Sui giornali possiamo troviamo la cronaca nera, quella rosa e la “triste cronaca”. Quest’ultima è “triste” per due motivi, uno legato intrinsecamente ai fatti di cui si occupa, l’altro purtroppo derivato dal modo talvolta stereotipato e un po’ morboso con il quale i fatti stessi vengono presentati.
Ad esempio gli eventi dolorosi che mietono vittime nel mondo delle persone con disabilità e specialmente quelli che riguardano drammi familiari – sin troppo frequenti negli ultimi mesi – sono sovente oggetto di “triste cronaca” televisiva e sui giornali.
Nella “triste cronaca” spesso la disabilità è presentata come elemento scatenante le peggiori reazioni umane. Il suo “carico” sulla famiglia viene frequentemente illustrato come insopportabile, disumano, alienante e distruttore.
La famiglia (prima della tragedia) viene presentata come ineccepibile, coesa, “normale”. Poi diventa semplicemente “inconcepibile”.
Ebbene, tale illustrazione, purtroppo, può diventare vera quando la famiglia viene lasciata sola e troppo spesso è proprio quello che accade ancora oggi, dopo che da molti e molti anni si conviene univocamente che questa solitudine è la prima causa dell’insopportabilità del peso dell’esistenza con disabilità all’interno della famiglia.
Perché? Per mancanza di fondi adeguati, dicono generalmente uomini politici e amministratori vari; per mancanza di fantasia, diciamo noi. Ma fantasia è forse un termine eccessivo, facilmente sostituibile da coerenza o anche da umanità, competenza o valori etici fondamentali.
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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