È certamente il caso di ricordare che il pieno riconoscimento della parità scolastica per gli istituti non statali (paritari) è subordinato alla presa in carico degli alunni con disabilità (Legge 62/2000, articolo 4: «La parità è riconosciuta alle scuole non statali che […] si impegnano espressamente a dare attuazione a […]: l’applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio»).
Le scuole paritarie hanno quindi l’obbligo di garantire il diritto allo studio e l’integrazione di tutti gli alunni.
Ma perché allora nonostante la norma citata e nonostante i riferimenti di legge sui finanziamenti e la nomina dei docenti di sostegno (Legge Finanziaria per il 2007; Ordinanza Ministeriale 215/92, Decreto Ministeriale 27/2005), le scuole paritarie continuano a sostenere la linea della non integrazione degli alunni con disabilità?
Guardando infatti a tutto il percorso compiuto a partire dalla Legge 517/77 – la prima norma che trent’anni fa garantì in Italia il diritto all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità – fino alla recente Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, approvata dall’ONU alla fine del 2006, e ricordando le numerose sentenze ottenute dalle famiglie a favore della piena integrazione scolastica, sembra proprio di vedere un’Italia che marcia a due velocità. Perché infatti sostenere lo stesso diritto in tribunale di fronte alle scuole pubbliche e non a quelle paritarie?
Ciò che comunque è certo è che l’integrazione scolastica non può essere riconosciuta senza la difesa dei diritti economici, sociali e culturali dell’intero Paese e in ogni tipo di scuola.
*Direttivo Nazionale CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno).
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