Il progressivo impoverimento della popolazione coinvolge centinaia di migliaia di donne e uomini con disabilità e i loro affetti. Da anni ci mobilitiamo perché qualcosa cambi davvero ed è con questa aspettativa che guardiamo al Governo e alla prossima Legge Finanziaria per il 2008.
L’assunzione di una maggiore responsabilità pubblica – che riconosciamo a questo Governo – è necessaria, ma non è sufficiente se non cambia la cultura nelle Istituzioni e nel Paese, se non si comprende che non c’è sviluppo dove non ci sono istruzione, reddito e salute per tutte e per tutti.
Per questo chiediamo la rapida ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Non è questione di riaffermare princìpi, ma di rendere esigibili i diritti fondamentali di donne e di uomini. Vivere, non sopravvivere: siamo preoccupati per il presente e per il futuro.
Ci aspettiamo ad esempio la definizione e il finanziamento di livelli essenziali di assistenza sociale uniformi ed esigibili da Bolzano ad Agrigento. L’istituzione del Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza è il segno di un’inversione di tendenza, ma il suo finanziamento è irrisorio, se si guarda alle difficoltà della vita quotidiana.
Anche la continuità delle cure sanitarie e l’integrazione tra ospedale e territorio è carente per insufficienza di finanziamenti, così come sono a rischio i percorsi virtuosi per la vita indipendente, la pratica motoria e sportiva.
Che dire poi dell’inclusione scolastica? Non è questione di docenti di sostegno, ma di sistema scolastico. In assenza di un progetto educativo di tutti e per tutti e tutte, possiamo aspettarci di costruire una società non discriminatoria ed escludente?
E lo stesso vale per le politiche di inclusione lavorativa, i cui strumenti attuativi sono deboli, anche per l’assenza di ammortizzatori sociali che accompagnino al lavoro persone ancora ad alto rischio di disoccupazione.
Le pensioni assistenziali sono la sola fonte di reddito per persone colpite da disabilità così gravi da non poter svolgere nessuna attività lavorativa, ma nella dimensione pubblica sono considerate un obolo, non un reddito vitale.
Solo in virtù di questa lettura discriminatoria suona esagerata la richiesta di aumentarle da 253 a 580 euro mensili, parificandole a quelle degli invalidi civili totali con più di sessant’anni.
Sono interventi la cui copertura finanziaria si può ottenere parificando ai livelli europei la tassazione sulle rendite finanziarie o destinando una quota dedicata dei maggiori ricavi derivanti dalla lotta all’evasione fiscale.
Noi non pensiamo che allineare la spesa sociale ai livelli medi europei sia una scelta insostenibile per il Paese e chiediamo in questo senso una riflessione al Governo e al Parlamento.
Per superare una cultura escludente e discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità, per rafforzare la democrazia, saremo in piazza il 20 ottobre.
*Presidente Lega Arcobaleno.
**Coordinamento Nazionale per la Vita Indipendente.
***Consigliera delegata alla Partecipazione e alla Tutela dei Diritti delle persone con Disabilità della Provincia di Milano.
****FISH Veneto (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
dirittixtutti@libero.it.
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