Servizi sociali: avanza il privato

Cresce l'apporto che le imprese sociali e le associazioni di volontariato forniscono alla gestione dei servizi sociali, a fronte delle gravi inadempienze ancora presenti nella maggior parte degli enti locali italiani. È uno dei principali dati che emergono da un'interessante ricerca svolta dall'Auser, dedicata ai servizi sociali sul territorio, che verrà presentata il 23 gennaio a Roma

Il 40,3% della spesa sociale dei Comuni capoluogo di provincia risultava nel 2006 gestita attraverso l’intervento delle cooperative sociali e del volontariato, una percentuale che si innalza fino al 60% nelle città più grandi, come Bari e Firenze.
Un pubblico che arretra e un privato che avanza, dunque, tendenza, questa, sempre più evidente e diffusa, accompagnata da problemi di trasparenza, di regole poco chiare, di carenti controlli sulla qualità delle prestazioni.

Realizzazione grafica che rappresenta i servizi socialiSi tratta di uno degli aspetti più preoccupanti che emerge dall’indagine promossa dall’Auser – la principale associazione italiana impegnata in ambito di terza età – che fotografa la realtà del rapporto tra Enti locali e Terzo Settore, realizzata da Francesco Montemurro e che verrà presentata mercoledì 23 gennaio a Roma (CGIL Nazionale, Sala Santi, ore 10), nel corso di una tavola rotonda cui parteciperanno, insieme allo stesso Montemurro, Michele Mangano, presidente nazionale dell’Auser, Stefano Daneri della CGIL nazionale, Riccardo Terzi, segretario nazionale della SPI (Sindacato Pensionati Italiani)-CGIL, Maria Guidotti, portavoce del Forum Nazionale Permanente del Terzo Settore, Loreto Del Cimmuto, direttore della Lega delle Autonomie Locali e Arturo Bianco dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

«Al centro delle relazioni tra enti locali e organismi del cosiddetto Terzo Settore – ha dichiarato il presidente dell’Auser Michele Mangano – c’è un enorme paradosso. Infatti, a fronte del rilevante apporto che associazioni e imprese sociali forniscono alla gestione dei servizi sociali, le autonomie locali sono ancora inadempienti nella creazione di un sistema di regole davvero efficiente e trasparente, per consentire al Terzo Settore stesso di erogare servizi di qualità e svolgere una funzione importante anche in termini di programmazione e di sussidiarietà orizzontale».

Lo spaccato che emerge dall’indagine dell’Auser fa molto riflettere. Secondo i dati raccolti dalla ricerca, sono soprattutto i grandi Comuni – dove la crescente domanda di assistenza necessita, per poter essere soddisfatta, di un numero elevato di operatori – che affidano all’esterno la gestione dei servizi sociali e alla persona. Oltre a Bari e a Firenze, infatti, anche Roma e Catania ormai gestiscono oltre il 50% della spesa sociale attraverso gli organismi del Terzo Settore.
Il Comune di Milano, invece, acquista servizi dall’esterno solo per il 32% della spesa sociale, assicurando le prestazioni sociali ai cittadini non attraverso l’aumento del numero degli operatori sociali, quanto piuttosto ricorrendo alla concessione di contributi monetari alle famiglie, le quali si rivolgono a loro volta alle cooperative e alle altre imprese sociali per ricevere i servizi.

La ricerca dell’Auser ha esaminato inoltre i bandi pubblicati – concentrando l’attenzione soprattutto su quelli principali, pubblicati dalla stampa nazionale – riguardanti l’affidamento all’esterno di servizi sociali (ad esempio l’assistenza domiciliare ed educativa territoriale, l’asilo nido e la gestione della mensa ecc.).
Ebbene, sono ancora tante le amministrazioni locali che predispongono bandi poco chiari e generici nelle parti che riguardano i rapporti gestionali tra ente committente e affidatario e soprattutto sulla base della formula del massimo ribasso rispetto alla base d’asta.
Tra maggio e settembre del 2007, ad esempio, i Comuni hanno indetto 157 selezioni pubbliche e ristrette per appaltare ad imprese sociali e associazioni la gestione di servizi sociali, per una spesa prevista di 40,3 milioni di euro.
Quasi due gare su dieci sono state indette sulla base del criterio di aggiudicazione cosiddetto del “massimo ribasso”. Tale formula è volta a premiare esclusivamente i ribassi proposti dalle imprese sociali rispetto alla base d’asta o al prezzo base progettato dal Comune, ignorando, in definitiva, le componenti tecniche e qualitative delle offerte.
Nei Comuni più piccoli, poi, resiste la prassi degli affidamenti diretti per la gestione di servizi e interventi sociali, in assenza di procedure ristrette o aperte di gare e anche della formula del confronto fra preventivi. Il fenomeno coinvolge il 75% dei Comuni e si manifesta per importi non superiori a 20.000 euro. Si stima che la cifra affidata direttamente nel 2007 sia di circa 8 milioni di euro.

L’indagine dell’Auser evidenzia infine gravi inadempienze delle Regioni che a sette anni dall’approvazione della Legge 328/00, non hanno ancora completato le procedure per rendere operativo l’istituto dell’accreditamento dei servizi sociali, necessario a regolamentare il rapporto tra enti locali e imprese sociali e a fissare standard di funzionamento e di gestione delle strutture e dei servizi.
Fino ad oggi solo tre amministrazioni (Marche, Veneto e la Provincia di Trento) hanno concluso il percorso di modernizzazione dei propri sistemi di offerta dei servizi sociali. Vi è poi un gruppo di Regioni (Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e la Provincia di Bolzano) che ha avviato le procedure, senza però giungere a risultati concreti. Solo le Regioni Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Sardegna e Sicilia non hanno ancora definito alcun sistema di accreditamento.
(Giusy Colmo)

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