La sensazione di familiarità dei luoghi sorprende se stai pensando al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York. Ma le emozioni si interrompono quasi all’istante, quando ti trovi nell’aula D con il testo della Convenzione davanti e le prime riunioni informali a cui partecipare per la mediazione sui temi aperti che si dovranno chiudere in questa settima sessione. In un modo o nell’altro.
E allora ricomincia la ricerca di interlocutori e di sinergie per gli emendamenti che portino il testo sulle posizioni che il movimento associativo italiano ha maturato: scuola, lavoro, sicurezza sociale, vita indipendendente, mobilità, accessibilità, riabilitazione, tutto centrato sulla strategia dei diritti umani. Ti ritrovi ad affrontare ogni tema della vita da militante per l’emancipazione delle persone con disabilità.
Che le questioni della sessualità fossero attraenti, gli uomini e le donne che vivono sul pianeta l’hanno scoperto agli albori della civiltà: nella visione darwiniana i conflitti e la violenza accadevano per contendersi cibo o partner, mentre nella visione creazionista il genere umano nasce dalla tentazione.
Ebbene, dopo una settimana vissuta di corsa e rispettando i programmi, i lavori del Comitato Ad Hoc si arenano proprio nella disputa su questioni riguardanti la sessualità e la possibilità di mettere su famiglia senza incappare in pregiudizi o addirittura in divieti.
Il presidente del Comitato Don Mac Kay ha elaborato un testo per chiudere la faccenda, mettendo in evidenza i punti critici: va inserito un esplicito e forte riferimento al poter praticare esperienze sessuali al pari di ogni altro essere umano, come richiesto dalle associazioni? Bisogna rafforzare il diritto già garantito da altri trattati internazionali di potersi sposare liberamente e di avere figli, chiaramente indicando il divieto alla sterilizzazione? È il caso di dare rilievo alle tradizioni oppure alle leggi che su queste materie vengono praticate nei Paesi dell’emisfero, come richiesto dalle delegazioni di alcuni Paesi in via di sviluppo?
A queste domande hanno risposto decine e decine di delegazioni, con una varietà di proposte e posizionamenti pari al numero di interventi, rendendo privo di effetto l’appello iniziale del presidente («Prego i colleghi di mettere in evidenza ciò su cui si è sufficientemente d’accordo, non di proporre la propria precisa visione»).
Insomma, ora Mac Kay ha un compito più difficile: comporre sul tema della sessualità, dell’affettività e della procreazione un testo riconosciuto come valido da culture e approcci politici così distanti.
In realtà sono emersi estremismi di ogni genere: «la sessualità è un fatto privato e nessuno può vietare o consentire e quindi non occupiamocene»; oppure «evitiamo un riferimento troppo forte alla sterilizzazione, alla famiglia come nucleo essenziale della società»; o ancora «il diritto alla procreazione e all’accesso ai servizi sanitari necessari», per molte delegazioni equivale al garantire alla donna con disabilità il diritto all’aborto.
Le conclusioni di questo dibattito sono ancora da tracciare, nonostante un riassunto che ha delineato una prima direzione strategica: tutto ciò su cui vi è una forte opposizione non sarà trattato, ma non si tornerà indietro rispetto ai diritti già sanciti da altri trattati internazionali precedenti.
La forza e la determinazione di Don MacKay, nonché la sua vicinanza alle istanze delle associazioni, è la nostra speranza. Assistiamo infatti ad una leadership intelligente e lungimirante sostenuta da una buona dose delle delegazioni che si troveranno a dover mandare giù qualche boccone amaro.
*Presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).