La resilienza ovvero storia di una virtù speciale

di Giorgio Genta*
È quella magica forza che spesso permette alla famiglia ove vi sia una persona con grave disabilità di uscire rafforzata e meglio motivata dalle mille avversità che la contrastano, attraverso un processo di resistenza attiva che trasforma l'evento negativo in una forza propulsiva e propositiva che supera gli stessi confini familiari e "si riversa" sulla società circostante

Pendolo Charpy Izod per misurare la resilienzaNel lessico specifico di una famiglia con disabilità ci sono due termini che recentemente hanno assunto un significato speciale: empowerment e resilienza.
Il primo di questi gode da qualche tempo di una meritata fortuna: si tratta infatti di una parola inglese che sta a significare l’azione di potenziamento della consapevolezza di sé e della propria capacità di determinazione (si legga anche il testo Ricostruire il proprio futuro in questo stesso sito) e che è entrata a pieno titolo nella terminologia specifica delle associazioni che fanno capo alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Il secondo termine, invece, è molto meno noto alla maggior parte delle persone, ma esprime benissimo una virtù specifica di quelle con disabilità e delle loro famiglie.
Da anni diciamo che non vi può essere una soluzione di continuità tra le persone con disabilità – specie se grave – e le loro famiglie, da anni ripetiamo che le problematiche delle disabilità grave investono sempre e necessariamente l’intero nucleo familiare.
“La famiglia con disabilità” è divenuta l’obiettivo specifico della nostra sia pur piccola azione e del nostro speriamo maggior sentire. Di essa e a favore di essa abbiamo indicato tre attività specifiche, che rappresentano e supportano la sua azione ideale dalla nascita del bambino con disabilità grave al suo miglior inserimento possibile nella società postfamiliare: la riabilitazione (precoce, intensiva, domiciliare e completa), l’integrazione scolastica di qualità e l’assistenza domiciliare integrata correlata alla gravità della disabilità stessa.

Oggi “scopriamo” questo termine magico, resilienza, appunto (magistralmente definito, tra l’altro, dagli studi di Aurora Fiorentini e Anna Oliverio Ferraris, e prima ancora da Boris Cyrulnik e fatto proprio, già dal 2003, così come re-agire, da Marco Espa e Francesca Palmas dell’Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna), che si adatta spendidamente ad una virtù caratteristica della famiglia con disabilità, che prima definivamo come “forza d’animo”, “coraggio di vivere positivamente”, “rafforzamento prodotto dalle avversità” o perifrasi simili.

Fortemente evocativo è già il significato originale del termine (di origine tecnico-ingegneristica) che sta ad indicare la resistenza di un materiale ad una forza che cerca di abbatterlo, di romperlo.
E quindi, resilienza = quella magica forza che permette spesso alla famiglia con disabilità di uscire rafforzata e meglio motivata dalle mille avversità che la contrastano, attraverso un processo di resistenza attiva che trasforma l’evento negativo teoricamente paralizzante in una forza propulsiva e propositiva che supera i confini familiari e “si riversa” sulla società circostante.
Da essa derivano i “vantaggi sociali” della famiglia con disabilità. E con “vantaggi sociali” indichiamo qui il guadagno che la famiglia con disabilità apporta alla società in cui vive: l’impegno nella riabilitazione precoce significa credere nella possibilità di recupero sociale dei più emarginati, l’integrazione scolastica di qualità simboleggia (o meglio attua concretamente) la costruzione di una società inclusiva, l’assistenza domiciliare integrata per i più gravi la capacità di dare ad ognuno secondo le specifiche necessità.

Parafrasando dunque un celebre detto politico di qualche decennio fa: Resilienza – Oggi, Domani, Sempre!

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

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