Chi può ricevere informazioni sullo stato di salute di un paziente ricoverato in ospedale e chi è autorizzato a leggere le cartelle cliniche? Come devono essere protetti, all’interno delle strutture sanitarie, i minori, gli anziani, le persone con disabilità e coloro i quali siano sottoposti a terapie particolarmente invasive?
E prima ancora, che cosa si intende esattamente con termini di base come Dato personale («Qualunque informazione relativa ad una persona»), Informativa («Notizie che l’interessato ha diritto di avere per comprendere le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati. I medici possono avvalersi di un modello semplificato») o Consenso («Autorizzazione al trattamento dei propri dati personali rilasciata dall’interessato, con privacy del paziente garantita, ma senza inutili appesantimenti burocratici per i medici di base»)?
A queste e ad altre domande riguardanti la tutela della privacy nell’ambito della sanità cerca di rispondere un nuovo opuscolo preparato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, disponibile dal 15 novembre nel sito internet dello stesso e intitolato La protezione dei dati personali: dalla parte del paziente.
Si tratta di un’iniziativa voluta soprattutto per far conoscere ai cittadini il valore dei cosiddetti “dati sensibili”, ovvero quelle delicate informazioni che rivelano lo stato di salute della persona e che devono essere protette per garantire la più assoluta riservatezza e il rispetto della dignità ai cittadini che entrano in contatto con medici, strutture sanitarie o laboratori di analisi.
Il testo intende anche fornire agli assistiti sintetiche indicazioni su quali siano il loro diritti e su come muoversi per farli rispettare.
Qualche altro esempio, in conclusione, di domande a cui risponde questa utile iniziativa.
Può il medico informare altre persone sullo stato di salute di un suo assistito? «Sì, ma di regola solo se il paziente ha acconsentito».
E se il paziente non è in grado di dare il consenso, ma dev’essere sottoposto a cure? «A parte i casi di rischio immediato per la salute, quando vi è impossibilità fisica o incapacità di intendere del paziente, il consenso può essere dato da un terzo (medico, familiare, convivente, responsabile della struttura presso cui dimora)».
Se un cittadino viene portato al pronto soccorso o ricoverato, chi può avere notizie? «L’organismo sanitario può dare informazioni, anche per telefono, sul passaggio o sulla presenza di una persona al pronto soccorso o sui degenti presenti nei reparti solo ai terzi legittimati, come parenti, familiari, conviventi, conoscenti, personale volontario. L’interessato, se cosciente e capace, dev’essere preventivamente informato (ad esempio all’accettazione) e poter decidere a chi può essere comunicata la notizia».
Come devono comportarsi le strutture sanitarie nei confronti delle cosiddette fasce deboli o di malati sottoposti a particolari cure? «Le fasce deboli (disabili, minori, anziani), ma anche pazienti sottoposti a trattamenti medici invasivi, hanno diritto ad una particolare attenzione in materia di protezione della dignità. Nei reparti di rianimazione, poi, durante l’orario di visita, devono essere adottati accorgimenti anche provvisori (ad esempio paraventi), per limitare la visibilità del malato ai soli familiari e conoscenti».
(F.D.)
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