«Il Ministero dell’Istruzione discrimina i docenti disabili in sede di trasferimento». Questa è la contestazione che ho fatto valere in sede giudiziaria verso un comportamento della Pubblica Amministrazione reiterato nel tempo e avallato anche dalle organizzazioni sindacali della scuola che, nella pratica, rendeva del tutto inefficace la precedenza dei lavoratori con disabilità prevista dall’articolo 21 della Legge 104/92.
Sono un docente disabile «in situazione di gravità» – come previsto dall’articolo 3 della Legge 104 – non deambulante, ormai di ruolo dal 1992 e insegno nelle scuole superiori. Da diversi anni avevo avanzato domanda di trasferimento, poiché in seguito al passaggio di cattedra (da matematica applicata a diritto), il Ministero mi aveva assegnato una sede di lavoro distante cinquanta chilometri da casa. Tale domanda, però, non era mai stata accolta, poiché i pochi posti vacanti erano sempre stati concessi a docenti non disabili.
A questo punto alcune premesse sono necessarie:
– Il Ministero della Pubblica Istruzione è l’unico Ente che organizza i trasferimenti per aree geografiche (dette fasi e ripartite in comunali, interprovinciali ed extraprovinciali), svolgendo prima le operazioni di mobilità nell’ambito del Comune, successivamente, esaurite le domande, procedendo a quelle nella Provincia ed infine, con le stesse modalità, assegnando i posti vacanti a chi proviene da fuori Provincia.
– L’articolo 33, comma 6 della Legge 104/92 (Agevolazioni) recita: «La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità […] ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso».
– L’articolo 21, comma 1 della Legge 104/92 (Precedenza nell’assegnazione di sede) recita: «La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili». E al comma 2: «I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda».
Nella coniugazione di queste tre disposizioni con un articolo del Contratto Collettivo Nazionale sulle precedenze, il Ministero della Pubblica Istruzione e le organizzazioni sindacali, interpretando in maniera letterale distorta la volontà del Legislatore in sede di redazione della legge, hanno sostanzialmente stravolto il principio sancito dalla norma in materia di trasferimento (che voleva tutelare per ovvi motivi il lavoratore disabile) e con alcune forzature interpretative, hanno reso praticamente “utopia” un diritto concreto.
È così, quindi, che dopo anni di inutili istanze, ho dovuto mio malgrado adire le vie legali, tramite ricorso d’urgenza alla Sezione Lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), per vedermi riconosciuto un diritto negato e ripristinare un principio di legalità. Infatti, non si è potuta ravvisare alcuna speranza di ravvedimento da parte degli attori firmatari dei Contratti Collettivi Nazionali, nonostante ognuno di essi, informato di tale stortura, concordasse con le mie tesi.
Quelle che di seguito elenco sono le quattro contestazioni fondamentali sulle quali ho basato il mio ricorso al Tribunale.
Prima contestazione: precedenza assoluta o relativa?
Ogni anno, quando viene siglato il Contratto Collettivo Nazionale in materia di mobilità, viene inserito un articolo che indica le categorie dei docenti che hanno diritto ad una precedenza rispetto agli altri. Essi sono elencati in questo ordine tassativo: «gruppo I, non vedenti ed emodializzati; gruppo II, docenti cosiddetti “perdenti posto”; gruppo III, disabili ex art. 21, L. 104/92 – docenti con problemi di salute – docenti disabili ex art. 33, c. 6, L. 104/92 (quelli in gravità)». Successivamente altri gruppi con altre categorie.
Ebbene, proprio il fatto che si sia voluto dividere le categorie della disabilità in due gruppi costituisce già una prima discriminazione, perché si crea l’idea di disabili “di serie A” e “di serie B”. Nella sostanza, infatti, essere relegati nel gruppo III significa perdere ogni chance di speranza di trasferimento, poiché i docenti del gruppo II (che non hanno alcuna disabilità e che sono generalmente più numerosi rispetto ai posti vacanti) occupano tutte le cattedre libere, non lasciando opportunità agli altri che seguono.
Qualcuno ha obiettato che i non vedenti e gli emodializzati hanno una legge dedicata, in cui è specificato che la loro «è una precedenza assoluta», mentre nella Legge 104 la parola «assoluta» non compare e si deve quindi intendere una precedenza relativa. Ma questo è un nodo cruciale da risolvere giuridicamente, anche se, in sede parlamentare, il Governo, dietro specifica interrogazione sollecitata proprio da chi scrive, ha fatto una sorta di “autogol”, rispondendo che i disabili appartenenti alla Legge 104 «già hanno la precedenza assoluta».
Seconda contestazione: soprannumerari nel secondo gruppo
Chi ha interesse ad inserire caparbiamente i docenti soprannumerari nel gruppo II? Anche questo è un interrogativo che ho posto ai sindacati e al Ministero, sul quale però non ho avuto alcuna risposta. E non ne potevo certamente avere, perché nessuna norma giuridica prevede una precedenza per tali docenti, risultando questa solo una forzatura in seguito ad un accordo contrattuale.
Allora la domanda nasce spontanea: può un accordo contrattuale essere “più forte” di una norma giuridica, nella fattispecie la Legge 104/92, ponendo una categoria senza tutela (i “perdenti posto”) in posizione più vantaggiosa rispetto a chi la legge vuole tutelare (disabili ex articolo 21), ponendo cioè in essere la compressione di un diritto soggettivo perfetto?
Terza contestazione: la gravità ha minor peso
Il perché un disabile senza gravità abbia una priorità maggiore rispetto ad un disabile con gravità è un interrogativo affrontato dai firmatari dei Contratti Collettivi Nazionali, adducendo un’interpretazione letteraria che sembra quanto meno discutibile: «L’articolo 21 della Legge 104 (che si riferisce a disabili con invalidità superiore ai due terzi) è intitolato Precedenze, lasciando intendere un obbligo inderogabile, mentre l’articolo 33 è intitolato Agevolazioni, intendendo una precedenza facoltativa e sub conditione»…
Ma la Legge 104 non si prefigge di tutelare maggiormente le persone disabili con maggiore gravità? La logica, e soprattutto un’interpretazione sistematica di tutta quella norma fa intendere proprio questo, ma ai firmatari dei contratti non importa, limitandosi, in modo riduttivo e avulso da tutto il contesto, a privilegiare l’interpretazione letterale e quindi coloro che posseggono un grado di disabilità più basso.
Quarta contestazione: le fasi territoriali discriminano tra disabili?
Anche questo aspetto è stato oggetto di critica e fonte di discriminazione tra categorie di disabili. Infatti, le tre fasi che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca aveva a suo tempo create costituiscono ognuna un sistema autonomo nei trasferimenti e per ciascuna di esse si deve esaurire tutto l’ordine delle precedenze (gruppo I, II, III, IV ecc.).
Un docente, quindi, che già ha sede nel Comune e chiede trasferimento all’interno di esso è privilegiato rispetto a chi fa domanda nella Provincia, e chi sta al di fuori di quest’ultima deve aspettare che si siano esauriti tutti i gruppi per le altre zone. In pratica un terno al lotto!
Sarebbe invece assai più giusto estrapolare tutti i docenti con disabilità (dentro e fuori della Provincia) che hanno chiesto il trasferimento al di fuori delle fasi, assegnare loro i posti richiesti e poi procedere per gli altri nel modo tradizionale. Un principio, questo, applicato solo ai non vedenti. Ma perché? E in base a quale criterio? I bisogni del docente non vedente non sono forse simili a quelli di un docente ad esempio paraplegico?.
Come detto, dunque, su tali contestazioni – poste negli anni scorsi dapprima personalmente ai responsabili sindacali e ministeriali, poi rendendomi ispiratore di un’interrogazione parlamentare – non avendo ricevuto che una solidarietà “virtuale”, senza alcun seguito concreto, nel settembre del 2005 ho dato mandato ai miei legali, proponendo ricorso d’urgenza (ex articolo 700 del Codice di Procedura Civile) al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
E da quest’ultimo è arivata una sentenza quanto mai soddisfacente, dal momento che il ricorso è stato accolto, con la condanna del Ministero della Pubblica Istruzione a provvedere immediatamente al trasferimento nel Comune richiesto, anche ad anno scolastico già avviato e quasi terminato (aprile 2006), mettendo alle strette e in difficoltà il Centro Servizi Amministrativi nella ricerca della sistemazione utile.
Alla fine, però, tale sistemazione è stata trovata e potrò mantenerla fino al termine del ricorso di merito che purtroppo sarà lungo, considerati i tempi della giustizia ordinaria. Letto comunque il dispositivo della sentenza, ritengo di poter essere ottimista sull’esito finale del giudizio.
Purtroppo il ricorso per via giudiziaria ha effetti solo tra le parti e altri docenti con disabilità che si dovessero trovare nella mia analoga situazione non avrebbero altra scelta che intentare la stessa via giudiziaria. Allora, se già in passato ci sono state sentenze favorevoli su tali fattispecie, conviene a tutti, sindacati e Ministero, porre in essere già dalla stesura del prossimo Contratto Collettivo Nazionale Decentrato (CCND) e Contratto Collettivo Nazionale Integrato (CCNI) quei rimedi interpretativi e negoziali atti ad eliminare le storture procedurali che finora hanno prodotto solo gravi danni alle persone con disabilità.
*Docente.
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