Qualche importante commentatore ha scomodato perfino papa Pio IX, sostenendo che era dai tempi dell’entrata in Roma dei bersaglieri di Lamarmora che lo “Stato Pontificio” non faceva sentire in modo così netto e vivace la propria voce.
E bisogna ammettere che fra i tanti temi caldi che riscaldano il panorama politico del nostro Paese in questo periodo, c’è senz’altro il rapporto con la Chiesa Cattolica. Un rapporto da sempre difficile e complicato. Difficoltà dovuta principalmente al fatto che il nostro Stato ospita al proprio interno il Vaticano. Un rapporto talmente complicato che esiste addirittura un Concordato per regolarlo. Concordato che, in cambio di alcuni benefici, di un rapporto privilegiato rispetto ad altre confessioni, stabilisce dei limiti di partecipazione per la Chiesa alla vita politica dello Stato Italiano.
Ora, almeno secondo alcuni, soprattutto negli ultimi anni questi limiti sono stati abbondantemente superati. Si parla infatti di ingerenza. Dall’altra parte invece si pone l’accento sul diritto-dovere del Vaticano di esprimere la propria opinione e di indicare la via corretta da seguire ai propri fedeli, soprattutto sui cosiddetti temi di ordine “morale”. O almeno presunti tali.
Come si può capire, diventa molto difficile stabilire a priori che cosa possa essere ritenuto ingerenza o mera opinione. Anzi, quando si tratta di un’istituzione così importante, è impossibile stabilire una netta distinzione. Qualsiasi parere – anche il più distaccato – non può non diventare un’interferenza.
Uscendo poi dai confini strettamente nazionali, occorre registrare un altro fatto che, come sempre succede, riguardando il mondo della disabilità “in positivo”, non ha trovato eco all’interno dei mass media.
Si tratta della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, recentemente approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un documento che potrà certamente avere una grande importanza per l’affermazione dei diritti delle persone con disabilità. Soprattutto di quelle dei Paesi in via di sviluppo che rappresentano circa l’80% dei disabili nel mondo.
Ebbene, la Convenzione dovrà essere ratificata dai Paesi membri il 30 marzo, ma a quanto pare mancherà una firma importante. Quella della Santa Sede. Un’assenza, questa, che non può non suscitare sorpresa e perplessità.
Eppure i principi posti dal documento dovrebbero essere facilmente condivisi da un’istituzione che da sempre basa la propria azione in difesa dei più deboli. Come ci si può “battere” con tanto ardore per il diritto alla vita delle persone con disabilità al momento della nascita e allo stesso tempo dimenticarsi di quelli che con la disabilità ci vivono ogni giorno?
A quanto apprendiamo, l’articolo “incriminato” è il venticinquesimo che, occupandosi di diritto alla salute, fa un riferimento ai servizi sanitari e a quelli relativi alla sfera sessuale. Tale riferimento è stato percepito come un’apertura verso l’interruzione volontaria della gravidanza e pertanto inconciliabile con la posizione della Chiesa.
Ora, non è certo nostro compito quello di intervenire sulla libertà di giudizio di alcuno, però ci sembra di poter dire che quell’articolo, forse per la prima volta nella storia, sancisca chiaramente il diritto della persona con disabilità a vivere in maniera consapevole la propria vita affettiva, sessuale e riproduttiva.
Certo, questo può significare che davanti a una gravidanza indesiderata la persona con disabilità possa scegliere di abortire, ma significa anche e soprattutto che nessuno potrà imporre l’interruzione della gravidanza contro la sua stessa volontà.
Ma lo sconcerto nasce soprattutto dal fatto che non si è nemmeno presa in considerazione l’ipotesi, prevista dal diritto internazionale, di esprimere una riserva sul testo, in questo caso sull’articolo in questione, ferma restando la sottoscrizione di tutto il resto del documento. Non riusciamo a capire il perché di questo atteggiamento e ci piacerebbe poterlo fare.
*Per gentile concessione di «DM», periodico della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), da cui tale testo è tratto (n. 161 – marzo 2007).
**Vicepresidente nazionale della UILDM, direttore editoriale di «DM».