Statistiche sulla disabilità: il lavoro non manca

C'è ancora molto da fare, sia in Europa che in Italia, per arrivare a buone statistiche sulla disabilità che permettano anche di comparare le diverse situazioni tra i vari Paesi. È emerso chiaramente a Strasburgo, durante l'ultimo incontro dell'Intergruppo sulla Disabilità, cui ha partecipato anche Giampiero Griffo, rappresentante del Consiglio Nazionale sulla Disabilità presso l'European Disability Forum

Disegno che simboleggia le statisticheIn ambito di disabilità, sono ancora molti i passi da fare perché in Europa si arrivi a statistiche di qualità che consentano anche una comparazione tra le diverse situazioni dei vari Paesi.
È quanto emerso durante l’incontro del 25 ottobre a Strasburgo dell’Intergruppo sulla Disabilità, équipe trasversale di parlamentari europei – provenienti da ciascuno dei venticinque Stati Membri dell’Unione Europea e da tutti i maggiori gruppi politici che operano all’interno dello stesso Parlamento continentale – i quali sostengono i diritti delle persone con disabilità.
Vale la pena ricordare come i componenti di questo organismo si riuniscano periodicamente a Strasburgo e a Bruxelles per analizzare argomenti e problematiche inerenti le persone con disabilità e le istituzioni dell’Unione. Essi svolgono attività di monitoraggio, propongono interrogazioni parlamentari e presentano emendamenti ai rapporti sulle politiche e i programmi europei in questa specifica realtà.

Significative rispetto a quanto ancora resta da fare, nel settore delle statistiche, sono alcune annotazioni di Giampiero Griffo che, in qualità di rappresentante del Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) presso il Forum Europeo della Disabilità (European Disability Forum, EDF), ha presentato per l’occasione una relazione dal titolo Statistiche e disabilità.
«Va detto innanzitutto – ci ha raccontato Griffo – che l’Eurostat [Ufficio Statistico delle Comunità Europee, N.d.R.] inserisce ancora la disabilità nelle statistiche sanitarie. In secondo luogo, non sembra che vi sia ancora l’intento definito di attuare il mainstreaming della disabilità [le questioni legate alla disabilità che “entrano” in ogni politica di impatto sulla società, N.d.R.] in tutte le ricerche statistiche. Da ultimo, ma non certo ultimo, non si pensa ad investire molto in questo ambito».
Un altro elemento di riflessione proposto da Griffo va riferito al fatto che non fosse presente all’incontro un responsabile dell’Eurostat, ma un consulente inglese, che ha potuto solo illustrare i fatti e non esprimere la posizione ufficiale del Consiglio Europeo.

In ogni caso, durante le conclusioni dell’incontro, il presidente dell’Integruppo, l’inglese Richard Howitt, ha sottolineato in particolare la necessità di tre elementi, vale a dire la promozione di nuove ricerche e metodologie di intervento, il raggiungimento di un mainstreaming della disabilità all’interno delle statistiche Eurostat, il coinvolgimento, infine, delle associazioni di persone con disabilità nelle definizioni degli obiettivi, nella discussione dei contenuti e nella valutazione dei risultati delle statistiche stesse.

Chiudendo la sua relazione a Strasburgo e soffermandosi anche sulla situazione italiana, Griffo ha dichiarato: «Voglio citare il Canada, dove occuparsi e promuovere statistiche riguardanti la condizione delle persone con disabilità ha significato sostanzialmente una riorganizazione di tutto l’ente nazionale pubblico che si occupa di statistiche. Pensando a quell’esempio, in Europa siamo lontani da questo: si ipotizza ancora solamente di inserire qualche domanda in alcuni questionari utilizzati per aree tematiche circoscritte. Appare invece urgente sviluppare una raccolta periodica di dati in corrispondenza del rapporto biannuale del Piano di Azione Europeo sulla Disabilità, che consenta di conoscere l’impatto che le politiche europee hanno a livello nazionale. Anche in Italia, del resto, si dovrà fare una lunga strada per giungere ad introdurre nelle ricerche dell’Istat indicatori di inclusione sociale».
(S.B.)

Share the Post: