Un manifesto per ribadire una serie di diritti fondamentali delle persone con disabilità e per chiedere la Vita Indipendente.
Lo hanno stilato l’8 luglio a Milano numerose persone con disabilità provenienti da varie parti d’Italia e riunitesi presso la sede dell’APL (Associazione Paraplegici Lombarda), in un incontro organizzato da un gruppo di lavoro che ruota attorno al sito Pianetabile.
L’occasione ha coinciso con la prima riunione operativa del Progetto Vita indipendente, nato per portare avanti le possibilità offerte alle persone con disabilità dalla Legge 162/1998, in particolare ove quest’ultima parla – all’articolo 1, comma c, I-ter – di voler «garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita».
«Il Vivere Indipendente significa che noi chiediamo le stesse possibilità di scelta e il controllo della nostra vita quotidiana, tutto ciò che i nostri fratelli e sorelle non-disabili, vicini ed amici danno per scontato. Noi vogliamo crescere nelle nostre famiglie, andare nella scuola del nostro quartiere, usare gli stessi autobus come i nostri vicini, avere un lavoro che sia in linea con la nostra istruzione e i nostri interessi, e crearci una famiglia»: così riassumeva il concetto di Vita Indipendente Adolf Ratzka, direttore dell’Independent Living Institute negli anni Sessanta.
Oggi questa idea trova terreno fertile anche nel nostro Paese e muove i suoi primi passi anche grazie all’appello lanciato dal sito Pianetabile.
Ciò che caratterizza questa vera e propria “filosofia di vita” è la richiesta di una nuova modalità di servizio alle persone che si differenzi dalle forme assistenziali tradizionali, in quanto il disabile viene considerato come soggetto protagonista delle scelte sulla propria vita. In particolare poter scegliere da chi, come e quando farsi aiutare. In sostanza avere piena libertà, nonostante la disabilità.
Base fondamentale per la Vita Indipendente è quindi l’assistente personale, cioè una persona che il disabile possa assumere con un regolare contratto di lavoro, concordando gli orari e le mansioni, la retribuzione e gli oneri assicurativi e previdenziali. In altre parole, un’assistenza personalizzata e nella propria abitazione, non più negli istituti.
La proposta concreta è che i finanziamenti per l’assistenza vadano direttamente alla persona con disabilità che dovrebbe poi provvedere autonomamente a gestirli secondo le proprie esigenze. Dove già sono stati attuati progetti di questo genere, sono le Regioni a mettere a disposizione i fondi e i disabili possono fare la propria richiesta alla ASL di appartenenza che provvede a stilare una graduatoria.
«L’8 luglio ci siamo radunati per la prima volta – raccontano gli organizzatori dell’incontro di Milano – ma a settembre o ad ottobre lo rifaremo. Fino ad oggi scambiavamo i nostri punti di vista tramite la posta elettronica o con il sito internet. Adesso abbiamo deciso di metterci insieme e all’incontro sono arrivate persone da tante regioni d’Italia. La nostra intenzione è però quella di metterci in contatto anche con le associazioni, per lavorare assieme e fare in modo che l’istituto non sia più l’unico futuro possibile per un disabile grave. Con un finanziamento unico di 1.000-1.100 euro al mese, infatti, un disabile potrebbe provvedere al pagamento del proprio assistente e si gestirebbe autonomamente. Questa prima occasione è stata soprattutto dedicata al racconto delle esperienze di vita di ciascuno e alle concrete possibilità di Vita Indipendente. Per ora si è aperta una porta, ma il nostro obiettivo è non far morire e portare avanti l’attuale legge».
Da segnalare anche la realizzazione – in corso – del documentario Pinocchio, una storia vera, curato dal giornalista Andrea Icardi, con interviste ad alcune persone con disabilità che si avvalgono della Vita Indipendente e ad altre invece che ancora non utilizzano tale opportunità.
Il documentario stesso – cui partecipa anche Antonio Guidi, presidente dell’IIMS (Istituto Italiano di Medicina Sociale) di Roma ed ex ministro della Famiglia – verrà diffuso il più capillarmente possibile e parteciperà anche al Torino Film Festival di novembre, importante manifestazione dedicata ai cortometraggi italiani.
«Vita Indipendente – ha dichiarato dal canto suo Raffaele Goretti, presidente della FAIP (Federazione Associazioni Italiane Para-tetraplegici) – non significa solo la possibilità di avere un assistente personale, ma soprattutto la libertà di poter scegliere, in totale autonomia, tra una pluralità di servizi».
«Si tratta – ha evidenziato ancora Goretti – di una grande battaglia che già da tempo la FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) e la FAIP hanno posto all’attenzione del mondo politico. Il tema però è ancora aperto: alcune cose sono state realizzate dalle Regioni (tra le prime il Veneto, la Toscana e il Piemonte), ma il problema principale è che le Regioni stesse – là dove lo fanno – definiscono le azioni utili alla Vita Indipendente, mentre poi i vari Comuni agiscono ognuno per proprio conto, perché i Livelli Essenziali dell’Assistenza (LIVEAS) non sono ancora stati definiti a livello di concertazione Stato-Regioni. Vista tale situazione di disomogeneità, sarebbe opportuno che almeno le Regioni, sui propri territori, dessero indicazioni, attraverso i Piani Sociali, per uniformare il trattamento da Comune a Comune».
Da non sottovalutare poi nemmeno i tagli alle spese che gli Enti Locali hanno dovuto operare negli ultimi anni, solo parzialmente tamponati dai recenti interventi del nuovo Governo in carica.
La condotta da tenere nell’immediato futuro, per Raffaele Goretti, è dunque la seguente: «Primo, le Regioni e i Comuni dovrebbero spendere di più dai loro bilanci per la disabilità, perché occorrono risorse certe e stabili per fare politiche certe e stabili. Secondo, sono necessari investimenti per sperimentare nuovi modelli di Vita Indipendente e una certa dose di elasticità nel permettere alle persone con disabilità la scelta dei servizi che più sentono adatti alle loro esigenze personali. Terzo, lo Stato garantisca le risorse necessarie, considerando che in Europa siamo ancora – in relazione al rapporto spese sociali PIL pro-capite – uno dei Paesi con minor investimento; lo Stato inoltre si faccia proponente di strumenti di verifica e misurazione sull’uniformità dei servizi sociali e di integrazione socio-sanitaria nelle diverse Regioni, indicando possibili soluzioni di recupero di disomogeneità».
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