«La felicità va ricercata innanzitutto in se stessi, come si è. Anche le tante bimbe, ragazze e donne con sindrome di Rett devono poter compiere questa ricerca; […] la Medicina, il cui reale compito è quello di occuparsi del sofferente e quindi della Vita, deve impegnarsi affinché anche queste persone e le loro famiglie, nonostante siano state poste di fronte ad una prova grande, possano tendere alla felicità. Come? Innanzitutto stando loro vicino, a tutti i livelli in modo ordinato e mai impersonale; poi facilitando attraverso le terapie il raggiungimento od il mantenimento di un equilibrio tra persona malata ed ambiente nel quale vive, che seppur particolare ed in continua evoluzione sia anche armonico [grassetto nostro in questa e nella successiva citazione, N.d.R.]».
È un brano tratto dalle conclusioni di La gestione della sindrome di Rett sul territorio, uno studio disponibile gratuitamente in internet, elaborato da Marco Luigi Molteni, interessato alla materia sia per motivi scientifici che personali.
A più di vent’anni dalla prima diagnosi di sindrome di Rett – sulla quale il nostro sito ha pubblicato anche una specifica scheda – sono ancora molti i lati oscuri di questa malattia rara della quale solo le bambine possono essere affette.
Confusa per troppo tempo come una forma atipica e del tutto anomala di autismo infantile, oggi viene definita dalla scienza come «malattia neurodegenerativa dell’evoluzione progressiva» i cui sintomi (lento regresso psicomotorio, assenza del linguaggio, stereotipia accentuata delle mani), compaiono all’incirca fra il primo e secondo anno di vita dopo una gravidanza apparentemente normale.
L’origine è certamente genetica, ma le cause sono ancora sconosciute.
Ben vengano, dunque, studi come quello proposto da Molteni, tanto più se propongono iniziative che possono contribuire a migliorare concretamente la qualità della vita delle persone affette da sindrome di Rett, come si sarà già intuito dal brano citato inizialmente.
Tutta la seconda parte dello studio, infatti – significativamente intitolata Proposta di riorganizzazione del sistema – guarda alla gestione della malattia nel nostro Paese, mettendola a confronto con quanto succede in altre parti del mondo e soffermandosi anche sulle positive potenzialità offerte da internet.
«Davanti a patologie sconcertanti qual è la sindrome di Rett – scrive ancora Molteni nelle sue conclusioni – il vero medico non può sconfortarsi né indietreggiare, perché è suo compito accompagnare il proprio paziente su quella strada, aiutandolo; inoltre, noi sappiamo che a fronte di malattie inguaribili non esistono malattie incurabili. Anche dinanzi a situazioni drammatiche non dobbiamo dimenticare che la ricerca della felicità si compie nell’istante e che la Vita non deve identificarsi con l’assenza di sofferenza. Spero che questo lavoro possa servire un domani a migliorare il rapporto tra persone malate di sindrome di Rett e Medicina; senza alcuna pretesa ulteriore». E non è certo poco!
(S.B.)
Per informazioni o commenti, si può prendere contatto con l’autore, scrivendo a ml.molteni@gmail.com.
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