In questi giorni al Ministero del Lavoro si sta affrontando la questione “salari”, nell’ambito di una vertenza a livello nazionale. Si tratta di un argomento che richiede immediate decisioni a fronte anche della prospettiva di un aumento dell’inflazione che quest’anno potrebbe arrivare a toccare il 2,6%.
Per le famiglie, dunque, si prospettano già sofferenze e disagi, anche per quello che potrà essere il “semplice” acquisto di materiale scolastico per i figli.
Nemmeno il settore scuola, nel suo insieme, è esente dalla situazione di difficoltà economica che attraversa l’intero Paese. Mentre la Legge Finanziaria, per ragioni di “risparmio sulla spesa”, annuncia ancora tagli agli organici degli insegnanti, per chi opera a contatto con alunni disabili si impone la necessità di riflettere sul significato che assume l’integrazione oggi e sulle azioni che verranno messe in atto.
Innanzitutto bisogna dire che il prossimo anno scolastico si preannuncia problematico e pieno di incertezze, in particolare per i numerosissimi docenti “precari” che da anni lavorano con professionalità e continuità sul sostegno, tra molte difficoltà economiche alle quali, spesso, si aggiunge il fatto di dover raggiungere sedi disagiate, a causa della distanza.
Resta poi un problema aperto quello del successo formativo degli alunni con disabilità, così come il monitoraggio dei percorsi individualizzati, per il quale sarebbe auspicabile l’istituzione e l’attivazione di appositi organismi, quali ad esempio gli Osservatori Regionali e Provinciali sull’Integrazione Scolastica.
E ancora, la formazione “obbligatoria” tanto per i dirigenti scolastici quanto per i docenti curricolari sulle tematiche dell’integrazione scolastica sembra non trovare soluzioni adeguate presso il Ministero della Pubblica Istruzione che punta esclusivamente sull’autoformazione, come testimonia il Progetto I Care, lanciato recentemente, per il quale sono stati investiti 4 milioni di euro. A beneficiare di esso, infatti, saranno ben pochi docenti: la speranza resta la ricaduta per “contagio” o per “attrazione”. La speranza… appunto!
In realtà si sente il bisogno di potenziare la professionalità docente, in modo reale, con la formazione e l’aggiornamento obbligatorio, garantendo specifiche competenze educativo-didattiche, necessarie per orientare gli interventi al successo formativo degli alunni.
Ultimo, ma non ultimo, occorre prevedere un adeguato aumento dei salari degli insegnanti.
La vertenza nazionale “salari” non può quindi prescindere da un’attenta analisi e da una rivalutazione della professionalità docente: in tal senso dovrebbero adoperarsi le organizzazioni sindacali di categoria con l’appoggio dello stesso governo e delle associazioni.
A ciò si aggiunga che il quadro complessivo che scaturisce rappresenta un Paese assai “curioso” il quale, nonostante le norme esaustive e trent’anni di fervente attività a favore dell’integrazione scolastica, oggi si affaccia all’Europa alla ricerca di nuovi modelli educativi e di valutazione: non però per “esportare”, ma per… “importare” (si veda a questo proposito il Rapporto Intermedio sulla Spesa Pubblica, prodotto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, una ricerca tesa sempre a trovare “punti deboli da tagliare”, per fronteggiare esigenze di bilancio).
Quel che ci sembra certo è che la responsabilità dell’attività e dei risultati sull’integrazione scolastica del nostro Paese non può ricadere solo sulla riorganizzazione delle singole istituzioni scolastiche, che sono eccessivamente vincolate da norme rigide. Urge infatti una nuova politica di programmazione istituzionale sull’integrazione scolastica, concordata sia a livello nazionale che regionale.
*Direttivo Nazionale CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno).
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