Il rispetto di tutte le volontà

di Chiara Bonanno*
Continuiamo a ricevere - e a pubblicare - contributi di riflessione sui delicati temi sollevati nei giorni scorsi dalla lettera di Piergiorgio Welby al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con la richiesta di poter ottenere l'eutanasia. Un dibattito che riteniamo quanto mai importante e che non cesseremo di alimentare
Ho letto con molta attenzione il testo di Giampiero Griffo pubblicato da Superando.it [Niente su di noi senza di noi: mai come adesso, N.d.R.] e lo condivido in gran parte, anche se vorrei provare ad aggiungere qualche mia riflessione.

Dirò innanzitutto che sono legata a Piergiorgio Welby da sentimenti di stima e affetto nati in alcuni anni di scambi epistolari. Piero è una persona di cultura e lucidità sconfinata, una persona che ha fatto della sua sofferenza e della malattia il puntello per la lotta verso la dignità e l’autodeterminazione delle persone con gravissima disabilità.Richard Wawro, Flora vulcanica hawaiana
Tra le sue battaglie vorrei ricordare quella del diritto al voto domiciliare per gli elettori affetti da gravi infermità, tali da impedirne l’allontanamento dall’abitazione in cui dimorano.
Il suo continuo porsi davanti alla politica e alle istituzioni, pretendendo il rispetto e la dignità del suo essere cittadino, malgrado le sue gravissime limitazioni, sono spontaneamente sfociate in quella che ormai tutti conoscono come la richiesta fatta al Presidente della Repubblica.

Come madre di un bambino decretato alla nascita solo «un vegetale sofferente», io sono, come molti, spaventata del fatto che si possa concepire una forma eugenetica della soppressione di una vita solo perché considerata non conforme a ciò che la maggioranza ritiene «non di qualità» e sono al contempo profondamente grata a tutte quelle tecniche mediche che mantengono “artificialmente” in vita persone destinate alla morte, anche se tali procedimenti sono stati in questi giorni, dai mass media, impropriamente associati all’”accanimento terapeutico”.
Senza questi cosiddetti “accanimenti” della scienza, io non avrei mai potuto conoscere ciò che mio figlio, malgrado i suoi gravi limiti, è in grado di dare e di prendere dalla vita.
Comprendo e in gran parte condivido l’ansia e la paura della generalizzazione sul considerare “invivibile”, e quindi “eliminabile”, una vita come quella di Piergiorgio o di mio figlio: molte persone che si dichiarano a favore dell’eutanasia hanno come base l’ideologia eugenetica di selezione della specie, ma la paura che porta ad escludere a priori certi argomenti ci rende, a mio giudizio, solo più fragili.
Credo infatti che allargare il discorso valutandone unicamente l’apporto negativo non aiuti a condurre il dibattito anche sul versante positivo, vale a dire la riflessione che, se una società imparerà a rispettare la volontà di una persona debolissima – come può essere solo chi è nelle condizioni di Piero – fino a piegarsi davanti al suo ultimo desiderio, quello di una morte dignitosa, forse potrà imparare a rispettare anche altre volontà che sono, invece, scelte di vita, come quelle del diritto alla scelta sul tipo di assistenza e sullo stile di vita che chiunque, anche una persona debolissima, ha diritto di chiedere.
*Promotrice e responsabile del sito www.chiaraesimone.altervista.org.
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