Pistorius: una battaglia da sostenere

di Ileana Argentin*
Oscar Pistorius si definisce «un atleta senza gambe, non un disabile» e da questa concezione chiede di poter competere e confrontarsi con gli atleti normodotati sin dalle Olimpiadi di Pechino nel 2008. Un'opinione sulla vicenda dell'atleta che sta mettendo in crisi la Federazione Internazionale di Atletica Leggera

Oscar PistoriusLa disabilità è uno status di vita, non una malattia: ho ripetuto decine di volte questa frase e oggi la trovo incarnata in Oscar Pistorius, atleta sudafricano che è riuscito a mettere in crisi la Federazione Internazionale di Atletica Leggera, per cercare di ottenere l’autorizzazione a partecipare alle Olimpiadi di Pechino nel 2008.
Oscar si definisce «un atleta senza gambe, non un disabile» ed è proprio da questa concezione di se stesso che chiede di avere la possibilità di confrontarsi e competere con gli atleti normodotati.

Oscar Pistorius si allena quattro ore e mezza al giorno, ha fatto altri sport prima di approdare all’atletica, specialità che lo ha portato alla conquista di due medaglie paralimpiche ad Atene.
Sembra un po’ riduttivo attribuire il merito di questi risultati alla lega di carbonio della quale si compongono le sue gambe artificiali e mi sembra improprio parlare di “uomo bionico”; ci troviamo infatti davanti a una persona che, con determinazione, costanza e tanta fatica, ha raggiunto dei risultati in alcuni casi eccellenti in altri meno. Nei giorni scorsi, ad esempio, è arrivato ultimo a Sheffield perché evidentemente gli avversari con i quali si è misurato erano più forti di lui, tutto qua.

Pistorius può paradossalmente definirsi un caso di “inclusione ad esclusione”; ovvero, si è lavorato tanto a tutti i livelli per l’inclusione sociale e l’abbattimento delle barriere culturali per le persone con handicap, come dimostra lo sport, ma questo viene escluso se “lo svantaggio presuppone un vantaggio”.
La battaglia di Oscar Pistorius va sostenuta perché le sue gambe, senza sponsor, sono un esempio straordinario di scienza e coscienza e vederle brillare sulla pista di atletica dà speranza e consapevolezza.
Intorno a lui si è messo in moto un movimento di opinione che ha coinvolto politici, sportivi e testate giornalistiche ed è riuscito a non farsi strumentalizzare e a non strumentalizzare l’handicap. La sua battaglia per le Olimpiadi va dunque sostenuta perché Oscar Pistorius se l’è meritato.

*Consigliere delegato per le Politiche dell’Handicap del Comune di Roma.

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