Il tema è sempre di grande attualità: non esiste ancora, al momento, un comune concetto di disabilità, di bisogno sociosanitario o di partecipazione che i politici dei vari Paesi possano utilizzare per pianificare politiche socio-sanitarie, ad esempio in ambito lavorativo o scolastico.
Una questione che ha sollevato numerose incertezze – e non ha avuto sostanziali risposte – nemmeno all’ONU, in occasione dei lavori sulla nuova Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità, approvata il 25 agosto scorso.
Al problema tenta di dare una risposta il testo pubblicato qualche giorno fa dalla rivista internazionale «The Lancet», dal titolo The definition of disability: what is in a name?, curato da Matilde Leonardi, della Direzione Scientifica della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, in collaborazione con i colleghi del Progetto MHADIE (Measuring Health and Disability in Europe: supporting policy development), iniziativa di ricerca triennale finanziata dalla Comunità Europea, in cui Leonardi cooordina dieci partner europei, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’EFNA (Federazione Europea di Associazioni di Pazienti Neurologici).
Il documento rilancia sostanzialmente il dibattito sulla necessità di stabilire in modo scientificamente corretto il significato di disabilità, contestando il mancato accordo all’ONU su tale questione.
«La disabilità – si legge in una nota diffusa nei giorni scorsi dalla Direzione Scientifica dell’Istituto Besta di Milano – non è una vicenda che riguarda un piccolo numero di persone: con l’allungamento della vita e lo sviluppo della medicina, sempre più persone, infatti, si trovano e si troveranno a convivere con la disabilità. Se si vuole promuovere una vera politica di integrazione socio-sanitaria, se si vogliono difendere i diritti delle persone con disabilità e programmare interventi, ad esempio sul piano scolastico, su quello lavorativo e assistenziale, bisognerà partire da strumenti scientifici in grado di rispondere alle seguenti domande: che cos’è la disabilità? Chi sono le persone con disabilità? Quante persone con disabilità ci sono nei vari Paesi? Come si possono valutare le loro reali necessità?».
Si tratta certamente di domande essenziali per la pianificazione delle politiche socio-sanitarie e, più in generale, delle politiche a favore delle persone con disabilità. E tuttavia, per quanto possa sembrare sorprendente, non vi è omogeneità di risposta sia tra i vari Paesi Europei che nel resto del mondo.
Nell’articolo pubblicato da «The Lancet», si sottolinea poi come «la definizione di “disabilità” sia stata a lungo dibattuta durante la stesura della Convenzione dell’ONU sui diritti e la dignità per le Persone con Disabilità, in fase di approvazione definitiva», aggiungendo che, «malgrado uno scenario di salute pubblica mondiale dominato dall’impatto delle malattie croniche le quali, pur non costituendo un alto fattore di mortalità, di fatto limitano la partecipazione nella società, sfortunatamente problemi di carattere prevalentemente politico hanno impedito sino ad ora ai 196 Paesi Membri delle Nazioni Unite di stabilire una definizione di “disabilità” scientificamente corretta. Le incertezze in questo ambito impediscono il reperimento di dati scientificamente rilevanti e non permettono una reale pianificazione degli interventi socio-sanitari, svuotando ogni dichiarazione a favore dei diritti delle persone disabili».
A rischio, secondo Matilde Leonardi e i colleghi, la stessa applicazione della Convenzione, «senza un accordo, scientificamente giustificato, sulla definizione di disabilità, ciò che di fatto indebolisce la forza di questo importante documento, raggiunto dopo molto lavoro e impegno da parte di governi e associazioni di persone con disabilità».
Il progetto MHADIE si propone dal canto suo di dimostrare la validità e l’utilità della Classificazione Internazionale sul Funzionamento, Disabilità e Salute dell’OMS (ICF) come base concettuale per definire scientificamente la disabilità, ai fini dello sviluppo di adeguate politiche socio-sanitarie a livello europeo.
Nell’articolo del «Lancet» si sottolinea infatti come «solo un’accurata definizione della disabilità possa consentire di affrontare i molteplici problemi socio-sanitari e di condurre gli studi più opportuni per stabilire quali interventi abbiano una maggior ricaduta sulla qualità della vita delle persone con disabilità».
Senza dimenticare per altro che l’Italia stessa ha via via preso atto dell’importanza della Classificazione ICF la quale sta diventando il riferimento per le politiche socio-sanitarie nazionali e regionali, ad esempio per l’erogazione di fondi relativi alla non autosufficienza, per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, nella rilevazione statistica e nelle valutazioni cliniche riabilitative.
(S.B.)
Per informazioni sul Progetto MHADIE: www.mhadie.it.
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