L’abitazione che si trova a Milano al numero 127 di Via Savona è particolarmente adatta ad accogliere in buona autonomia persone con una mobilità molto ridotta, come possono essere quelle con distrofia muscolare. Essa, infatti, è il risultato finale di una proficua collaborazione tra il CCL (Consorzio Cooperative Lavoratori), lo Studio HBgroup e la UILDM di Milano, che assieme hanno dato vita al Progetto Casa dolce casa: una casa per crescere.
Domotica, informatica e assistenza
«Per la UILDM di Milano – dichiara il presidente di essa Marco Rasconi – questo progetto rappresenta l’opportunità di dare a quei soci che abbiano una forte necessità di assistenza la possibilità di sperimentare una vita in cui quest’ultima è programmata e gestita da loro e dove la gran parte delle attività domestiche (gestione di porte, finestre, tapparelle, luci e altro) è totalmente in mano loro.
Un’iniziativa, insomma, che intende sviluppare un aspetto fondamentale quale la crescita personale dell’individuo, all’interno di un luogo cui sente di appartenere. Un assaggio di autonomia vera, per mettersi alla prova e valutare con cognizione di causa l’eventuale definitivo distacco dal nucleo familiare.
Per mezzo del lavoro sviluppato dalla Sezione in questi anni – volto ad aiutare le persone con disabilità e le loro famiglie e a farsi conoscere all’interno della rete milanese – abbiamo sempre cercato di mandare un “messaggio” all’esterno. Possiamo dunque dire che il CCL e HBgroup lo hanno colto appieno, decidendo di coinvolgerci in questa avventura».
Come si è arrivati ad assegnare a voi la gestione della casa?
«Il Consorzio aveva in mente di realizzare una casa domotica da dare in gestione ad un’associazione. Insieme ad altre abbiamo presentato un progetto in tal senso e fortunatamente le nostre idee sono piaciute ai promotori. Tutto è iniziato, quindi, con il loro benestare a concederci, in affitto agevolato, l’appartamento, che può ospitare due persone, una con distrofia muscolare e il suo assistente».
Poi avete potuto dare un contributo attivo alla realizzazione della casa?
«Certamente, perché è normale che la prospettiva di chi costruisce e quella di chi utilizzerà la casa siano diverse: una serie di problematiche devi viverle direttamente sulla tua pelle per poter trovare risposte e soluzioni, cui alla fine siamo arrivati unendo la nostra esperienza e le loro conoscenze tecniche. Questo confronto – così importante – continua ancora oggi, visto che i problemi emergono nel tempo e la progettazione di base va necessariamente aggiornata».
Trattandosi dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare e non di un’altra associazione di persone con disabilità, crede che lo sviluppo della casa sia stato diverso?
«Senza dubbio è stato più attento a specifiche problematiche legate alla mobilità e all’estensione delle braccia. Pensiamo ad esempio all’altezza, molto ribassata, degli interruttori per aprire le porte e suonare il campanello o della toppa per inserire la chiave e aprire la porta. La parte bassa della cucina, poi, è chiaramente vuota e anche il lavandino ha una forma che permette di usarlo al meglio stando in carrozzina. Inoltre c’è un videocitofono cui è possibile rispondere anche dalla camera, stando a letto, e che in futuro potrebbe essere collegato a un computer, così da poter vedere sullo schermo chi suona il campanello.
Piccole cose, abbastanza semplici, che però cambiano la vita. Infatti, poter entrare in camera, accendere la luce e chiudere la porta, in maniera autonoma, per una persona che ha pochissima mobilità è un grande traguardo di indipendenza».
State già utilizzando la casa?
«Sì, fornendo l’opportunità a varie persone di vivere una breve esperienza e la risposta da parte loro è molto positiva. Dal 2008, invece, andrà a viverci una persona per un periodo di alcuni anni, per fare un vero percorso di autonomia che in seguito potrà riproporre in una casa completamente propria.
Casa dolce casa: una casa per crescere è un vero e proprio progetto di Vita Indipendente che, nel momento in cui ci è stata messa a disposizione un’abitazione che veniva incontro alle esigenze di una persona con distrofia muscolare, abbiamo sviluppato in modo tale da consentire a una persona di raggiungere una buona indipendenza. Per questo abbiamo prodotto noi stessi un bando interno e con la persona selezionata abbiamo sviluppato un piano individuale completo. Domotica, informatica e assistenza sono i tre elementi costitutivi e caratterizzanti del progetto».
Quali costi deve considerare chi voglia fare questo tipo di esperienza? «Come UILDM – assieme alla persona interessata – per sostenere economicamente questa iniziativa abbiamo sviluppato e presentato dei progetti di assistenza domiciliare sulla base della Legge 162/98, “concernente misure di sostegno in favore di persone con handicap grave”. È questo, infatti, l’aspetto che determina i costi prevalenti, quantificabili in circa 30.000 euro l’anno. Una parte di essi viene coperta anche attraverso piani individuali da presentare a enti pubblici e fondazioni private, che oggi non contribuiscono più solo “donando furgoni”, ma anche sostenendo appunto progetti di Vita Indipendente».
Questa iniziativa avrà un seguito?
«Noi lo speriamo senz’altro. Infatti la collaborazione con il CCL e con HBgroup è stata ottima. Nei loro collaboratori abbiamo trovato persone con una notevole attenzione e sensibilità che hanno semplificato molto le cose e hanno dato ancor più valore all’esperienza».
Il Consorzio CCL
Ma da dove nascono l’interesse e l’impegno del CCL per temi quali l’accessibilità e le esigenze di un’utenza ampliata? Ne abbiamo parlato con Maurizio Sabbadini, amministratore delegato di questo consorzio milanese promosso da ACLI e CISL.
«La nostra è per definizione una realtà calata nel sociale. Siamo un consorzio di cooperative edilizie da sempre attento ai problemi della famiglia e in particolare a quello della casa. In questo senso i nostri programmi risalgono a una ricerca svolta nel 2005 tra i nostri utenti, per capire come si stesse evolvendo l’attenzione in questo settore e per scoprire i limiti – tecnici e qualitativi – delle abitazioni da noi progettate e realizzate. In particolare l’obiettivo era quello di migliorare il confort e di mettere in luce le piccole e grandi difficoltà dell’abitare per un’utenza ampliata composta da bambini, giovani, adulti, anziani e anche soggetti con disabilità.
I risultati cui siamo giunti sono stati positivi e così abbiamo continuato ad approfondire la questione, comprendendo che potevamo dare una risposta sempre maggiore alle esigenze di un’utenza ampliata, sperimentando alloggi dotati di impianti domotici, con funzioni finalizzate alla vita quotidiana, e considerando la possibilità di darli in locazione ad associazioni. Da qui sono nati il primo progetto di Via Savona, concretizzatosi nei mesi scorsi, un secondo alloggio che sarà pronto entro il 2008 e un terzo nel 2010.
L’obiettivo che ci poniamo adesso è quello di stimolare altri soggetti – dell’edilizia pubblica e privata e le Amministrazioni Comunali – affinché nei nuovi programmi di edilizia residenziale essi incentivino la realizzazione di alloggi da destinare alla locazione, con attenzione e soluzioni analoghe a quelle di Via Savona. Se ciò avvenisse, ci sarebbe una moltiplicazione delle unità immobiliari di questa natura. Personalmente, sono fiero di aver scelto la UILDM per questo primo progetto, perché assieme siamo riusciti a concretizzare qualcosa che nella sua complessità è eccezionale. Spero veramente che questo rapporto possa continuare».
HBgroup e la domotica
All’architetto Giovanni Del Zanna – che per HBgroup ha partecipato alla realizzazione del progetto – abbiamo chiesto infine in che cosa consista la domotica e perché questa giovane scienza possa aiutare le persone con disabilità.
«La domotica è l’applicazione delle tecnologie informatiche all’impiantistica di una casa. Due aspetti la rendono interessante per le persone con disabilità: l’automazione e il fatto di poterla controllare con differenti dispositivi di interfaccia.
In Via Savona, nel caso specifico, sono presenti i tradizionali pulsanti a parete e un telecomando a infrarossi che al momento gestisce luci, tapparelle, finestre, porte interne, la porta d’entrata e un altro telecomando che presiede ai pensili della cucina e al funzionamento della cappa. In futuro questo impianto domotico potrebbe anche essere gestito con un telecomando specifico per disabili (come ad esempio quelli a scansione) o con i joystick sulla carrozzina che possono emettere comandi a infrarossi. Inoltre, volendo, le automazioni potranno essere gestite da un computer collegato alla rete domestica.
Vorrei precisare, però, che non esistono soluzioni esclusivamente indicate per un inquilino con distrofia muscolare o più in generale con disabilità. Esistono soluzioni “personalizzabili”, che una persona con determinate esigenze può sfruttare meglio di altri. Anche per questo con CCL abbiamo scelto la UILDM, perché sapevamo che le opportunità di cui volevamo dotare questa casa domotica sarebbero state particolarmente utili a una persona con distrofia muscolare. La UILDM, inoltre, era una garanzia anche per l’alto livello della parte socio-assistenziale sviluppata nel progetto di gestione della casa, di cui alla luce dei fatti siamo sempre più soddisfatti».
*Testo tratto dal numero 163 (settembre 2007) di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e qui riprodotto, per gentile concessione di tale testata.
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