Durante le frenetiche giornate di New York, nel corso delle quali il Comitato Ad Hoc (Ad Hoc Committee) sta tentando di definire la prima Convenzione Internazionale per la Tutela dei Diritti delle Persone con Disabilità, abbiamo avuto modo di incontrare numerosi personaggi che ricoprono ruoli centrali per l’attuazione di nuove politiche a livello mondiale. Tra questi, Jean-Pierre Gonnot, capo del Segretariato dell’ONU per la Convenzione, che abbiamo intervistato in esclusiva per i lettori di Superando.it.
Come potremmo definire il ruolo dell’ONU per la definizione della Convenzione che si sta discutendo in queste settimane?
«Il ruolo delle Nazioni Unite per sostenere il processo di implementazione della Convenzione nel mondo è molto importante. L’ONU, attraverso le sue VARIE agenzie (l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità, l’ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’Unicef ecc.), gestisce un numero considerevole di attività, progetti e interventi che toccano tutti i temi trattati dalla Convenzione.
Allo stesso tempo le Nazioni Unite hanno un ruolo importante per promuovere i princìpi e le norme contenuti dalla Convenzione nei singoli Paesi. Questo naturalmente si affiancherà al monitoraggio internazionale previsto dalla Convenzione stessa.
Dalle Regole Standard del 1993, quindi, documento importante dell’ONU, ma non legalmente obbligatorio per i paesi membri, alla Convenzione, che impegnerà i Paesi firmatari a trasferirne i contenuti nelle politiche e nelle legislazioni nazionali, il percorso di implementazione sarà ovviamente diverso e richiederà nuovi strumenti di lavoro».
Come si stanno attrezzando le Nazioni Unite per sensibilizzare e impegnare le loro agenzie sull’applicazione della Convenzione?
«Nelle scorse settimane vi è stato un incontro con tutte le agenzie ONU e si è deciso di presentare la Convenzione al personale di ognuna di esse.
Contemporaneamente l’impegno è quello di dare ai diritti contenuti dalla Convenzione una priorità nelle attività delle agenzie, in modo da realizzare un mainstreaming [le questioni legate alla disabilità che “entrano” in ogni politica di impatto sulla società, N.d.R.] immediato legato alle competenze di ognuna».
Come potranno le Nazioni Unite sostenere le attività nazionali di recepimento delle nuove norme, dando quindi continuità al processo di cambiamento?
«Fermo restando che la responsabilità di trasferimento dei princìpi della Convenzione nelle varie legislazioni nazionali è un compito dei Paesi firmatari, le Nazioni Unite potranno senz’altro affiancare questa azione con proprie iniziative.
Si tratta di un processo complesso che richiede risorse disponibili e il Voluntary Fund che sostiene le attività dell’ONU sulla disabilità sin dall’approvazione delle Regole Standard è sicuramente uno strumento inadeguato in tal senso».
Cosa si potrebbe immaginare allora?
«Sarebbe necessario costruire un nuovo strumento di intervento che potrebbe finanziare progetti nell’ambito delle attività di implementazione della Convenzione. Vi sono già esperienze in atto in altri settori. Tale fondo potrebbe essere gestito attraverso le stesse Nazioni Unite o attraverso un comitato di esperti provenienti anche dalle Organizzazioni Non Governative.
In ogni caso sarebbe necessario definire regole certe di utilizzo del fondo, finalità collegate alla Convenzione e procedure di accesso precise».
Pensa che questo potrà avvenire rapidamente?
«La decisione naturalmente spetta ai governi. Dal prossimo settembre al mese di marzo del 2007, quando sarà definito il bilancio delle Nazioni Unite, c’è il tempo di giungere ad una soluzione condivisa anche da parte delle organizzazioni di persone con disabilità».
L’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) ha ricevuto un finanziamento dal Voluntary Fund dell’ONU per un progetto di empowerment [letteralmente “rafforzamento” delle capacità e potenzialità, N.d.R.] della Federazione Mongola delle Persone con Disabilità, che prevede una formazione nel campo dei diritti umani, dell’utilizzo delle nuove tecnologie e del networking. Quale può essere il valore aggiunto di questo progetto per le Nazioni Unite?
«Il nostro obiettivo è di realizzare esperienze positive nel processo di implementazione dei contenuti della Convenzione. Il progetto in Mongolia può certamente offrire un modello di intervento formativo e di empowerment delle associazioni di persone con disabilità che potrebbe essere trasferito ad altri Paesi. Anche l’idea di intervenire sul processo legislativo nazionale per renderlo compatibile con i princìpi della Convenzione è per noi un modo interessante di verificare l’impatto delle nuove norme ONU sulle politiche nazionali».
*Advisor (consigliere) della Delegazione Ufficiale del Governo Italiano, in qualità di rappresentante del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
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