Il 6% della popolazione mondiale è affetto da una malattia rara e in Italia la sopravvivenza di più di tre milioni di persone dipende ancora dalla famiglia. Per garantire a tutti questi pazienti e alle loro famiglie una qualità della vita adeguata, è necessario dunque che i responsabili della salute e delle politiche sociali siedano intorno ad un tavolo con le associazioni per un modello d’assistenza che integri famiglie, salute e territorio.
Sono queste le principali istanze emerse durante il convegno di Roma intitolato Dalla diagnosi alla presa in carico dei pazienti Duchenne e Becker e organizzato dal Duchenne Parent Project Italia ONLUS, dove Duchenne e Becker identificano due forme specifiche di distrofie muscolari, le cosiddette distrofinopatie, malattie muscolari genetiche, delle quali la Duchenne rappresenta la forma più grave, mentre la sua variante meno severa è la distrofia di Becker.
All’evento hanno partecipato oltre duecento persone tra genitori, familiari, medici ed esperti e dopo gli interventi dei clinici che hanno illustrato gli sviluppi delle terapie multidisciplinari e dei ricercatori, che hanno affrontato il tema della sperimentazione sull’uomo, si è discusso anche del ruolo della famiglia nell’assistenza ai malati.
«I nostri seminari – ha dichiarato Filippo Buccella, presidente del Duchenne Parent Project Italia – sono un vero e proprio corso di formazione per genitori che troppo spesso sono chiamati a diventare degli specialisti perché, nell’ambito delle malattie rare, mancano le risorse economiche e umane per intervenire in modo adeguato. In altre parole c’è un grande vuoto determinato dall’assenza di interesse, ciò che significa mancanza di esperti, inadeguatezza dei centri di riferimento ai quali rivolgersi, assenza di linee guida. E ci sono anche i problemi legati al mondo della scuola, alle pratiche burocratiche, al diritto all’accessibilità, agli ausili».
Secondo Buccella, «un genitore vorrebbe semplicemente vivere una vita “ordinaria” con i propri figli, ma il peso di questa scelta “straordinaria” ricade tutto su di noi. Per questo chiediamo al governo di valorizzare e ratificare l’esperienza fatta dai genitori e di sostenere il nostro sforzo con un intervento trasversale. Quello delle malattie rare, infatti, è un problema che non coinvolge solo gli aspetti sanitari, ma ha un impatto sociale ben più vasto, interessando gli enti territoriali, i Ministeri della Salute, della Famiglia, del Welfare e della Solidarietà Sociale».
«È necessario quindi – conclude Buccella – un sistema capace di creare luoghi e centri di riferimento capillari sul territorio, partendo proprio dalle esperienze positive che già si realizzano, ma solo in forma privata, e sulle spalle delle famiglie».
(Stefania Collet)
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