Sembra propro che stia producendo i suoi primi risultati quella che è stata definita come la più grande analisi genomica mai effettuata prima d’ora sull’autismo, complessa malattia dello sviluppo neurologico che compromette le capacità di una persona di comunicare e di sviluppare relazioni sociali.
A dare un annuncio in questo senso, infatti, è stata «Nature Genetics», una delle più prestigiose riviste nel campo della ricerca scientifica: il primo consorzio al mondo per la genetica dell’autismo, chiamato Autism Genome Project (AGP), ha individuato una nuova regione sul cromosoma 11 che probabilmente contiene geni coinvolti nell’autismo e un difetto nel gene per la neurexina 1.
L’identificazione di geni o regioni del DNA che se alterati causano una malattia multigenica quale l’autismo, è un traguardo difficile e per ottenere risultati significativi è necessario munirsi delle tecnologie più avanzate e formare collaborazioni scientifiche internazionali allo scopo di condividere dati, campioni per le analisi e competenze specifiche.
Questo è lo spirito che dal 2002 accomuna 120 scienziati di 19 Paesi provenienti da più di 50 istituti di ricerca diversi che hanno fatto nascere il citato Consorzio AGP, fondato e sostenuto inizialmente da un’organizzazione non-profit americana (Autism Speaks), e dagli istituti di ricerca pubblici statunitensi.
Del Consorzio fa parte anche un gruppo di ricercatori italiani, guidato da Elena Maestrini del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bologna, finanziata dalla Fondazione Telethon sin dal 1999 per la sua ricerca sulle cause genetiche dell’autismo.
«I primi risultati di questo progetto collaborativo – è stato il commento della professoressa Maestrini alla notizia – aprono la strada all’identificazione dei meccanismi implicati nella predisposizione all’autismo, con l’obiettivo a lungo termine di migliorarne la diagnosi e di offrire nuovi trattamenti per i pazienti e le loro famiglie».
Questo megaprogetto sull’autismo prevede varie fasi, la prima delle quali, appena conclusa, si è rivolta all’analisi preliminare del DNA di circa 1.200 famiglie con almeno due casi di autismo, mentre la seconda, che sta per partire, sarà centrata sull’analisi del DNA ancora più nel dettaglio, con una risoluzione maggiore, cercando di correlare i difetti genetici trovati con le manifestazioni cliniche dei pazienti.
Semplificando, lo studio condotto dall’AGP ha utilizzato una tecnologia sofisticata, chiamata gene-chip, per ricercare le caratteristiche genetiche che accomunano le persone affette da autismo. Tale tecnologia si basa sul confronto dei frammenti di DNA proveniente dai pazienti, dai loro familiari e da individui di controllo. Il risultato è l’identificazione sia di variazioni molto piccole nella sequenza di DNA, a livello di una singola base, sia di varianti di dimensioni maggiori, ma non tali da poter essere viste al microscopio (le cosiddette “Variazioni del Numero di Copie”, CNV) e per questo finora di difficile rilevazione.
Questo approccio innovativo, che ha unito un’analisi genetica più tradizionale alla ricerca di CNV, ha permesso di localizzare sui cromosomi le regioni che probabilmente contengono geni coinvolti nell’autismo, in particolare una nuova regione sul cromosoma 11. Inoltre, per la prima volta è stato identificato un difetto nel gene neurexina 1 in due fratelli, entrambi con autismo.
«Aver trovato un difetto nel gene della neurexina 1 è di grande interesse in quanto è un gene che insieme ad altri regola i contatti e la comunicazione tra i neuroni, facendo ipotizzare che questo rappresenti uno dei meccanismi comunemente alterati nell’autismo. Tuttavia ci aspettiamo che nella maggioranza dei casi le cause genetiche siano alterazioni in più geni e non solo in uno», ha concluso Elena Maestrini.
(Ufficio Stampa Telethon)
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