L’affermazione che i mass media ricoprano un ruolo importante – anche troppo – nell’influenzare l’opinione pubblica e di conseguenza l’agenda della politica rischia di diventare un refrain a cui – pur nella sua brutale effettività – ci si può assuefare.
In questo senso ha rappresentato una reale novità quanto emerso nel corso del seminario Media e Disabilità: la Convenzione delle Nazioni Unite. Percezione ed effetti della comunicazione sulle persone con disabilità e accesso alla nuova tecnologie, organizzato a Torino dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dal CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), all’interno di Melting Box, la Fiera Internazionale dei Diritti e delle Pari Opportunità, cui avevamo già dato ampio spazio in fase di presentazione.
Per una volta, infatti, il ruolo e le responsabilità del sistema delle comunicazioni sono state analizzate alla luce della loro facoltà di contribuire a cambiare la percezione della disabilità predominante nell’opinione pubblica: negativa, legata a stereotipi e ad un modello medico della disabilità stessa, oltreché diffusa attraverso linguaggi inadeguati e discriminatori.
Una novità per lo stesso movimento delle persone con disabilità è stato poi il superamento di qualsiasi autoreferenzialità, dal momento che il confronto sulla rappresentazione della disabilità nei media è stato esteso a quattro realtà quali il Ministero delle Comunicazioni, la RAI, la Fondazione Università IULM e il Forum Permanente del Terzo Settore, che hanno dimostrato nei tempi più recenti un certo intesse a condividere le proprie competenze, per arrivare ad una maggiore e migliore presenza dei temi della disabilità sulle testate nazionali.
“Migliore”, appunto. La formazione – a detta dello stesso ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, che ha chiuso con il suo intervento l’incontro di Torino – volta a migliorare il modo in cui i media generalisti comunicano la disabilità, è una delle prime azioni strategiche emerse dai lavori. A cominciare dai corsi universitari sulle scienze delle comunicazioni, che hanno vissuto un vero boom in quest’ultimo anno, addirittura, come precisato dal ministro, «eccessivo rispetto ai reali sbocchi professionali».
Per Gentiloni anche un maggiore sforzo per creare sistemi di valutazione, cominciando ad esempio a premiare in contesti ad hoc «chi nel mondo dei media fa meglio il proprio mestiere», potrebbe consentire di fare dei passi in avanti contro i pregiudizi e le nuove discriminazioni.
In tale ambito l’Osservatorio Comunicazione e Disabilità, nuovo strumento nato su iniziativa della Fondazione Università IULM, con la collaborazione della FISH, che è stato presentato pubblicamente a Torino, potrà davvero rappresentare un valore aggiunto.
Alla televisione pubblica, infine, che ha recentemente approvato un impegnativo contratto di servizio, è da più parti arrivata la raccomandazione ad invertire la tendenza che l’ha vista inseguire le emittenti private sul terreno della ricerca dell’audience, per farsi leader di una programmazione maggiormente improntata alla qualità.
La tesi sostenuta prevalentemente è che «la buona televisione ha sempre fatto scuola» e che le scelte del pubblico potrebbero davvero avere degli effetti sul sistema; forse non tutti seguirebbero l’esempio, ma sarebbe già un gran passo in avanti.
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