non si limitò alla sterilizzazione. Esso proseguì infatti con l’eliminazione fisica e i primi ad essere sterminati furono i bambini con disabilità.
In tal senso il 18 agosto 1939 il Ministero degli Interni fece circolare un decreto intitolato Obbligo di dichiarazione di neonati deformi, che ordinava alle ostetriche e ai medici di denunciare tutti gli infanti nati “con specifiche condizioni mediche” che successivamente venivano trasferiti nei cosiddetti Reparti per l’assistenza esperta dei bambini presso ospedali e cliniche private dove venivano loro somministrati farmaci mortali».
«Nell’estate del 1939 – continua Cutrera – Hitler diede inizio alla politica di uccisione degli adulti con disabilità e, rispetto all’operazione di eutanasia infantile che rimase relativamente circoscritta, quella degli adulti avrebbe prodotto un numero assai più elevato di vittime. L’assassinio dei disabili rientrava infatti nell’ideologia nazista che prevedeva la “distruzione” di esseri umani chiamati vite che non meritano di essere vissute.
L’iter che avrebbe condotto all’uccisione dei pazienti adulti iniziò con una circolare, emanata il 21 settembre del 1939, intitolata Registrazione di ospedali di stato e case di cura, la quale aveva lo scopo di censire gli istituti che ospitavano pazienti psichiatrici, epilettici e frenastenici.
L’ufficio responsabile della soppressione degli adulti si trovava a Berlino, in una villa confiscata ad ebrei al numero 4 della Tiergarten Strasse; proprio a causa di questo indirizzo, l’uccisione dei disabili divenne presto nota come Operazione T4, o semplicemente T4.
Sebbene fosse – e sia tuttora – popolare descrivere questi pazienti come individui affetti da disturbi mentali, molti di loro non erano pazienti psichiatrici, poiché il gruppo degli adulti ne comprendeva vari che soffrivano di menomazioni fisiche. Pertanto tra le vittime figuravano, ad esempio, ciechi, sordi, muti, epilettici e frenastenici che difficilmente si sarebbero potuti considerare malati di mente.
Un importante criterio di inclusione, poi, non aveva carattere medico, bensì utilitaristico, fondato cioè sul livello di produttività dei pazienti. Questi ultimi, bollati con l’espressione di vite che non meritano di essere vissute erano considerati “zavorre” e “mangiatori inutili”. Quindi essi venivano giudicati non solo in base alle loro condizioni di salute, ma anche pensando alla capacità lavorativa.
Per eliminare i disabili adulti fu utilizzato il metodo di soppressione mediante gas asfissiante, una tecnica fino ad allora inesistente. La camera a gas fu allestita dai dirigenti della T4, fra il dicembre del 1939 e il gennaio 1940, in un ex carcere a Brandeburgo.
I soggetti sperimentali furono alcuni pazienti disabili, dal momento che la loro uccisione doveva servire da termine di paragone per illustrare l’efficienza del gas tossico. Furono quindi istituiti sei centri di uccisione in tutta la Germania e si stima che le vittime siano state 70.000».
«Il 24 agosto 1941 – conclude Cutrera – Hitler ordinò la fine della prima fase della soppressione degli adulti, ma ciò non pose termine all’eliminazione degli individui considerati “indegni di vivere”.
La storia popolare ha attribuito all’opposizione da parte delle chiese il merito di questa revoca dell’operazione di sterminio e tuttavia è assai probabile che Hitler sia stato spinto a dare il cosiddetto “ordine di sospensione” soprattutto dall’ampia risonanza pubblica ottenuta dalle uccisioni e soltanto in modo marginale per l’opposizione delle chiese.
L’ordine di sospensione ebbe effetto solo sui centri di uccisione. Infatti, l’omicidio di massa dei disabili proseguì con altri mezzi, somministrando loro pastiglie, praticando iniezioni o lasciandoli morire di fame».
Fatti che parlano da sé, ai quali forniamo comunque anche il supporto di alcuni dati statistici, disponibili cliccando qui.
Un’iniziativa, quella del 24 gennaio a Roma, che appare quindi del tutto meritoria – nei giorni dedicati al ricordo dell’Olocausto – sorta di “memoria nella memoria” sulla strage delle persone con disabilità, ricordando anche quanto ha scritto recentemente lo storico Henry Friedlander: «Nel dopoguerra, Auschwitz è diventato il simbolo del genocidio del ventesimo secolo. Ma Auschwitz è stato solo l’ultimo, il più perfetto centro di uccisione nazista. L’intera impresa di uccisione era cominciata nel gennaio del 1940 con l’omicidio degli esseri umani più indifesi, i pazienti disabili ricoverati in istituti» (H. Friedlander, Le origini del genocidio nazista, Roma, Editori Riuniti, 1997).
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