Circa il 10% di tutte le forme di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono familiari. Tra queste, il 20% dipende da difetti nel gene per la superossido dismutasi 1 (SOD1), un enzima cruciale per la cellula che interviene nei meccanismi di difesa contro gli agenti ossidanti.
Nelle scorse settimane ricercatori italiani finanziati da Telethon hanno scoperto che nei casi di SLA familiare dovuti a mutazioni della proteina SOD1 il difetto genetico comporta un nuovo problema per il motoneurone (la cellula nervosa bersaglio della malattia che trasmette i comandi dal cervello ai muscoli).
Infatti, mentre era noto che la proteina difettosa forma aggregati proteici che risultano tossici per il motoneurone, ora si è scoperto che la proteina alterata, “sequestrata” nei suddetti aggregati, fa diminuire la propria presenza nel nucleo della cellula nervosa, rendendo il DNA più sensibile agli attacchi e ai danni provocati da agenti ossidanti. La proteina SOD1 serve quindi anche da scudo protettivo per il DNA contro gli attacchi dei radicali liberi.
Il risultato, pubblicato dalla rivista «Human Molecular Genetics», è stato ottenuto presso il CEND (Centro di Eccellenza per lo Studio delle Malattie Neurodegenerative) dell’Università di Milano da un gruppo di ricercatori coordinati da Angelo Poletti, che comprende anche Silvia De Biasi (Università di Milano) e Caterina Bendotti (Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri).
I tre studiosi usufruiscono di un finanziamento Telethon destinato alla comprensione dei meccanismi alla base della SLA.
«Meno SOD1 nel nucleo dei motoneuroni – ha commentato Poletti – vuol dire meno proteina capace di rimuovere dal DNA i radicali liberi. È possibile che la continua esposizione del DNA al danno ossidativo ne alteri nel tempo la struttura, e questa può essere una concausa della malattia».
Gli esperimenti sono stati eseguiti su motoneuroni derivati dal modello animale della malattia e su motoneuroni in coltura. «Fino ad oggi – ha concluso Poletti – si pensava che alterazioni nel gene SOD1 fossero responsabili solo di una neurotossicità a livello del citoplasma del motoneurone. Invece abbiamo scoperto che anche il nucleo è coinvolto. Secondo noi la perdita di protezione del DNA, che si trova così maggiormente esposto agli attacchi dei radicali liberi, contribuisce all’esordio e alla progressione della malattia».
Angelo Poletti, tel. 02 50318215 – 348 5116882
347 7500441, Angelo.Poletti@unimi.it.
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