La necessità e l’urgenza di una riforma nazionale che comprenda l’insieme dei servizi per le persone non autosufficienti è ormai conclamata e in Parlamento sono da tempo in corso discussioni al riguardo.
Questo il tema centrale dell’incontro del 20 settembre, durante il quale – presso l’Auditorium del Ministero della Salute – è stato presentato il libro di Cristiano Gori (Istituto per la Ricerca Sociale – IRS di Milano) La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti. Ipotesi e proposte.
La programmatica intenzione dell’Unione di istituire il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza sembra quindi stia diventando concreta – almeno stando ai vari dibattiti di questi giorni – ma le insidie di una Finanziaria di rigore per il 2007, su cui i riflettori sono più che puntati, e le problematicità emerse su tematiche quali quelle relative alle indennità di accompagnamento – ben riassunte nella Lettera aperta inviata da Pietro V. Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) al presidente del Consiglio Romano Prodi e pubblicata qualche giorno fa da Superando.it – fanno sì che il livello di attenzione e preoccupazione dei rappresentati del mondo dell’associazionismo rimanga alto.
Ad esempio, con il contenuto della lettera inviata da Barbieri al capo del Governo si è dichiarato pienamente d’accordo lo stesso Cristiano Gori, che per l’occasione ha illustrato brevemente le ipotesi e le proposte racchiuse nel suo già citato volume.
L’analisi di Gori parte dal presupposto che l’impegno pubblico per la non autosufficienza debba necessariamente essere accresciuto, nel segno di una partecipazione da intendersi non solo come aumento di risorse, ma anche come un’occasione fondamentale per il ripensamento delle politiche che, calandosi nelle realtà locali, dovrebbe tradursi nell’ampliamento dell’offerta dei servizi e degli interventi, nel rafforzamento delle reti di welfare locale, e nella tutela “di chi sta peggio”.
Rispetto alle differenze che caratterizzano il territorio nazionale, l’obiettivo dichiarato è quello di portare ad un livello base le Regioni che risultano più deboli dal punto di vista delle risposte ai bisogni delle persone non autosufficienti, continuando a far crescere quelle invece che si trovano ad un livello più avanzato.
«Per realizzare questo – ha dichiarato Gori – è necessario partire da un Patto Istituzionale tra i vari livelli di Governo (Stato – Regioni – Autonomie Locali), dalla cooperazione dei tre Ministeri interessati e dalla pluriennalità della programmazione delle politiche. Infatti, le politiche pubbliche, per crescere, hanno bisogno di stabilità e ai soggetti istituzionali impegnati dev’essere richiesto di indicare le risorse erogate per un arco di tempo almeno triennale».
Allo Stato spetterebbe inoltre il compito – non certo semplice – di istituire un sistema di monitoraggio che possa svolgere attività di controllo, ma funzionale anche nel mettere in connessione le diverse esperienze sviluppate in territori differenti e nel fornire l’assistenza metodologica necessaria per dare al territorio suggerimenti tecnici e per trasmettere conoscenze.
Come detto, l’obiettivo di questa riforma dev’essere la realizzazione di un percorso assistenziale unitario, per cui il grosso delle risorse dovrà essere indirizzato a quegli interventi mirati ad aumentare l’offerta dei servizi e la crescita in ambito sociale e socioassistenziale.
Per quanto riguarda poi le indennità di accompagnamento Gori ha rimarcato la necessità di ripensare gli attuali strumenti per l’accertamento dell’invalidità, individuando il seguente quadro:
– Utenza suddivisa in base al bisogno, con importo incrementato a chi sta peggio.
– Introduzione dell’ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente) per chi riceve importi incrementati.
– Percorso assistenziale unitario per chi riceve l’indennità di accompagnamento.
– Graduale introduzione del vincolo ad impiegare parte dell’accompagnamento in servizi alla persona.
Rispetto all’analisi dei costi di tali interventi, Gori ha evidenziato la necessità di una copertura di quattro miliardi di euro annuali, ma per cominciare il cammino potrebbero essere sufficienti almeno due miliardi di euro annuali, che permetterebbero comunque l’incremento dell’offerta dei servizi, il rafforzamento dell’accompagnamento e la costruzione di un percorso assistenziale unitario.
Degli interlocutori istituzionali intervenuti per un confronto su questi temi, il sottosegretario del Ministero della Salute Gian Paolo Patta è stato il primo a prendere la parola, per sottolineare le problematicità date dal progressivo invecchiamento della popolazione e la sempre più urgente necessità di servizi sul territorio che possano ridurre al massimo casi di ospedalizzazione e istituzionalizzazione.
Il vantaggio economico di un aumento dell’offerta di questi servizi – dato il minor costo degli interventi sociosanitari rispetto a quelli prestati dal Servizio Sanitario Nazionale – sono sotto agli occhi di tutti.
Successivamente, ad entrare più nello specifico dei temi in discussione, forse in quanto rappresentante del Ministero che molto probabilmente potrebbe assumere la “cabina di regia” di questa riforma dell’assistenza ai non autosufficienti (proprio in questi giorni, infatti, il ministro Ferrero ha annunciato la convocazione della prima riunione per il Fondo sulla Non Autosufficienza), è stata Franca Donaggio, sottosegretario al Ministero della Solidarietà Sociale.
«La discussione parlamentare è iniziata – ha esordito Donaggio – ed è stata costituita una Commissione Interministeriale, con la prospettiva di una Legge Finanziaria di fronte, nella quale si deve dare il primo assetto su questo tema».
Ma riguardo al tema dell’inserimento di una delega che farebbe scivolare al prossimo anno l’istituzione del Fondo, Donaggio ha preferito porre l’attenzione sul necessario rilancio delle deleghe non realizzate della Legge 328/2000, soprattutto per quel che riguarda gli interventi previsti dall’articolo 15 (Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti), il sostegno al reddito e la riforma delle strutture.
Un punto di partenza, insomma, aspettando la prossima Legge Finanziaria…
In conclusione, il timore che ci si possa ancora una volta trovare di fronte ai ragionamenti del «vorrei ma non posso» è forte ed è stata ben esplicitata da Roberto Speziale, vicepresidente della FISH, che ha concluso l’incontro ricordando le richieste del mondo dell’associazionismo sulla creazione di una rete integrata di servizi sul territorio, per la presa in carico pubblica – con progetti individuali personalizzati – dei bisogni delle persone con disabilità.
Un incontro quindi certamente troppo breve, visti i temi in discussione, per cui – ad esempio – gli appunti dello stesso Speziale sulla strategicità dell’inattuato Piano d’Azione del 2002 e della definizione dei LIVEAS (Livelli Essenziali d’Assistenza) non hanno trovato risposta.
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