Dati sanitari dei lavoratori pubblici più protetti, raccolta delle impronte digitali per l’accesso al luogo di lavoro solo in casi eccezionali, pubblicazione esclusivamente delle informazioni indispensabili, sia su internet che sui documenti cartacei: in altre parole, la tutela della riservatezza che può e dev’essere garantita senza venir meno al principio di trasparenza della Pubblica Amministrazione.
Sono alcune delle misure e degli accorgimenti che il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha recentemente individuato in un quadro unitario, con l’adozione delle Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico (Provvedimento del 14 giugno 2007, pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n. 161 del 13 luglio 2007).
Oltre a fornire orientamenti utili per i cittadini e per le amministrazioni pubbliche, il provvedimento risponde anche a numerose segnalazioni e quesiti rivolti al Garante sull’argomento. Tra gli altri il fatto che, in caso di assenza per malattia, vengano consegnati all’amministrazione certificati medici privi di diagnosi e solamente l’indicazione dell’inizio e della durata dell’infermità; oppure che, in caso di documentazione prodotta dal lavoratore ove sia presente anche la diagnosi, l’ufficio si astenga dall’utilizzare tali informazioni e inviti il personale a non produrre altri certificati con le stesse caratteristiche.
E ancora, le particolari cautele che devono essere adottate dall’Ente Pubblico, trattando dati sulla salute dei dipendenti, nei casi di visite medico-legali, di denunce di infortunio all’INAIL o di abilitazioni al porto d’armi e alla guida.
L’auspicio è che a queste prescrizioni vengano realmente adeguati anche i comportamenti concreti, ciò che ad oggi non sembra succedere sempre, come ad esempio ci segnala un lettore, parlando, in ambito di privacy, di vera e propria «presa in giro per il cittadino. Infatti, nelle certificazioni mediche per i rimborsi devo segnalare la patologia anche alle segreterie delle assicurazioni, specificando nei dettagli la procedura eseguita. Inoltre, da qualche mese è attivo, almeno dove io sono occupato, l’utilizzo della tessera sanitaria magnetica che registra e memorizza a livello centrale i farmaci che ogni persona assume. E questa, mascherata dalla necessità di monitorare la spesa, costituisce a mio parere la più grave tra le violazioni del diritto alla privacy. Infatti, registrare i farmaci che ognuno di noi assume significa conoscere nei dettagli la sua storia clinica, anche la più intima».
Denunce certamente pesanti, alle quali diamo ben volentieri spazio, rispetto alle quali, secondo il nostro lettore, «le Associazioni dei malati dovrebbero certamente insorgere».
Non mancheremo dunque di accogliere ogni segnalazione in questo settore – sia in negativo che in positivo – per cercare di costruire il più ampio quadro possibile.
(F.D. e S.B.)
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