A quando la civiltà?

di Gianmarco Savini
A volte, ancor più di certi eclatanti fatti di cronaca, sono sufficienti piccoli episodi di ordinaria quotidianità a far capire quale sia il livello sociale di civiltà. E spesso - come segnala il messaggio di questo nostro lettore, che ben volentieri riceviamo e pubblichiamo - viene ancora da pensare che la strada da fare nel nostro Paese sia ancora molta...
Amcora troppo spesso vien da pensare che nel nostro Paese le persone con disabilità siano viste solo come un costo sociale...Purtroppo in certi casi vien proprio da pensare che nel nostro Paese la persona con disabilità sia vista solo come un costo sociale di cui nessuno si vorrebbe far carico, un fardello pesante che richiede un elevato grado di maturità sociale, che noi non possediamo.
Lo stesso diritto ad una vita indipendente, nei limiti delle proprie possibilità, è pura utopia per gran parte delle persone con disabilità e a tal proposito vorrei raccontare una piccola esperienza vissuta nei giorni scorsi.

Ho 35 anni, sono affetto da sclerosi multipla, grave malattia degenerativa, e nonostante la mia disabilità riesco ancora a camminare per pochi metri con l’ausilio di due bastoni canadesi o con la carrozzina se il tragitto da compiere è più lungo; posso inoltre guidare grazie alle modifiche apportate alla mia vettura e continuo a lavorare.

Dovendo dunque rinnovare la mia patente speciale, mi sono recato al Presidio Sanitario della mia ASL, dopo aver preso – sia io che mia moglie – due ore di permesso dal lavoro. Arrivati alle 12.30, alcune persone erano già in attesa e mia moglie si è messa in fila; l’impiegato ha aperto la porta dell’ufficio un’ora dopo e una volta entrata, mia moglie ha preso il numero d’ordine con il quale sarebbe stata chiamata a  partire dalle 14.30.
Giunto il nostro turno, uno dei due impiagati ha chiesto il numero della mia patente, ha voluto vedere il codice fiscale e ha trascritto a mano i dati su un foglio, mentre il suo collega stava con le braccia conserte. Il tutto per un totale di tre minuti, considerando anche il tempo che ha impiegato l’addetto per prendere gli appuntamenti, fissare la data e consegnare a mia moglie i bollettini da pagare.
Conclusione: due ore di permesso dal lavoro, due ore di coda e 38 euro da pagare che, posso assicurare, pagherei ben più volentieri se questo rinnovo non mi fosse già costato tanto.
A questo punto mi chiedo: perché solo per prendere un appuntamento si è costretti ad una simile trafila? Nell’era dell’informatizzazione non può esistere un altro sistema, magari utilizzando una banca dati e un telefono? E chi non ha nessuno che possa accompagnarlo e aiutarlo?
Ogni giorno cerchiamo di superare per quanto ci è possibile i limiti che il corpo ci impone, ci sforziamo di vivere ”normalmente”, ci alziamo la mattina con la speranza di incontrare sul nostro cammino meno ostacoli del giorno precedente, confidiamo di non trovare il solito incivile che ha parcheggiato la macchina al posto disabili o davanti alle rampe di accesso dei marciapiedi, se non addirittura sul marciapiede stesso, ma troppo spesso le nostre speranze vengono disilluse e ogni volta la disillusione è più cocente.
Mi auguro che in un giorno, non troppo lontano, l’Italia, che fa parte dell’Unione Europea e che è considerata un Paese industrializzato, diventi anche un Paese civile!
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