C’è una cultura manicomiale che avanza?

a cura di Stefano Borgato
Due casi di minori in situazione di grave disagio, ricoverati a Torino nel reparto psichiatrico per adulti. Pericolosi segnali d'allarme che richiedono grande attenzione da parte dei cittadini

Il “caso” si è verificato a Torino qualche mese fa, ma si tratta di una vicenda che merita comunque spazio all’interno dell’attualità, poiché fa squillare un inquietante segnale d’allarme, rispetto al quale l’attenzione dei cittadini è quanto mai necessaria.

Denunciato il 2 aprile dal quotidiano «La Stampa», con l’articolo di Marco Accossato, A 15 anni in Psichiatria, roba da matti, il fatto è stato ripreso dalla rivista «Handicap & Scuola» (n. 127, maggio-giugno 2006), che raccontava come Alessia, 15 anni appena compiuti, ospite di una comunità protetta e allontanata dai genitori su ordine del Tribunale dei Minorenni, fosse stata ricoverata nel reparto di Psichiatria per adulti dell’Ospedale Le Molinette di Torino, trasferitavi dall’Ospedale Infantile Regina Margherita, perché qui la Neuropsichiatria Infantile era letteralmente al collasso.Particolare di una faccia, con espressione molto perplessa
«Non è certo questo il posto migliore per una ragazzina con quei problemi», aveva commentato per l’occasione Vincenzo Villari, primario alle Molinette.

Ma la vicenda non era un fatto isolato, potendo contare su un precedente analogo di un anno prima, quando – nell’aprile 2005, appunto – una ragazzina di 11 anni era stata a sua volta trasferita dalla Neuropsichiatria dell’Ospedale Infantile al reparto psichiatrico per adulti delle Molinette.
In quel caso, la giovane, affetta da gravi disturbi del comportamento e sistemata in una comunità protetta, era stata ricoverata per disturbi tiroidei, ma aveva dato in escandescenze di fronte alla prospettiva dei prelievi di sangue. Difficile controllare la crisi, per la quale l’Ospedale Infantile non era attrezzato, cosicché vi era stato il trasferimento d’urgenza al reparto psichiatrico per adulti.

Su tali questioni, un significativo commento di Marisa Faloppa, presidente del Comitato per l’Integrazione Scolastica degli Handicappati di Torino, era stato pubblicato dal numero citato di «Handicap & Scuola». Ci sembra opportuno riportarlo quasi integralmente.

«Succede a Torino. Città educativa, Città delle bambine e dei bambini: una ragazzina di 15 anni, ospite di una comunità alloggio, a seguito di una crisi acuta e di un momento di grande disagio, viene ricoverata in ospedale con pazienti psichiatrici adulti.
Era già accaduto nell’aprile del 2005 che una bambina di 11 anni era stata ricoverata nel reparto di Psichiatria delle Molinette perché al Regina Margherita la Neuropsichiatria Infantile non aveva posti né sufficiente personale.
Quasi certamente succederà ancora se gli amministratori continueranno a dire: “Non facciamone un dramma!” e gli specialisti a sostenere che il ricovero di un minore, in convivenza forzata con malati mentali adulti in situazione di gravità, non è traumatico perché durante una crisi il ragazzo non è in grado di percepire ciò che c’è intorno a lui.
Siamo un’associazione che si occupa di integrazione scolastica di ragazzi in situazione di handicap, il nostro è un osservatorio speciale che ci permette di incontrare l’impegno delle scuole, la forza e la competenza dei genitori, la disponibilità degli specialisti dei servizi sociosanitari di territorio.
Siamo dell’avviso che la soluzione dei momenti critici, dei problemi speciali e l’accoglienza della sofferenza più acuta non possano passare solo attraverso le strutture di ricovero. Non si tratta di definire nuove funzioni o di assegnare nuovi compiti alle comunità e alle scuole, ma si devono assicurare alle strutture di accoglienza, a quelle educative e prima ancora alle famiglie risorse umane adeguate e collaborazione intensa con gli specialisti dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri.
Sarebbe sufficiente dare attuazione ad una delle indicazioni più rilevanti della Legge quadro 104/1992 sull’handicap ove dice: “Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici” [Legge 104/1992, art. 3, comma 3, N.d.R.].
Il nostro auspicio è che questa vicenda dolorosa non venga minimizzata. Che la cronaca cittadina continui a titolare episodi di questo tipo “roba da matti”, che si dia spazio a commenti allarmati come quello di Giuseppe Dell’Acqua, allievo di Franco Basaglia, che ha definito il ricovero di minori in strutture psichiatriche per adulti “un vero e proprio crimine di pace” [grassetti nostri, N.d.R.]».

Fin qui Faloppa, della quale condividiamo l’analisi senza riserve, accogliendone anche – come abbiamo fatto qui – l’invito a «non minimizzare» e a dare sempre la maggior informazione possibile su vicende come queste.
Non può che essere questo il nostro contributo a bloccare ogni tentativo di far rivivere una cultura manicomiale o semplicemente per far sì che quelle strutture e quelle famiglie or ora richiamate possano finalmente ottenere le risorse necessarie.

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